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Texmed: il salone tunisino al centro del fast fashion

Pubblicato il
11 lug 2010

11 giu 2010 - Dal 16 al 18 giugno si è svolto a Tunisi il salone Texmed. Un occasione per i suoi espositori per tornare a parlare del fenomeno de fast fashion e del suo futuro.

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Circa 3000 professionisti sono intervenuti per incontrare i 250 espositori di Texmed. Con l'ambizione di diventare il rendez-vous di tutta la zona euro-mediterranea, Texmed è più che mai al centro del fenomeno del fast fashion. La Tunisia è infatti il quinto fornitore di abbigliamento dell'Unione Europea. Nel 2009, la nazione africana ha esportato ben 2,25 milliardi di euro di vestiti verso il Vecchio Continente, con un aumento del 12,7% (secondo le stime Euratex). Fra l'emergere delle pre-collezioni e il prezzo crescente dei trasporti, l’industria europea ha trovato nel Maghreb l'ambiente ideale per realizzare delle piccole ma interessanti collezioni, confezionate talvolta in un tempo record.

"Prima si effettuavano ordini con un anticipo di 3-6 mesi. Oggi siamo arrivati a 15 giorni, e questo lo possiamo fare solamente per 50 modelli", riassume Nidhal Benhammadi, capo del servizio commerciale di VTL. Quest'azienda di confezioni, che fra i suoi clienti può annoverare Adidas, Lacoste, Puma, Decathlon e Lafuma, ha modificato le sue caratteristiche di azione per seguire il movimento di evoluzione del mercato in corso. "Le équipe produttive oggi sono molto diverse. Abbiamo dovuto creare delle linee di produzione più ridotte, ma i cui operatori sapessero padroneggiare le varie fasi della produzione dall'inizio alla fine".

Per Doss Kamel, il fast fashion non è, per questa ragione, un male in sé e per sé. Tecnico-commerciale della società di lavorazione dei tessuti ITS (“Impression et Teinture du Sahel”, - “Stampa e Tintura del Sahel”), intravede una buona risposta all'incremento dei prezzi delle materie prime. "Fra la crisi e il prezzo dei filati in aumento, talvolta del 30%, la diminuzione degli utili era tale che la fast fashion ci ha molto aiutati. Ma percepiamo lo stesso che il fenomeno tende a diminuire. La dimensione degli ordini sta oggi crescendo, ma i clienti rimangono molto esigenti sull'estensione dei termini di pagamento".

"Avevamo percepito quest'evoluzione già poco più di cinque anni fa", rammenta Faycal Laadhar, Direttore Commerciale di “La griffe”, azienda produttrice di etichette per l'abbigliamento, che collabora in particolare con Etam e Celio. "Tutto ciò ha chiaramente corrisposto con le grandi tendenze di delocalizzazione verso L'Asia. Si continua poi a parlare di un ritorno degli ordini verso l’Euromed, seguito alle delusioni avute particolarmente in Cina". Un ritorno dei grandi ordini verso il Maghreb che molti evocano, ma che pochi si aspettano a medio termine.

Texmed
Il salone Texmed 2010

Il fast fashion sembra aver avuto il miglior effetto collaterale possibile sulla creatività. "Mentre la produzione di capi basic si fa in Oriente, gli acquirenti europei sono più che mai alla ricerca di capi più elaborati" spiega Aymen Soussi, designer per lo studio stilistico tunisino “Ulysse Fashion”. "Sostanzialmente, la moda tunisina non ci ha perso nello scambio, perché il know-how e l'immaginazione creativa degli stilisti locali sono sempre più richiesti".

Una constatazione che soddisfa Abdelaziz Dahmani, Presidente della Federazione Nazionale del Tessile. "Abbiamo lanciato un buon numero d'istituti e centri di formazione per i giovani designer", spiega, aggiungendo: "perché il fast fashion vada avanti, bisogna saper produrre delle nuove collezioni. Riponiamo, e abbiamo da subito riposto molte speranze, su questi giovani stilisti. E questo nostro atteggiamento ha già cominciato a dare i primi frutti".

Di Matthieu Guinebault (Versione italiana di Gianluca Bolelli)

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