Pubblicato il
1 dic 2009
1 dic 2009
Moncler: il comitato d'impresa prosegue la sua lotta contro la chiusura del sito di Grenoble
Pubblicato il
1 dic 2009
1 dic 2009
Nel settembre scorso, i membri eletti nel comitato di gestione del fabbricante di prêt-à-porter Pepper-Moncler apprendevano dalla direzione dell'azienda l'intenzione di chiudere il sito produttivo di Grenoble nei mesi seguenti. Oggi, la motivazione prettamente economica fornita è oggetto di contestazione.
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“L'attività di Moncler non conosce crisi, spiega il comitato d'impresa. Essa beneficia addirittura di una grandissima crescita: attività economica moltiplicata per tre in quattro anni, 25% all'anno in volume e valore, ivi compreso il 2009, con una vera e propria esplosione di redditività (gli utili rappresentano il 500% dei propri fondi!) e della produttività, che è raddoppiata”.
Eppure, il gruppo Carlyle, che ha acquistato il 48% di Moncler SpA (il celebre piumino), ha annunciato il 22 settembre scorso al comitato d'impresa della filiale Pepper (Moncler) la sua ferma intenzione di chiudere il sito francese situato a Echirolles, mettendo così a rischio un centinaio di posti di lavoro diretti o indiretti.
Sul luogo collera e indignazione. "La presunta scarsità di risultati produttivi di Pepper Grenoble è priva di fondamento”, spiega la signora Coma, delegato sindacale CGT. “Senza contare che il gruppo Moncler si trova in una situazione finanziaria di tutta tranquillità. Se il gruppo stava andando così male, perché Carlyle ne avrebbe comprato una parte durante la crisi, soprattutto se questi fosse stato indebitato?”.
"Carlyle cerca solamente di rendere ancora più lucrativo il suo modello economico esternalizzando le sue attività logistiche per concentrarsi sulle attività più remunerative: creatività, marketing, amministrazione vendite”, prosegue la delegata. “Non c'è dunque in discussione una cessazione di attività del gruppo per una ragione meramente economica, bensì un trasferimento di attività”.
Delle soluzioni esistono, come un nuovo modello economico basato su di una centralizzazione dei costi che potrebbe soddisfare l'azionariato e permettere di conservare posti di lavoro, oppure una cessione di azioni ai lavoratori o a soggetti terzi per mantenere in attività il sito produttivo. “Quest'ultima alternativa non è nemmeno stata presa in considerazione, malgrado la manifestazione propositiva”, conclude il comitato, il quale rimprovera al gestore di non aver cercato di assicurare la continuità della società, visto che era già stato informato della chiusura a luglio 2009.
Tutto questo, proprio nel momento in cui si cerca di ridare valore al “made in France” e il ministro dell'Industria Christian Estrosi ha lanciato il CNEGI (Comité National des Etats Généraux de l'Industrie – Comitato Nazionale degli Stati Generali dell'Industria) per dotare il paese di una nuova politica industriale. Resta da sperare allora, che il campanello d'allarme suonato dall'affare Pepper-Moncler vi figuri all'ordine del giorno.
Di Gianluca Bolelli
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