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17 giu 2011
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Tunisia: verso un aumento dei costi di produzione?

Pubblicato il
17 giu 2011


Ben Yahia Dalila, direttrice generale del tessile-abbigliamento al Ministero dell'Industria e delle Tecnologie
Quale economia dopo Ben Ali? E' in sostanza la domanda che ha tormentato gli imprenditori euro-mediterranei con l'affermarsi della democrazia in Tunisia. Perché con, ad oggi, ben 80 partiti politici e un gran numero di rivendicazioni sociali e salariali, alcuni osservatori si sono affrettati a profetizzare un aumento dei costi di produzione. Ma, per Ben Yahia Dalila, direttrice generale del tessile-abbigliamento al Ministero dell'Industria e delle Tecnologie, uno tsunami salariale non è d'attualità.

"Continuano le negoziazioni tra la federazione tunisina del tessile (Fenatex) e l’Unione dei lavoratori tunisini (UIT)", spiega la dirigente. "Alcuni hanno inoltre negoziato un aumento del 5%, in anticipo sugli aumenti futuri, che dovrà essere ufficializzato in luglio. Ma non ci sono stati incrementi improvvisi dei salari, che alla fine sono rimasti simili a quelli dell'anno scorso".

Delle parole rassicuranti, che tuttavia non hanno impedito, dal mese di gennaio, una rarefazione degli investimenti stranieri diretti in Tunisia, con l'eccezione delle tecnologie informatiche e delle comunicazioni. Il codice di incentivi agli investimenti, di cui si giovano 1.100 società, si è infatti in parte scontrato con i timori di aumenti delle tasse. "Se è vero che una nuova imposta è effettivamente stata creata, è altrettanto reale che è piuttosto simbolica", smorza tuttavia i toni Ben Yahia Dalila, la quale ricorda che il Paese è tornato a crescite a due cifre nelle esportazioni dopo la Rivoluzione dei Gelsomini.

Una bella chance per i professionisti del tessile-abbigliamento, che valgono il 5% del PIL nazionale, e si sono riuniti la settimana scorsa sul salone Texmed. Forte di 2.100 aziende, il settore è stato alla fine largamente risparmiato dalla transizione. "Sono state 65 le imprese danneggiate, toccate da difficoltà bancarie, o da problemi sociali", riassume Ben Yahia Dalila. "Alla data odierna, solo 14 aziende sono ancora ferme". Con il 44% dei posti di lavoro nell'industria del Paese, il tessile impiega ad oggi circa 200.000 lavoratori tunisini. Un argomento forte, molto importante per lo sviluppo di un Paese dove il 29,8% dei 18-24enni è disoccupato.

Mentre il Sud del Paese deve ancora fare i conti col conflitto libico, la Tunisia intende in ultima analisi garantirsi un posto tutto suo all'interno dello spazio Euromed, approfittando di una produzione cinese che sta tornando a rivolgersi verso il suo mercato di casa, e monitorando lo sviluppo della concorrenza turca. "Abbiamo un accordo di libero-scambio con la Turchia", ricorda Ben Yahia Dalila. "Ma ci piacerebbe poter approfittare dello stesso statuto che ha presso l’U.E., con l'esenzione dagli aumenti all'ingresso nell’Unione". Un'evoluzione lontana dall'essere d'attualità, nonostante gli stessi turchi abbiano riconosciuto il potenziale tunisino attraverso una recente serie di investimenti nel Paese.

"Credo nella nostra posizione di leader della piattaforma Euromed. Ma questo richiede la messa in atto di nuovi meccanismi", conclude la direttrice generale del tessile-abbigliamento tunisino. "E' evidente che democrazia non fa necessariamente rima con crescita economica. Tutto dipenderà dal modo in cui si procederà, e abbiamo intenzione di prenderci il tempo necessario per procedere e fare bene".

Matthieu Guinebault (Versione italiana di Gianluca Bolelli)

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