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25 giu 2013
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London Collections: Men, un regno dei più uniti

Pubblicato il
25 giu 2013

L'unione fa la forza. La crociata dei britannici per valorizzare la loro industria del menswear ha raggiunto un nuovo, superiore livello. Dal 16 al 18 giugno scorsi, la terza edizione di London Collections: Men ha visto emergere una vera solidarietà tra una costellazione di attori del settore che prendono le mosse dai più diversi background. Con non meno di 30 sfilate e quasi altrettante presentazioni, Londra rivaleggia se non con Parigi almeno con Milano, che presenta per questa stessa stagione un totale di 37 sfilate nel suo programma ufficiale.

Il sindaco di Londra, George Garnier, sostiene il progetto sin dall'inizio (DR)


"Da Savile Row ai punk, abbiamo inventato tutto"

Con nomi altisonanti come Burberry, Alexander McQueen o Paul Smith, Londra invia al mondo un messaggio tanto sibillino quanto convincente "Dai sarti di Savile Row fino ai punk: noi abbiamo inventato tutto!", sostiene Dylan Jones, direttore della redazione del “GQ” britannico e partner dell'operazione dai suoi inizi. Molti marchi, come Burberry, Rag & Bone e Jimmy Choo, in questa stagione hanno trasferito qui le loro presentazioni per raggiungere la loro terra d’origine e avvantaggiarsi dell'alta copertura mediatica data a "LC:M", per utilizzare l'abbreviazione con cui l'evento è ormai noto. Nell'ambito people, si sono viste star di tutti i generi, da Serena Williams (intravista da Burberry) al modello David Gandy (beccato un po' dappertutto), ma anche gli artisti hip-hop Tinnie Tempah, Zebra Katz e Brooke Candy.

Mediatica oggi, commerciale domani? “Londra è la capitale finanziaria d'Europa”, ricorda Caroline Rush, l'elegantissima CEO del British Fashion Council. “Non c'è dunque nessuna ragione per cui non diventi un giorno un luogo di business per la moda sul piano internazionale", fa notare.

Tuttavia, per il momento non si pone proprio la questione di astenersi dalle vendite delle collezioni a Parigi, come testimonia in ogni stagione lo showroom dei giovani stilisti del BFC, "London Showrooms", che focalizza al suo interno la maggior parte delle vendite internazionali degli emergenti che il Council patrocina. “Adoriamo Parigi”, conferma Caroline Rush, “e il fatto di avere un buon pretesto per recarvisi ci risulta allo stesso tempo comodo e piacevole”, sorride, senza tuttavia condividere i suoi sentimenti nei confronti di Milano. “London Collections: Men ha ancora bisogno di crescere”, sostiene Dylan Jones, “ed è quello che speriamo succeda”.

La presentazione dei sarti di Savile Row con 100 modelli (DR)


Sulle passerelle, la diversità

Argomento stile. Londra è stata all'altezza della sua reputazione di laboratorio. Due filoni apparentemente contraddittori sono emersi, in perfetta simbiosi con l’heritage britannico ad un tempo formale e sperimentale. Le insegne di Savile Row si sono coalizzate riunendosi in una presentazione spettacolare in un celebre stadio di cricket, il Lord’s Cricket Ground, col supporto di Woolmark, fornitore delle lane sia per le case di moda storiche che per i giovani diplomati della Saint Martins. Il meno giovane di loro, Gieves & Hawkes, ha svelato una collezione casual ricca di accessori per il gentleman moderno, destinata a far uscire la label dal suo flagship storico, che rimane il suo principale punto vendita.

Lo sportswear e la logomania sono due fra le altre tendenze più forti proposte dai giovani creatori, per la maggior parte supportati da Topman, eBay o dall’associazione FashionEast. Sulle passerelle si è assistito all'emergere di una grande onda stilistica sportswear, in cui sneakers, scarpe da jogging e tessuti tecnici affiancano pizzi (Astrid Andersen), materie traslucide (Shaun Samson, Sibling) e accessori per sport immaginari (Nasir Mazhar). Questi giovani, spesso basati nei quartieri orientali della città, beneficiano del sostegno incondizionato della stampa fashion londinese che detta i trend: “i-D magazine”, “Dazed & Confused”, “10 magazine” e le loro numerose discendenti.

Uno sportswear androgino: la giovane ondata di creativi sponsorizzata dai poteri forti disorienta e sorprende (Foto: PixelFormula)


La situazione attuale, che determina la particolarità della scena creativa locale, non gode della stessa visibilità nei programmi italiani e francesi della moda maschile. Ad eccezione di Riccardo Tisci per Givenchy o di 3.1 Phillip Lim a Parigi, che infarciscono le loro collezioni di riferimenti street già da parecchie stagioni.

Per un buyer parigino incontrato sul posto, una delle sfilate NewGen tradiva "una visione borghese della mascolinità totalmente sfasata dalla realtà". Eppure c'è un mercato per questa scena, e anche una nuova boutique multimarca dedicata a queste label: Machine-A, nel cuore di Soho. Un gruppo di compratori giapponesi provenienti dal negozio di Tokyo "GR8" ha applaudito ogni presentazione dalla prima fila. Questi potranno rivedere i loro stilisti preferiti per effettuare degli ordini fra pochi giorni a Parigi.

Florent Gilles (Versione italiana di Gianluca Bolelli)

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