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21 nov 2012
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Greenpeace: agenti tossici negli abiti di grandi marchi

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APCOM
Pubblicato il
21 nov 2012

Sostanze chimiche capaci di provocare cancro e disturbi ormonali sono state rinvenute in capi di abbigliamento di grandi marchi della moda, quali Zara, Calvin Klein, Levi's e Li Ning. E' quanto ha denunciato il 20 novembre Greenpeace, al termine di un'indagine condotta su campioni di indumenti di 20 marchi in vendita in 29 Paesi e regioni del mondo.

Foto: APCOM

L'organizzazione ha acquistato pantaloni, magliette, lingerie e abiti realizzati in Cina e in altri Paesi in via di sviluppo, facendo poi analizzare i tessuti. "In circa due terzi dei 141 campioni sono stati rilevati nonilfenoli etossilati", ha denunciato Greenpeace. In alcuni vestiti sono stati rinvenuti anche ftalati o coloranti contenenti ammine cancerogene. I nonilfenoli etossilati sono prodotti chimichi usati spesso come detergenti in diversi processi industriali e nella produzione di tessuti naturali e sintetici. Una volta usati e scaricati, si decompongono in nonilfenoli, un sottoprodotto molto tossico considerato un interferente endocrino.

I marchi messi sotto accusa "sono attori importanti dell'industria della moda, con la sola Zara che produce 850 milioni di capi di vestiario ogni anno", ha affermato l'organizzazione. "Si può immaginare - ha sottolineato Li Yifang - l'entità dell'impronta tossica lasciata sul Pianeta, soprattutto in alcuni Paesi in via di sviluppo come la Cina, dove molti di questi prodotti vengono realizzati".

Nel 2011, Greenpeace aveva pubblicato 'Dirty Laundry' e 'Dirty Laundry 2', due rapporti che dimostravano come i fornitori dei grandi gruppi tessili avvelenassero le acque di alcuni fiumi cinesi, con sostanze chimiche ritrovate poi nelle fibre dei prodotti venduti.

Per ogni marca, uno o più articoli analizzati contengono NPE (composti nonilfenoloetossilati) - riferisce Greenpeace - che possono rilasciare i corrispondenti nonilfenoli, pericolosi perché in grado di alterare il sistema ormonale dell'uomo. I livelli più alti, superiori a 1ppm, sono stati trovati per i marchi Zara, Metersbonwe, Levis, C&A, Mango, Calvin Klein, Jack & Jones e Marks & Spencer (M&S). Per Zara, inoltre, quattro dei capi analizzati risultano contaminati da alti livelli di ftalati tossici, e altri due presentano tracce di un'ammina cancerogena derivante dai coloranti azoici.

"In qualità di più grande rivenditore al mondo di abbigliamento, Zara deve adottare con urgenza un piano ambizioso e trasparente per eliminare le sostanze tossiche dalle sue filiere di produzione", chiede Martin Hojsik, coordinatore della campagna 'Detox' di Greenpeace International. Per convincere l'azienda spagnola a ripulire la filiera produttiva, Greenpeace lancia oggi una petizione a livello mondiale su www.greenpeace.org/italy/zara.

I capi d'abbigliamento analizzati sono stati prodotti soprattutto nel Sud del mondo con fibre artificiali e naturali. Essi comprendono jeans, pantaloni, t-shirt, abiti e biancheria intima disegnati per uomini, donne e bambini. I processi di produzione del settore mondiale del tessile utilizzano sostanze chimiche pericolose che viaggiano nei prodotti tessili dai siti di produzione a quelli di consumo. Ad oggi non esistono informazioni sui possibili problemi sanitari per chi indossa questi prodotti.

Greenpeace chiede ai marchi dell'abbigliamento di impegnarsi ad azzerare l'utilizzo di tutte le sostanze chimiche pericolose entro il 2020, come già hanno fatto alcuni importanti marchi tra cui H&M e M&S, e di imporre ai loro fornitori di rivelare alle comunità locali i valori di tutte le sostanze chimiche tossiche rilasciate nelle acque dai loro impianti.

Fonte: APCOM