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17 giu 2013
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Umberto Angeloni (Caruso): “Solo chi ha mantenuto la rotta sul prodotto continua a crescere”

Pubblicato il
17 giu 2013

Alla vigilia di Pitti Uomo, che si svolge a Firenze dal 18 al 21 giugno e delle sfilate milanesi (22-25 giugno) dedicate alle collezioni uomo della primavera/estate 2014, l’Amministratore Delegato di Caruso, una delle aziende leader in Italia nella produzione di abbigliamento maschile di lusso, Umberto Angeloni, analizza l’evoluzione del mercato del menswear e fa il punto sul Made in Italy oggi.

Umberto Angeloni


FashionMag.com: Qual è la situazione del mercato della moda Uomo?
Umberto Angeloni: Quest’anno è un periodo particolarmente difficile. Non è vero che il lusso è anticiclico. Il lusso è ciclico! Tanti marchi sono sopravissuti grazie alla Cina, ma adesso che la Cina ha smesso di crescere a gran ritmo, molti sono in difficoltà.

FM: Qual è l’impatto del rallentamento in Cina sulla moda Uomo?
UA: Non si tratta di un semplice rallentamento. La Cina sta registrando un vero e proprio calo. I nuovi vertici politici cinesi hanno lanciato una campagna contro l’eccesso di consumo vistoso e opulento, che sta avendo un impatto non indifferente sugli acquisti del lusso. Per seguire questo eldorado asiatico certi brand hanno cambiato lo stile, la produzione e ampliato la loro distribuzione. Ma agendo così hanno perso il cliente in Europa. Solo i marchi che hanno saputo mantenere il loro cliente organico europeo, per esempio Hermès, vanno avanti. Si sta mettendo in atto una sorta di pulizia etica.

FM: Come si è evoluto il consumatore in questi ultimi anni?
UA: Questo è l’altro trend importante. Il cliente oggi impara, studia, si evolve. Quindi non ci si può più permettere, come fanno certi brand, di barare sul processo produttivo, sul prezzo e sull’origine. Solo chi ha mantenuto la rotta sul prodotto continua a crescere. Invece chi ha tenuto un pricing più di prestigio che di prodotto, pensando che il marchio contava più di tutto il resto, deve fare ora i conti con una nuova realtà.

FM: Qual è il potenziale di sviluppo dell’abbigliamento maschile?
UA: Il nuovo mondo ha adottato il modo di vestire occidentale. Come l’inglese è diventata la lingua mondiale, l’abito è ora universale, corrisponde al codice del potere. Ha un enorme potenziale. Se ne sono accorti tutti! Sono sempre più numerosi in effetti i marchi che si lanciano sul segmento maschile. In particolare nel segmento dell’Uomo sartoriale. L’abito viene indossato molto più dello sportswear, si adatta ad ogni esigenza, dal lavoro alla sera. Chi faceva l’accessorio oppure un menswear normale fa ora anche la linea sartoriale. Nel 2011 il totale del volume dell’abbigliamento maschile ha eguagliato quello della donna e nel 2012 ha iniziato a superarlo. Secondo le previsioni il segmento del lusso quest’anno dovrebbe crescere del 5-6%. Per l’Uomo l’incremento potrebbe anche essere il doppio.

FM: Che impatto ha questo ritorno del formale sul Made in Italy?
UA: Il Made in Italy è diventato un marchio nel marchio. Siccome è il consumatore che l’ha deciso, decretando che il Made in Italy è sinonimo di qualità, è un fenomeno destinato a durare. Vedo tanti marchi esteri che stanno arrivando in Italia. Molti marchi italiani, che hanno delocalizzato la produzione all’estero, creano ora delle linee sartoriali realizzate in Italia.

FM: La sua azienda Caruso produce le collezioni maschili per 15 grandi maison della moda. Quante sono le griffe italiane?
UA: Nessuna. Ci definiamo come “la fabbrica sartoriale italiana”. Siamo riusciti in effetti a combinare tre realtà che sono industria, haute couture per la creatività, e sartoria per i dettagli, con una parte del lavoro fatto a mano e la realizzazione di un capospalla esclusivamente intelato e non termo-incollato. Tutto questo ha un costo che per qualcuno può sembrare troppo elevato.

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