16 lug 2013
Premium: un'edizione riuscita ma non euforica
16 lug 2013
Il Premium, che si è svolto contemporaneamente al Bread&Butter, ha rassicurato i visitatori con il suo posizionamento stabile. Nessuna grande sorpresa certo, ma The Station, la stazione dove si svolge la manifestazione, è stata caratterizzata da un'atmosfera di festa e da una partecipazione corposa. Come al Bread&Butter, gli organizzatori del Premium non forniscono cifre sulle presenze. Che forse sono state in leggero calo. Ma la stazione, che in alcuni padiglioni ha corridoi molto stretti, dava un'impressione di densità.

«In realtà, in questa edizione è stato come se i buyer venissero a ondate. Abbiamo avuto dei periodi di depressione e vuoto ed altri di picco in cui eravamo completamente pieni», commenta un espositore. Suddivisione geografica degli intervenuti: i tedeschi sono stati solamente il 29% dei presenti, I Sud europei il 23%. Quelli di Francia/Benelux il 22%. Gli austriaci e gli svizzeri insieme l'8%...
Anita Tillmann, la fondatrice, parla di record in termini di presenze. Un record che si potrebbe contestare, a meno che alcuni visitatori non siano rimasti a lungo nelle zone di riposo. «E' la nostra prima volta al Premium. Siamo contenti per i numerosi visitatori avuti nei primi due giorni di fiera. Qui è più semplice raggiungere i prospetti svizzeri, tedeschi e austriaci», precisano da Swildens.
«Qui vediamo degli italiani, dei tedeschi, molti svizzeri. Ho l'impressione che ci siano meno professionisti extraeuropei in questo salone», aggiungono da Bill Tornade.
Al di là delle cifre comunque, il Premium ha rassicurato i visitatori per il suo portafoglio di marchi, il 30% dei quali ha ufficialmente partecipato per la prima volta o è ritornato in fiera. I grandi nomi sono rimasti vari produttori di jeans americani come 7 for all mankind o J Brand e stilisti tedeschi come Michalsky, senza dimenticare gli scandinavi.
Bruno Joly (Versione italiana di Gianluca Bolelli)
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