8 mag 2014
Carol Lim e Humberto Leon: "Tutti i giovani vogliono entrare nei grandi brand"
8 mag 2014
Sabato 26 aprile a Hyères, e poche ore prima della proclamazione finale, FashionMag ha incontrato i presidenti di giuria della sezione moda del festival. Amici dall'adolescenza, i due statunitensi condividono una passione per il talent scouting, come per il loro lavoro per Kenzo, che è oggetto di una mostra a Villa Noailles, a Hyères, fino al 25 maggio 2014.
FashionMag: Qual è stato il vostro intento con questa installazione Kenzo a Villa Noailles?
Carol Lim e Humberto Leon: Il procedimento di realizzazione di questa mostra è stato molto interessante. La prima cosa che abbiamo fatto al nostro arrivo da Kenzo, è stata visitare gli archivi. Volevamo assicurarci che, qualsiasi cosa facessimo, i nostri vestiti portassero in loro l'essenza del marchio Kenzo. Quello che è interessante, è che dopo non ci siamo mai più tornati! L'idea era di determinare i capi che riteniamo più rappresentativi della nostra identità. In seguito, la nostra équipe è stata incaricata di cercare negli archivi per tentare di mettere dei paletti e trovare dei trait d'union con i giorni nostri. Infatti, gli archivi Kenzo sono immensi e ogni pezzo è accuratamente protetto, ci vogliono dei giorni per trovare qualsiasi cosa. Abbiamo trovato geniale far uscire dei modelli che mescolano stampati diversi, e metterli di fronte alla nostra ultima collezione autunno-inverno, che gioca proprio con questa giustapposizione di stampe (foto).
FM: Quali furono le vostre direttive appena arrivati da Kenzo?
CL e HL: Abbiamo avuto libertà totale. Siamo venuti portando con noi la nostra personale ambizione di rendere omaggio alla Maison. E' quanto abbiamo fatto per esempio col dirci: "E se si proponesse per gli uomini il tessuto stampato "nuvole", che Takada aveva proposto alle donne?", per citarvi solo uno degli esempi più significativi. "E il suo stampato nuvole che appare su una camicetta di seta, se lo trattassimo in maniera strutturata?". E' stato uno di quei designer che hanno segnato i decenni degli anni '70, '80 e '90, e anche quel genere di persona che si vorrebbe avere come amico. La nostra missione è di tradurre questa energia per l'oggi, e anche per il domani.
FM: La vendibilità dei progetti finalisti ha prevalso nella vostra scelta, voi che avete il doppio ruolo di creativi e commercianti?
CL e HL: I soli stilisti per i quali la questione ci è sembrata importante sono quelli che puntano a lanciare la propria griffe. Uno dei finalisti (Yulia Yefimtchuk, vincitrice della menzione speciale Opening Ceremony, ndr.) ha già venduto due stagioni. Abbiamo chiesto a ognuno di loro se avrebbe voluto avviare una propria linea o se preferiva unirsi allo studio di una casa di moda. Solo uno (o forse due), ha detto che voleva assolutamente lanciarsi da solo. Tutti gli altri vogliono lavorare per i brand.
FashionMag: Come si sono svolte le discussioni all'interno della giuria che avete costituito?
CL e HL: Possiamo dirvi che non è stato un compito facile. Anche se sono degli amici, ognuno di loro ha una personalità e opinioni molto forti. Tanto meglio, comunque, perché è anche per questo che li abbiamo scelti. Tuttavia, abbiamo notato che le proclamazioni dei vincitori possono essere particolarmente burrascose (ridono).
FM: Avete fondato Opening Ceremony a New York più di dieci anni fa. Oggi, ci sono delle filiali a L.A., Londra e Tokyo. Perché non ancora a Parigi, dove trascorrete la maggior parte del tempo?
CL e HL: La Francia ha una reputazione difficile per l'imprenditorialità, in particolare per i giovani che intendono lanciarsi. Notarlo ha costituito un notevole deterrente per noi. Ma continueremo le ricerche per vedere se possiamo trovare la location giusta...
FM: In quale zona di Parigi vorreste aprire un Opening Ceremony?
CL e HL: Naturalmente potrebbe essere nel Marais, ma anche nel X arrondissement, vicino al Canale Saint-Martin, per esempio. Amiamo tanto questo quartiere, che frequentiamo da molto prima del lancio di Opening Ceremony. Lì abbiamo i nostri “rifugi”, come "Thanks God I'm a VIP", una boutique di seconda mano (in rue de Lancry, ndr.) dove facciamo shopping con regolarità...
Florent Gilles (Versione italiana di Gianluca Bolelli)
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