1 ago 2016
Harmont & Blaine: sequestrato finto negozio in Libano
1 ago 2016
Harmont & Blaine prosegue la battaglia contro l’usurpazione del suo marchio. La società partenopea, che aveva già vinto nel 2014 la cosiddetta “battaglia cinese”, potendosi riappropriare dell’utilizzo commerciale del proprio brand, è stata nuovamente vittima, questa volta in Libano, di un caso affine.

Nel dicembre 2015 a Zgharta, a 90 km. dalla capitale Beirut e 10 km. da Tripoli, secondo quanto riportato dal quotidiano “Il Mattino”, è stato individuato un punto vendita non autorizzato recante insegna Harmont & Blaine, anche se diverso nel format rispetto alle boutique “originali” del Bassotto.
La società ha prontamente reagito arrivando a ottenere, nella giornata di mercoledì 27 gennaio, il sequestro da parte dell’autorità giudiziaria di tutta la merce trovata all’interno del punto vendita e il sequestro stesso dell’immobile, avviando contestualmente un’azione penale e una richiesta di risarcimento danni verso il titolare che si era addirittura spinto a pubblicizzare l’inaugurazione sui social network.
Anche per Apple e Lacoste sono avvenute vicissitudini simili, tanto che la società della Mela si è dovuta "ricomprare" il suo logo. Nel caso dell'azienda d'abbigliamento non è accaduto, ma talvolta c'è anche il rischio che in Cina si avvii una produzione e commercializzazione di prodotti "non ufficiali", con tanto di seri danni d'immagine e reputazionali.
Anche per tutelarsi, in via cautelativa nel febbraio 2012, il gruppo del “bassotto” si era ritrovato nella condizione di dover chiudere le proprie 12 boutique presenti nel mercato asiatico, da Shanghai a Pechino, passando per Shenzhen e Guangzhou.
Harmont & Blaine vanta una significativa presenza anche nei Paesi del Medio Oriente, dalla distribuzione in selezionati multimarca in Libano, Kuwait e Arabia Saudita, fino a boutique monomarca in Iraq (Erbil), Emirati Arabi Uniti (Dubai), Qatar (Doha).
“Harmont & Blaine – ha dichiarato il Presidente Domenico Menniti – perseguirà con la massima tenacia tutti coloro che nel mondo violano i diritti di proprietà intellettuale del brand del Bassotto”.
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