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16 set 2012
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Jörgen Andersson: "Esprit ha agito come H&M e Zara. Questo è stato il suo grande errore"

Pubblicato il
16 set 2012

Esprit ha invitato martedì 4 settembre 800 invitati a festeggiare la nuova immagine del marchio. Perché questa data, visto che il nuovo boss, ex Inditex, non è ancora in carica e che Ronald Van der Vis, in partenza, era ancora disponibile a rilasciare interviste...? Semplicemente perché Jörgen Andersson e Jan Nord, duo di H&M, arrivato a fine 2010 per dirigere il design e soprattutto l'immagine e il posizionamento del marchio, vedranno solamente nella primavera 2013 la prima collezione interamente modellata da loro, e non solo alcuni capi.

Stessa valutazione per Melody Harris-Jensbach, membro del consiglio direttivo e responsabile dello sviluppo prodotto e del sourcing, arrivata da Puma in gennaio. A Colonia, nell'ex ufficio del boss di Gerlinger, gigante tedesco delle assicurazioni, in uno spazio ampio, che sembra come intrappolato in un grattacielo di New York, Jörgen Andersson, direttore del marchio, illustra con serenità la sua analisi di Esprit e del mercato.

Jan Nord e Jörgen Andersson, ex coppia di H&M, guida lo stile di Esprit. Foto: Esprit

FashionMag.com: Gli effetti del suo lavoro si sono percepiti attraverso i tagli dei cappotti da donna, a partire dall'autunno 2011. Alcuni capi, in realtà, in questa stagione 2011/2012...
Jörgen Andersson: Sì. Uno dei problemi di Esprit, è stato anche quello dei tagli troppo tedeschi e certamente non europei. Un marchio non si definisce solo per i colori e i materiali che usa, ma prima di tutto dal fit.

FM: Sì, ma Esprit ricorda di aver sempre puntato sulla qualità per differenziarsi.
JA: La qualità si definisce fra l'altro per i tagli e le finiture. In Germania, la nozione di qualità è quella dell'ingegnere. Costituisce una caratteristica culturale, e i nostri prodotti infatti durano a lungo, ma la qualità che vale è quella percepita dai consumatori. La qualità definita dall'ingegnere non è necessariamente quella riconosciuta dalla clientela.

FM: Alla fine, Esprit si definisce come una catena o come un marchio?
JA: E' la questione senza dubbio più importante. H&M e Zara sono catene che propongono continuamente cose nuove e diverse. Prada e Ralph Lauren sono dei brand. Poi, non bisogna dimenticare che il retail definisce anche un business plan. The Kooples e Comptoir des Cotonniers sono dei marchi, ma non s'indirizzano a tutti. Inoltre, il nostro negozio è semplicemente un punto vendita, il luogo dove viene immesso il prodotto sul mercato.

FM: Qual è stato l'errore di Esprit? In Francia, per esempio, non sapevamo più che identità avesse.
JA: Esprit ha cominciato ad agire come H&M e Zara. Questo è stato il grande errore. Se le grucce appendiabiti sono di plastica, darete immediatamente un'immagine cheap alle vostre collezioni. Prendete il layout di Carrefour e quello di un fornaio, plastica contro legno. Esprit ha voluto seguire H&M e Zara, pur proponendo una qualità differente.

FM: Un attacco di schizofrenia, allora?
JA: Se chiedete ad ogni passante "come vuole che io sia?" Sì, diventate uno schizofrenico. Di Ralph Lauren, che rispetto pur senza comprarlo, io capisco l'identità. Noi dobbiamo essere un marchio, anche se la distribuzione è multicircuito. Un marchio deve soprattutto sapere ciò che non deve fare. Poi poco importa in quale direzione va.

FM: Un po' come per certi chitarristi, di cui riconosciamo lo stile ad occhi chiusi...
JA: Esattamente. Se domani Ralph Lauren si mette a costruire automobili, posso già immaginare come lo farà... senza avere visto una sola loro immagine. H&M si rivolge a tutti. Come Ikea del resto. Esprit ha tentato di rivolgersi a tutti quanti.

FM: E quindi, qual è questa identità di Esprit?
JA: Innanzitutto, per me ogni marchio ha un sesso. Ralph Lauren è maschile e Donna Karan è femminile. Esprit è una 'She', una 'Lei', una donna, anche se ha un marito e degli amici. Questo è il punto di partenza.

FM: E gli anni '60 negli Stati Uniti?
JA: I valori diffusi dai movimenti sociali sono femminili: prendersi cura l'uno dell'altro, l'ecologia. Noi cerchiamo una donna indipendente, sicura di sé, che conosce la moda, ma non ne è vittima. La moda non è più importante della natura e della famiglia. Quindi, la nostra donna si colloca fra i 32 e i 35 anni. Da qui la nostra testimonial, Gisèle Bündchen. Anche senza trucco, lei ha classe. Torno a ripetere l'importanza del fitting. Una donna, in ogni stagione, trova da noi dei pantaloni, per esempio, che hanno lo stesso taglio, cambiano solo i colori. Da H&M, se avete amato un certo taglio, non lo trovate più, è troppo tardi. La stagione seguente è tutto nuovo.

FM: Ma allora qual è la fascia ideale per il brand?
Penso vicino a un Comptoir. Oppure come Merci a Parigi, si entra e si ha l'impressione che ci sia una persona dietro al concept. J. Crew, The Kooples o ancora Club Monaco hanno fatto un bel lavoro. Noi non proponiamo delle novità ogni secondo, ma ci muoviamo nell'ambito della moda contemporanea.

FM: Lei viene da H&M. Qual è la prima cosa che ha pensato quando è arrivato in Esprit?
JA: Nelle fasi iniziali bisognava parlare ai consumatori, capirli e soprattutto comprendere le loro aspettative riguardo a Esprit. Poi abbiamo incontrato a più riprese Doug e Susie, i fondatori (il marchio è stato creato nel 1968 a San Francisco). Capire il passato e cogliere il presente per decidere la direzione da prendere. Poi tutto viene da sé: progettazione dei negozi, collezioni, campagne pubblicitarie, web ecc... Potete collegare tutto a qualcosa, a una firma. E questo rimane. Noi proponiamo degli update nelle collezioni. Si naviga quando si è giovani, poi... In musica, ho i miei album preferiti e non cambieranno più. Prendete l'errore di Madonna: ha voluto fare delle tournée come se avesse diciassette anni!

FM: E l'importanza delle reti sociali?
JA: Le reti ci vogliono. Ma per parlare di cosa? Céline può parlare dei suoi pull, non Esprit. Dunque noi abbiamo lanciato delle iniziative perché le persone si scambino idee e info attorno al nostro mondo. La cosa più importante è di essere connessi ai social network.

Bruno Joly (Versione italiana di Gianluca Bolelli)

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