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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
25 mar 2020
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Yves Hanania (Lighthouse): “Assisteremo ad un cambiamento di paradigma”

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
25 mar 2020

Fondatore della società di consulenza Lighthouse, specializzato in strategia e sviluppo dei marchi e coautore del libro Le luxe demain. Les nouvelles règles du jeu (“Il lusso domani. Le nuove regole del gioco”, ndr.), uscito per le edizioni Dunod, che ha scritto a sei mani con Isabelle Musnik e Philippe Gaillochet, Yves Hanania analizza l'elettroshock che sta attraversando l'industria del lusso a causa dell'impatto sugli scambi commerciali dell'epidemia di coronavirus, e spiega a FashionNetwork.com come questa crisi trasformerà profondamente il settore.

Yves Hanania - ©Artman-Agency


FashionNetwork.com: Quale impatto avrà la crisi del coronavirus sul mercato del lusso?
Yves Hanania:Il lusso, come molti comparti, probabilmente cambierà per sempre. Ma al momento è difficile immaginare la portata o la natura di questa evoluzione. Non possiamo confrontarla completamente con la crisi del 2008, in quanto la situazione che affrontiamo oggi è totalmente diversa. Ma abbiamo a che fare, come a quel tempo, con una crisi molto importante. Dodici anni fa, gli osservatori pensavano che avrebbe cambiato il modo di consumare e avrebbe segnato la fine di alcuni eccessi, ma così non è stato, perché ci saranno sempre persone pronte a consumare.
 
FNW: Quali sono i possibili scenari?
YH: O i consumatori vorranno divertirsi come negli anni '20, o la riflessione e il ritorno all'autenticità prenderanno il sopravvento. Fino ad ora, non abbiamo mai avuto così tanto tempo, per esempio, per stare insieme con la famiglia o dedicarci alla riflessione come in questo periodo di confino. Questa esperienza ripristinerà senza dubbio l'ordine delle priorità. I consumatori saranno certamente indotti a consumare diversamente.

FNW: Quale sarà la natura di questo cambiamento?
YH: Il mercato non cambierà radicalmente. Anche se si tratta di una crisi unica e globale, non sarà tutto capovolto. Il lusso potrà subire uno shock, ma non crollerà. Tuttavia, ciò accelererà chiaramente un certo numero di evoluzioni, con la presa di coscienza di una certa superficialità nel nostro modo di consumare. Questo cambiamento dovrebbe innanzitutto influenzare i consumatori. Siamo noi, in effetti, i primi colpevoli. Non possiamo chiedere ai marchi di produrre di meno, pur continuando a consumare come abbiamo fatto finora. Di conseguenza, i marchi adegueranno la loro offerta a una nuova domanda. Qui avranno un appuntamento davvero da non perdere.
 
FNW: Vale a dire?
YH: L’industria del lusso dovrà definire una strategia di uscita dalla crisi a più lungo termine, che preveda importanti tendenze. Non avevamo certo bisogno di questa crisi per capire quanto la macchina si stesse ingolfando, oberata da ritmi sempre più frenetici. Tanto che il settore aveva già avviato una riflessione, impegnandosi ad essere maggiormente responsabile. Ma lì, ci sarà un'accelerazione della posizione assunta dai marchi, che sarà possibile solo se anche i consumatori cambieranno il loro comportamento. I brand dovranno reinventare il proprio modello economico, proprio come il mondo finanziario, che dovrà evolversi orientandosi verso valutazioni diverse, non più esclusivamente legate alla redditività aziendale.
 
FNW: Nel suo libro anticipa questo movimento...
YH: Ci sono diverse tesi sviluppate nel libro che assumeranno effettivamente il loro pieno significato con questa crisi del coronavirus. Sulla scia del vertice di Copenaghen, la necessità di adottare uno sviluppo sostenibile è stata presa a cuore come mai prima dai grandi gruppi del lusso. Abbiamo osservato un'eccitazione al riguardo, che ora potrebbe concretizzarsi davvero. È un momento chiave unico, che i marchi non devono lasciarsi sfuggire, per mostrarsi sempre più impegnati e responsabili. Ma tutto resta da definire.
 
FNW: La crisi del coronavirus ha evidenziato, ad esempio, la dipendenza dei marchi da alcune regioni come la Cina...
YH: In termini di produzione, il lusso normalmente ne esce meglio, perché produce principalmente in Europa. Ma per marchi più accessibili, che producono soprattutto in Asia, si pone il problema degli approvvigionamenti. Anche se alla fine, la crisi ha colpito anche l'Italia, dove si trovano molte fabbriche di beni di lusso. Quindi ci saranno sicuramente dei ribilanciamenti e dei movimenti di delocalizzazione. Le griffe si porranno la questione non solo in termini di dipendenza, ma anche in termini di impatto sul pianeta. Far produrre molto lontano implica trasporti lunghi e inquinanti, che sono sempre meno tollerati.
 
FNW: Quali altri bilanciamenti avverranno?
YH: Per quanto riguarda i consumi, alcuni marchi hanno vissuto sulla loro pelle quanto dipendano dal mercato cinese. Data questa crisi, i nuovi mercati, come l’India o l’Africa, potrebbero prendere il sopravvento più rapidamente del previsto. In ogni caso, ciò spingerà le aziende a diversificare ulteriormente i loro sbocchi finali. Possiamo anche immaginare che l'e-commerce assuma ben più importanza, soprattutto per i marchi che erano ancora riluttanti nei confronti delle vendite digitali. Questo potrebbe costituire un elemento della risposta a questa crisi. È anche l'occasione perfetta per immettere sul mercato vecchi prodotti, rafforzando il mercato dei prodotti di seconda mano, che accelererà.
 
FNW: Chi saranno i vincitori e gli sconfitti?
YH: Questa crisi si porterà dietro la sua quota di collassi economici, specialmente per quella parte del settore in cui l'offerta è abbondante. Dove ci sono forse troppi player, che sono meno attrezzati e meno finanziati. D'altra parte, quelli che emergeranno saranno i marchi meglio posizionati in termini di valori e impegno. Essi sono già armati per rispondere a questo appuntamento. Nel lusso, i nostri GAFAM (i giganti del Web: Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft, ndr.), quelli che abbiamo definito i KHOLC (Kering, Hermès, L’Oréal, LVMH e Chanel) sono molto ben posizionati per riprendersi e avviare un vero e solido cambiamento. Più che concentrarsi sul limitare i danni, i marchi di lusso accelereranno la loro reinvenzione.
 
FNW: In che modo?
YH: L'attuale crisi spingerà sicuramente le aziende a cambiare il modo in cui comunicano, ad essere più responsabili, a posizionarsi in relazione alla propria produzione. Ci sarà un'offerta diversa? Senza dubbio. L'industria dovrebbe orientarsi verso un'offerta più responsabile e più mitigata. Si possono immaginare iniziative che non saranno più dettate dalla corsa alla produzione o alle collezioni limitate. Tutte queste domande venivano poste già prima. Questo è il motivo per cui penso che assisteremo a un vero cambiamento di paradigma, cultura, approccio al consumo, al quale il lusso si adatterà.
 
FNW: Ma come potranno accettare i grandi marchi il concetto di produrre di meno?
YH: Le sfide economiche e finanziarie sono molto importanti, perché gli attori dell’universo del lusso dovranno accettare un rallentamento dei regimi. Ma non si tratta solo di produrre di meno. Certo, bisognerà continuare a farlo in modo misurato. Ricordiamo che il settore impiega migliaia di persone ed è fuori questione affrontare la situazione in maniera radicale.
 
FNW: Quali sono le soluzioni per operare una tale mutazione?
YH: Altri modelli possono essere implementati. Gli ecosistemi dei marchi non riguardano soltanto il prodotto. I brand dovranno evolversi diversificando la loro tipologia d’offerta, aprendosi ad esempio ad altre attività come la ristorazione, o stimolando la domanda in termini di esperienze. Un tale shock, senza essere benefico, può essere benissimo orientato verso un nuovo paradigma, una nuova forma di consumo. E in questo contesto, il lusso saprà rafforzare la sua ragion d'essere.

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