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7 lug 2022
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Unizip: focus sullo sviluppo di mercati esteri, digitalizzazione e sostenibilità

Pubblicato il
7 lug 2022

La modenese Unizip, importante realtà emiliana che disegna e produce chiusure lampo per aziende di moda e lusso come Giorgio Armani, Max Mara, Alexander Wang, Balenciaga, Herno, Alexander McQueen, Dior, Oakley o Pangaia, imposta un piano di crescita di medio-lungo periodo che punta all’espansione sui mercati internazionali, alla digitalizzazione, alla sostenibilità, ma anche al welfare aziendale – con un link con il mondo dell’arte.

Simonetta Pasini, CEO e proprietaria di Unizip


L’articolato piano parte dal rafforzamento della posizione di Unizip sui mercati internazionali, mantenendo fede alla storia di artigianalità tipicamente italiana dell’azienda. Unizip ha superato i 3 milioni di euro di fatturato nel 2021. Il 40% arriva proprio dall’estero, con Germania, Francia, Portogallo e Inghilterra come mercati prevalenti. Undici i collaboratori diretti della società: otto donne e tre uomini.
 
L’attenzione attribuita da Unizip al ridurre il più possibile l’impatto sull’ambiente è invece determinata dall’adozione delle linee guida definite dai programmi Detox e Zero Discharge of Hazardous Chemicals (ZHDC), mentre un investimento importante è previsto nel campo della digitalizzazione. “Ci pensavamo da tempo, ma il lockdown ci ha spinto ad accelerare questo percorso”, spiega in una nota Simonetta Pasini, CEO di Unizip e terza generazione della famiglia fondatrice. “Ci siamo accorti che molte riunioni potevano essere organizzate in remoto senza penalizzare in alcun modo il risultato e, soprattutto, senza incidere sulla condivisione delle informazioni con i nostri partner. Di fatto andremo a creare uno showroom virtuale in cui le persone potranno entrare ogni volta che ce lo chiederanno”.

L’azienda è stata fondata nel 1995 ed oggi è totalmente di proprietà di Simonetta Pasini, ma affonda le proprie radici nel secondo dopoguerra, quando il nonno Mario, prima di aprire un suo negozio nel centro di Modena, frequentava con il proprio carretto i mercati della zona, proponendo materiale per i sarti. Fu il padre di Simonetta, Gianni Pasini, a far fare il primo salto di qualità all’azienda, grazie soprattutto all’acquisizione di diverse rappresentanze, tra cui anche quella di storiche aziende produttrici di chiusure lampo. In quel periodo nacque la passione di Simonetta Pasini per le zip e la voglia di creare qualcosa di suo e di unico, da qui il nome Unizip.

Intanto, la società emiliana ha sviluppato, in collaborazione con l'artista-fotografo modenese Giancarlo Fabbi, il progetto "Unizip incontra l'arte", che si svilupperà nell’arco dei prossimi mesi ed è iniziato qualche settimana fa in occasione della mostra d’arte contemporanea “Arte in Provenza” promossa da Patty’s Art Gallery. La galleria ha ospitato le opere (quadri, fotografie, statue e installazioni) di 29 eclettici artisti. L’iniziativa ha portato alla creazione di un volume con gli scatti artistici di Fabbi delle zip dell’azienda modenese, che verrà regalato ai clienti.

Unizip incontra l'arte - Foto: Giancarlo Fabbi


Ma qual è la storia della zip? “Ci è voluto meno tempo a inventare e perfezionare l’aereo o il computer”, spiega Robert Friedel, storico dell’università del Maryland in un saggio dedicato alla cerniera lampo. La primissima versione della zip risale al 1851. Fu brevettata da Elias Howe, lo stesso che inventò la macchina per cucire, e fu tutt’altro che un successo: si apriva nei momenti meno opportuni, era difficile da usare, costosa da produrre e si rompeva facilmente. L’idea fu ripresa 44 anni dopo da Whitcomb Judson: molto più complicata della cerniera di oggi, venne proposta all’Esposizione Universale di Chicago del 1893 come alternativa alle stringhe per le scarpe.

L’evoluzione definitiva arrivò solo nel 1917, quando Gideon Sundback ebbe l’idea di aumentare i denti da 1 ogni 6,4 mm a 1 ogni 2,5 mm e di introdurre una rientranza che ne facilitasse l’aggancio e lo sgancio. Sundback, grazie a due finanziatori privati, progettò e costruì anche la macchina per la realizzazione delle sue zip. Ma la chiusura lampo era destinata a essere impiegata solo su borse e scarpe ancora per due decenni, fino a quando, negli anni ‘30, il giornale Esquire la sdoganò come idea destinata a rivoluzionare i pantaloni e, di conseguenza, tutta la moda maschile.

A metà degli anni ‘50 la zip venne ulteriormente perfezionata dall’esercito americano, che la utilizzò per sigillare le borse destinate al trasporto dei materiali sensibili all’umidità. E nel 1958 venne impiegata anche dalla Nasa per realizzare le prime tute pressurizzate per astronauti. Nel tempo l’evoluzione della lampo non si è mai arrestata. Nuovi materiali e nuove tecnologie l’hanno reinventata più volte: ci sono quelle magnetiche, che possono essere allacciate con una sola mano, o quelle nascoste all’interno dei vestiti e che consentono di cambiarne la forma e il disegno. “L’unica certezza è che oggi è impossibile immaginare il mondo della moda senza le zip”, conclude Simonetta Pasini.

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