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27 giu 2014
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Madifesto ha mobilitato a Bruxelles la moda europea

Pubblicato il
27 giu 2014

In due giorni di conferenze e workshop, Madifesto, che ha organizzato il suo primo summit europeo della moda a Bruxelles, si è concluso con una vena di ottimismo. A metà fra un "G8 del fashion" e una versione moda di una conferenza TED, Madifesto ha sicuramente mantenuto le promesse.

MAD Brussels si scambia impressioni con l'Olanda e la Lettonia (DR)


L’associazione Mad Brussels, all'origine del progetto, ha mobilitato una sessantina di rappresentanti di associazioni di supporto alla creazione e invitato le principali istituzioni (federazioni dell'abbigliamento, scuole di moda e design), a riflettere per due giorni durante le principali sfide affrontate dagli attori – e aspiranti attori – dei loro rispettivi settori creativi. Erano presenti anche molti membri della Commissione Europea, in particolare della direzione generale delle aziende creative.

“Abbiamo compilato un elenco di proposte e osservazioni al termine di diverse tavole rotonde”, spiega Alexandra Lambert, fondatrice e dirigente di Mad Brussels, “ed esposto i nostri problemi e i nostri punti di forza ai membri della Commissione Europea, che ci ha dato il suo supporto e invitato a proseguire l'iniziativa Mad Brussels, che tornerà l'anno prossimo con, spero, ancora più partecipanti”.

La maggior parte degli ospiti ha viaggiato a proprie spese, e ha partecipato con grande interesse ai dibattiti basati su tre temi principali: il business model, la produzione e la formazione.

Uno dei bisogni dichiarati dai partecipanti, per esempio, è la creazione di uno strumento digitale comune a tutte le nazioni dell’Unione Europea, specificando i contatti di tutti gli attori delle industrie della moda europee e la descrizione del loro lavoro. Una sorta di annuario europeo del settore della creazione. Come accade nel lavoro dei britannici dell'associazione UKFT (UK Fashion and Textile Association) realizzato in collaborazione con il CFE (Centre for Fashion Entreprise).

Questi ultimi, secondo l'opinione generale, godono di un buon vantaggio sui loro colleghi continentali e hanno spesso condotto il dibattito e condiviso la loro esperienza durante le tavole rotonde, in particolare nei confronti delle associazioni più giovani, o appena nate, come l’Austrian Fashion Association, costituita da meno di sei mesi (!).

Una delle portabandiera di questi campioni europei degli incubatori della moda, è Mary Katrantzou. “E' venuta a vederci cinque anni fa, nel momento in cui la sua azienda aveva tre dipendenti”, si ricorda la direttrice generale del CFE, Judith Tolley. Cinque anni dopo, ha più di 50 dipendenti a tempo pieno e Mary è venduta in tutto il mondo".

Un esempio che è ovviamente troppo particolare e raro per essere veramente rappresentativo. "La stessa cosa sarebbe assolutamente incredibile da noi", affermava un impiegata del Flanders Fashion Institute di Anversa.

Quest'anno, il CFE ha ottenuto dalla Commissione Europea un budget per lanciare, in partnership con l’IFM a Parigi, un nuovo fondo per sostenere la creazione, chiamato “Worth Project”, che ha aperto le candidature sulla piattaforma worth-projects.eu e che scatterà entro pochi mesi.

Una delle sue particolarità: sfruttare il talento dei designer a vantaggio di settori industriali non necessariamente radicati nel comparto moda… "Chi sa cosa potrebbe accadere se mettessimo in contatto e in relazione fra loro uno specialista della pellicceria con l’industria della salute, come si fa con gli specialisti dell'abbigliamento che lavorano per l’industria automobilistica o high-tech?", si entusiasmava l'effervescente Wendy Malem, direttrice del Centre for Fashion Entreprise e preside della divisione moda del London College of Fashion.

Foto di gruppo a Madifesto 2014 (DR)


L'urgenza di un mobilitazione della creazione a livello europeo è sicuramente legata al fatto che la moda è più che mai un'industria globale, come ricorda soprattutto Alexandra Lambert. "E se c'è una città che deve essere la testimone di questa unione, è proprio Bruxelles", sostiene la fondatrice di MAD, che ha ricevuto dall’UE più di 7 milioni di euro per creare la sua associazione entro il 2015 e insediarla in un edificio di 1.000 metri quadrati, la cui architettura è parte di una dimensione "design social", uno dei campi d'azione di MAD Brussels, che comprende la creazione in senso generale.

Wendy Malem è andata nella stessa direzione aprendo la conferenza sull'educazione nella moda, sottolineando come gli studenti cinesi formatisi nelle grandi scuole europee ormai sono ritornati in Cina, dove la loro attività va a gonfie vele e i loro affari sono in espansione, ma anche dove la loro creazione è "impeccabile".

Anche la Federazione Francese del Prêt-à-porter è stata della partita, e il suo segretario generale, François-Marie Grau, ha descritto in particolare la sua ultima iniziativa in materia di sviluppo sostenibile, una nuova label di qualità su scala europea. Ma la palma della sostenibilità è andata, senza sorprese del resto, ai danesi del Danish Fashion Institute.

Il direttore dello sviluppo e dell'innovazione di questa associazione ha parlato di produzione, artigianato, formazione ed ecologia. Ponendo domande sorprendenti come: "Sapevate che delle sneaker di Puma ritornano allo stato di polvere solamente 6 mesi dopo essere state sepolte nel terreno?", lo specialista danese ha richiamato i partecipanti alle loro responsabilità con ottimismo e ha sottolineato il formidabile bilancio dell'ultimo Copenhagen Fashion Summit, che ha coinvolto più di 1.000 partecipanti intervenuti da 50 Paesi del mondo.

Per Madifesto ne siamo ancora lontani, ma se le grandi istituzioni continuano il dialogo con le più piccole, come è successo in modo chiaro in questa edizione, si può dire che la manifestazione abbia ottenuto un successo vantaggioso per tutti i comparti del settore.

Florent Gilles (Versione italiana di Gianluca Bolelli)

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