Topshop e Topman: importante accordo per aprire negozi nella Cina continentale
I due marchi inglesi apriranno cinque negozi fisici nella Cina continentale a seguito dell'accordo di partnership siglato con il retailer online locale Shangpin.com, ma potrebbero aprirne altri 75 se questo primo insieme di negozi-test avrà successo.

Shangpin vende già i marchi Topshop e Miss Selfridge in Cina e attualmente Topshop possiede 3 punti vendita a Hong Kong.
Sir Philip Green, proprietario di maggioranza di Arcadia, ha affermato che l'operazione costituisce “l'inizio di una collaborazione unica, emozionante ed esclusiva, che consoliderà l'obiettivo di Topshop e Topman di diventare aziende di portata veramente globale”.
Il CEO di Shangpin, David Zhao, ha dichiarato che è “gratificante essere apprezzati e scelti da marchi di moda di fama mondiale di questo spessore per portarli a un livello superiore in Cina”.
Topshop è il marchio di punta del gruppo Arcadia. Il suo status è simile a quello di Zara nell'ampio portafoglio del rivale Inditex. Tuttavia, a differenza di Zara, Topshop, e la sua emanazione Topman, ha ancora una dimensione relativamente piccola quando si valuta la sua espansione internazionale. Il brand possiede solo 620 negozi, fra diretti e in franchising, in 40 nazioni, ma il Regno Unito rimane il suo mercato principale. Zara gestisce invece circa 2.000 punti vendita nel mondo.
Eppure, essendo una meta turistica di primo piano per i turisti che visitano Londra, Topshop possiede chiaramente un alto profilo internazionale, e gli analisti vedono un enorme potenziale in un suo lancio globale più accelerato.
Annunciando questa partnership cinese, Arcadia non ha comunicato chi sarà il possessore materiale dei punti vendita, ma ha indicato che saranno gestiti congiuntamente dalle due aziende.
L'operazione sarà sicuramente una distrazione molto gradita da Sir Philip Green, che quest'anno ha fatto notizia più per il suo operato con il dettagliante fallito BHS che per Topshop, e che ha dovuto subire aspre critiche e attacchi personali sia sulla stampa che da parte del Parlamento britannico.
Critiche piovutegli addosso dopo che il consorzio al quale aveva venduto BHS per una sterlina si è dimostrato inadeguato al compito di gestire la catena di negozi, arrivando a collassare la scorsa estate. Green è stato sotto pressione per mesi, perché ha dovuto pompare denaro contante nella società per coprire il buco del finanziamento dei contributi previdenziali per i dipendenti del retailer.
Sandra Halliday (Versione italiana di Gianluca Bolelli)
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