Fast Retailing: Uniqlo esplode a livello internazionale, soprattutto in Cina e Asia
Il gruppo giapponese, che ha registrato 1.107 miliardi di yen (9,5 miliardi di euro) di vendite nel primo semestre chiuso a fine febbraio, incrementa l’utile netto addirittura del 106,7%, dopo il calo constatato nell’esercizio 2015/16. Un aumento determinato soprattutto dallo sviluppo asiatico, e in particolare cinese, del brand Uniqlo, che ha trovato il suo ritmo.

Mentre l’utile netto di Uniqlo in Giappone è cresciuto del 7,3%, il dato è esploso del 65,9% per Uniqlo International, la cui rete si è rafforzata con 139 nuovi negozi e dove le vendite semestrali sono stabili a perimetro comparabile. E Fast Retailing accoglie con favore a questo proposito il contributo "particolarmente forte" dato agli utili dalla Cina Continentale e dal Sud-Est Asiatico.
“Le operazioni di Uniqlo in Cina mostrano un forte incremento delle vendite e un grande incremento dei profitti a seguito di un miglioramento del margine lordo e della percentuale delle spese generali di amministrazione”, indica il gruppo, “mentre Uniqlo Asia del Sud ha ottenuto una forte crescita delle vendite a perimetro comparabile”.
Un rendimento aumentato grazie soprattutto alla maggiore visibilità garantita dalle operazioni di marketing, ma anche allo sviluppo di prodotti specificamente progettati per soddisfare le peculiarità locali dei vari climi e culture dei diversi Paesi coperti. Un’operazione di attrazione su scala contnentale che è culminata lo scorso settembre con la scelta di Singapore per ospitare il primo “Global Flagship Store” del marchio.
La scommessa sino-asiatica di Uniqlo sembra dunque vinta. “La Grande Cina e il Sud-Est Asiatico serviranno probabilmente da elementi chiave come driver di crescita per Uniqlo International, tanto più che apriremo diverse altre boutique in quelle aree”, puntualizzava a settembre il CEO Tadashi Yanai nel suo rapporto annuale.
Della rete di 958 negozi che lo scorso settembre componevano il network di Uniqlo International, circa 560 punti vendita erano concentrati nella Greater China, 173 in Corea del Sud, e 144 nel Sud-Est Asiatico e in Oceania. I negozi che Uniqlo possiede negli Stati Uniti sono invece 45 e quelli in Europa sono solo 36.

Intanto, il gruppo Fast Retailing ha visto crescere dell’80% l’utile operativo nel secondo trimestre d’esercizio, chiuso a fine febbraio, a 42,1 miliardi di yen (più di 363 milioni di euro). Il gruppo nipponico ha così confermato le proprie previsioni di utile operativo per l’intero anno (che si chiuderà il 31 agosto) a un livello record di 175 miliardi di yen (oltre 1,5 miliardi di euro).
Il motivo per cui Fast Retailing, con la sua testa di ponte Uniqlo, ha puntato come mai prima all’espansione estera partendo più che altro dall’Asia (e in parte dagli USA) è da ricercare nel persistente malessere economico del Giappone, dove i salari che non crescono hanno anche eroso la fiducia dei consumatori, spingendo i dettaglianti ad offrire prodotti migliori a prezzi più bassi e a tagliare le spese. Il retailer giapponese ha più che triplicato l’estensione della sua rete di negozi rispetto a cinque anni fa.
Il Chief Executive Tadashi Yanai ha guidato bene il gruppo in questa rapida espansione globale. Il suo obiettivo dichiarato è quello di superare un giorno non troppo lontano i colossi Inditex (Zara) e Hennes & Mauritz (H&M) come maggiore venditore mondiale di abbigliamento.
Versione italiana di Gianluca Bolelli
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