Paris Fashion Week: Chloé fiducioso e cool
Si aveva l’impressione di essere un figurante di Blade Runner, cercando di farsi strada in mezzo ai pedoni all'ora di punta e sotto un acquazzone, per entrare nella sede sociale di Chloé, un umido giovedì mattina parigino. Ma una volta entrati, ci si trovava in una vera e propria oasi, che emanava una tranquilla sicurezza.

Tutti gli editor influenti del mondo della moda sono venuti a vedere questo défilé programmato alle 9 del mattino per assistere al debutto pieno di fiducia in sé stessa di Natacha Ramsay-Levi per la maison Chloé.
A volte gli stilisti si lasciano bloccare da una devozione servile e pedissequa ai codici della casa. Ma per Natacha Ramsay-Levi, queste si chiaramente rivelate fonti di forza. In questa collezione si potevano percepire gli elementi ispirati ai tanti formidabili stilisti che l’hanno preceduta da Chloé (Karl Lagerfeld, Martine Sitbon, Stella McCartney e prima di tutti la fondatrice, Gaby Aghion), ma sempre reinterpretati alla maniera della nuova arrivata.
I tagli di Natacha Ramsay-Levi sono netti e le silhouette sottili, ma i suoi capi riescono comunque a liberare fluidità: che si tratti di vivaci vestiti contadini con spalline in pizzo rigido o degli abiti estivi che mostrano intriganti stampati con petali e fiori schiusi. Le sue creazioni più graziose sono stati gli eccellenti abiti da sera realizzati in un mix studiato perfettamente di pizzo, seta, pelle di serpente e capi monocromatici audaci. Il tutto completato da superbi stivali da cow-boy rivisitati in pelle di serpente.

Le stesse materie prime erano riprese in miniabiti pieni di entusiasmo. Natacha Ramsay-Levi ha anche concepito alcuni superbi tailleur di velluto, tra i quali varie versioni che esibivano la firma emblematica di Chloé (un minuscolo cavallo caracollante) erano decisamente chic. Così come i tre bei cappotti maschili a quattro bottoni in pelle, il cui aspetto lucente sottolineava l’atmosfera molto Seventies di questa collezione.
“Molto chic, fluida, ma potente. Mi è piaciuta molto”, si è entusiasmata Martine Sitbon.
Niente di particolarmente rivoluzionario comunque: non è stato quello che si definisce un evento, in termini di moda. Ma non è ciò che ci si aspetta da Chloé, casa fondata da Gaby Aghion per vestire le donne e rendere la moda più democratica.
“Ho cominciato scavando negli archivi. Volevo davvero esprimere tutto il mio amore per Chloé: tutti i suoi diversi stilisti, senza farne una gerarchia. Gaby aveva questa generosità che la spingeva a trovare dei designer e ad offrire loro questa opportunità. Prima dell’arrivo di Karl, lei ha lavorato con molti stilisti e io non volevo assolutamente tradire questo spirito. Per me, fare Fashion è un modo per esprimere la propria personalità. Ci vestiamo per intrattenere un dialogo con il mondo, per darsi fiducia e forza. E in senso generale, io trovo che le donne siano forti, e quindi volevo che questi vestiti l’esprimessero”, spiegava la stilista, che è approdata nella maison dopo aver passato 15 anni al fianco di Nicolas Ghesquière, per arrivare infine nel posto di direttrice creativa al suo servizio, da Louis Vuitton.

Questa collezione ha mostrato inoltre l'influenza che le ha determinato il periodo da Louis Vuitton, viste le sorprendenti somiglianze in termini di forme e di tavolozza di colori, e generalmente, nell’atmosfera particolarmente parigina. Ma i capi di Chloé erano molto più facili da indossare e molto meno androgini (e francamente, tutti migliori). In una parola, un successo, in termini di coolness e di potenziale commerciale.
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