Vivarte: l'ora dello smantellamento
Il gruppo Vivarte vende i suoi gioielli. L'azienda francese ha infatti comunicato di aver messo sul mercato André, storico brand che una volta dava il nome al gruppo, e anche di voler cedere Naf Naf, del cui destino si era finora parlato poco, e poi nuova ondata di chiusure e tagli di posti di lavoro da La Halle aux Chaussures... E dopo la recente vendita della Compagnie Vosgienne de la Chaussure, presto sarà il turno di Pataugas, Chevignon e Kookaï. Si tratta di 6 marchi su 14 dai quali il gruppo si è separato (o si appresta a farlo) in pochi mesi.
Da tre mesi, i dipendenti del gruppo erano in allarme: la cacciata improvvisa dell'ex amministratore delegato, Stéphane Maquaire, a beneficio dell'esperto in ristrutturazioni Patrick Puy era presentata come il preludio a uno smantellamento del gigante francese dell'abbigliamento. In un assordante silenzio politico e mediatico, i mesi sono passati e i segnali sono diventati più precisi. E finalmente, alla fine di gennaio, si è rivelata la vera natura della "gestione in discontinuità" attuata dal CEO Patrick Puy.
Salvo nuovi annunci, Vivarte manterrà nel segmento delle calzature solamente i brand Minelli, San Marina e CosmoParis. Il polo moda conterà solo su Caroll, mentre La Halle e una Halle aux Chaussures ormai in scala ridotta si fondono. A questo si aggiungono l'altro marchio di scarpe di periferia Besson e gli asset spagnoli, Fosco e Merkal. Il PDG Patrick Puy indicava di voler "assottigliare" il gruppo, ma questa sembra più un'emorragia, e dei marchi più grandi.
Lunedì 23 gennaio sono stati annunciati per La Halle aux Chaussures e per Vivarte Services due piani di salvaguardia dell'occupazione (PSE). Ai quali si è aggiunta la mattina seguente la messa in vendita di André e della sua rete di 135 negozi che danno lavoro a 786 persone. Poi è stato messo sul mercato Naf Naf, che conta circa 180 vetrine in Francia e 400 punti vendita nel mondo.
Contattato, Bercy finora non ha risposto. Secondo le nostre informazioni, il caso Vivarte nel mese di dicembre è stato al centro di incontro animato al Comitato Interministeriale di Ristrutturazione Industriale (Comité Interministériel de Restructuration Industrielle-CIRI). Fonti ministeriali indicano che allora era stato fatto un avvertimento a Vivarte, comunicatogli dai fondi che hanno acquisito il suo debito e che siedono nella sua direzione. In caso di vendita di un grande marchio, lo Stato, che l'anno scorso ha versato al gruppo 14 milioni di euro di credito d'imposta per la competitività e l'occupazione, si assicurerebbe che i fondi si preoccupino del dare benefici al gruppo e non ad essi stessi.
“I 17.000 lavoratori sono prigionieri di questi fondi avvoltoio”, riassume invece Marc Lelandais, uno dei sei PDG ad essersi succeduti alla direzione del gruppo in questi ultimi 4 anni, lunedì 23 gennaio su “franceinfo”. “Nel giugno del 2013, l'azienda è stata oggetto di un "raid" da parte di questi fondi speculativi, che l'hanno messa in una situazione di fragilità con i suoi fornitori, con varie banche, e un po' con tutti. In pochi giorni, Vivarte è passato da una fase nella quale il gruppo si stava riassestando a una situazione che l'ha fatto precipitare in una crisi profonda”.
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