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Ansa
Pubblicato il
13 feb 2013
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Thom Browne scuote la Fashion Week di New York

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Ansa
Pubblicato il
13 feb 2013

Uomini bendati in flanella grigia con la corona di spine in testa, crocifissi su candidi lettini da ospedale. Regine di cuori da 'Alice nel Paese delle Meraviglie' che sfilano attorno a loro in un bosco innevato e li accarezzano con mazzi di rose rosse. E' il set inquietante e carico di simboli che, alla vigilia della festa di San Valentino, ha dato una scossa elettrica alle grigie sfilate di New York. Firmato Thom Browne, lo stilista che ha vestito Michelle Obama il giorno dell'insediamento alla Casa Bianca e che ha debuttato alla Fashion Week di New York con la sua prima collezione per la donna.

Thom Browne, collezione A/I 2013-14


Musica da cattedrale abitata dai fantasmi: "Il Papa si dimette e l'uomo in grigio ha la corona di spine. Il gioco si fa pesante", ha commentato ad alta voce Bill Cunningham, uno dei più famosi fotografi del "New York Times" entrando nal Centre 548 nella zona delle gallerie di Chelsea per uno show che lo stesso quotidiano ha poi descritto come "provocatorio, rischioso, strano, tecnicamente avanzato, pieno di proposte straordinarie anche se talora senza scopo e anche potenzialmente offensivo".

47 anni, di Allentown in Pennsylvania, Browne è un nome ben noto agli insider delle collezioni uomo (disegna anche per Moncler e Brooks Brothers), ma al grande pubblico era praticamente sconosciuto fino al 21 gennaio, quando il cappottino dell'Inauguration Day di Michelle lo ha proiettato dal giorno alla notte sulla scena globale.

I giovani crocifissi, il bosco innevato, sono stati il punto di partenza di una fiaba perversa che Valerie Steele, la direttrice del museo del Fashion Institute of Technology ha definito "la cosa più vicina agli show dell'alta moda di Parigi mai vista a New York".

Le prime uscite in grigio, rosso, nero, hanno ripreso, nella stoffa da cravatta dei tessuti, il tema di Michelle, ma rivisitato in proporzioni esagerate: giacche come armature, spalle da teatro Kabuki, vite strizzate e modellate dalle stecche. Pezzi difficilmente portabili, che nascondevano però come in un gioco di bambole matrioska pezzi decisamente al guardaroba di qualsiasi boardroom.

E poi il finale, un tornado di rosso, indossato dall'unica modella nera dello show. Per una settimana della moda che ai suoi primi atti la fashion editor del "New York Times" aveva definito "scialba, commerciale e priva di idee" è stata una iniezione di novità: la prova che New York ancora oggi ha qualcosa da mostrare.

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