Adnkronos
25 mar 2015
Michelle Obama e il 'femminismo' dei vestitini a fiori
Adnkronos
25 mar 2015
Non è passato inosservato il 'girlie look' che Michelle Obama ha scelto per la sua missione in Asia, con una serie di vestitini e tailleur a fiori, attillati o a palloncino, che sembravano usciti da una puntata di "Mad Men", la serie tv che ha riportato in auge l'atmosfera, e il maschilismo, degli anni '50.

E a Vanessa Friedman, sofisticata ed intellettuale critica di moda del New York Times, sulle prime, la scelta sartoriale della first lady è apparsa completamente all'opposto del dichiarato scopo della sua missione in Giappone e Cambogia, cioè incoraggiare i milioni di ragazze che non vanno alla scuola superiore a continuare gli studi e prendere in mano il proprio futuro.
Quegli abitini a fiori facevano "venire alla mente gli anni in cui i ruoli di genere erano codificati e distinti, quando la sfera d'azione delle donne era la casa e i loro progetti non necessariamente comprendevano un'istruzione superiore", ha scritto. Ma ad una seconda lettura alla critica del quotidiano newyorkese è venuto il dubbio che con quel look così femminile, e in linea con lo stile tradizionale asiatico, la first lady volesse in fondo lanciare anche un messaggio, un messaggio in ultima analisi femminista.
"Scegliendo di incontrare queste giovani donne in abiti che, forse, l'hanno fatta somigliare a loro, è come se la signora Obama avesse detto: potete vestirvi come una ragazza ma allo stesso tempo sognare di avere un Phd o diventare avvocato", scrive Friedman. Una scelta in ultima analisi coraggiosa, quella di Michelle, soprattutto, aggiunge ancora la fashion editor, considerato che "viviamo nell'era della 'Merkelizzazione' delle politiche dell'abbigliamento femminile".
Un'epoca in cui vediamo le grandi protagoniste della politica mondiale, Angela Merkel e Hillary Clinton, che hanno "adottato quella che a tutti gli effetti una divisa maschile, anche se in colori più soffici e brillanti". Una strategia che le due statiste hanno adottato per cercare di fare in modo che le loro scelte sartoriali non fossero oggetto di attenzione da parte dei media. Insomma, puntano a fare morire di noia gli osservatori di moda, per costringere i giornali a scrivere delle loro posizioni politiche e non dei loro tailleur.
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