Adnkronos
6 ott 2014
Tricarico: "Arena in salute, rispetteremo il target 2014"
Adnkronos
6 ott 2014
Una crescita costante dopo il rallentamento subito tra il 2009 e il 2012; una quota di mercato al 60%; la sponsorizzazione, tra le altre, della Federazione Italiana Nuoto (contratto fino alle Olimpiadi di Rio incluse) e della nazionale americana di nuoto. Un headquarter a Tolentino, ma con business unit all'estero, non da ultima quella aperta tre anni fa negli USA, Arena, brand che con Speedo si contende il mercato mondiale dell'industria dello swimwear, molto forte nel racing "è un'azienda incredibilmente in salute e sta crescendo molto, fondamentalmente perché sta crescendo la sua presenza a livello globale". Lo spiega all'Adnkronos il general manager per l'Italia, Enrico Maria Tricarico, che assicura: "Per il 2014 rispetteremo i target".
Che, per quanto riguarda il fatturato, è pari a quasi +5%, a partire dai 50 milioni di euro di giro d'affari dello scorso anno. Arena Mondo ha chiuso il 2013 con un fatturato globale pari a circa 400 milioni di euro, di cui il 40% realizzato da Arena Asia (11 Paesi che sono una realtà completamente separata da Arena Resto del Mondo, essendo stata ceduta anni al distributore asiatico) e per il restante 60% dall'azienda basata nelle Marche, che opera in più di 100 nazioni con filiali dirette in Francia, Germania e negli USA.
"Siamo entrati negli Stati Uniti con una business unit diretta, dopo tanti anni di gestione tramite un distributore, appena tre anni fa e da quel momento i margini di espansione, in un mercato dove ci sono 35 milioni di nuotatori, contro i tre milioni che ci sono in Italia, sono aumentati incredibilmente. Trentacinque milioni di nuotatori sono un patrimonio importantissimo", fa notare Tricarico, evidenziando che "noi siamo entrati da poco e i tassi di crescita in quell'ambito sono stratosferici, eccezionali". Contemporaneamente "stiamo crescendo bene con tutti i distributori internazionali, con Germania, Francia e Italia che sono in trend leggermente positivo".
In Italia "quest'anno il target era di una crescita inferiore al 5% e la stiamo assolutamente raggiungendo. A livello di mondo chiaramente la crescita è a doppia cifra. Tutto questo in un mercato che in maniera molto coerente con quello che succede fuori lo scorso anno ha perso tra il 6 e il 10% (a seconda delle modalità di rilevazione) e che quest'anno perderà almeno il 4%. Noi siamo in controtendenza. Escluso un grande player importante che non è tracciabile, ovvero Decathlon, il mondo dello sport dice che noi siamo passati dal 50% di quota di mercato che avevamo 18 mesi fa al 57,5% a giugno di quest'anno".
Buone notizie anche sul fronte occupazionale. La società impiega oggi, come gruppo, oltre 250 persone, la maggior parte delle quali, oltre 150, nello stabilimento di Tolentino. "Non abbiamo mai subito alcuna nessuna ristrutturazione o riduzione dei ranghi. Anzi ogni inserimento per stage che stiamo facendo ha portato a conferme e assunzioni (ad oggi sette)". Oggi Arena, ad eccezione di una partecipazione assolutamente minoritaria dei manager, è di proprietà del fondo svizzero-tedesco Capvis, che l'ha acquisita da l fondo di private equity americano Riverside.
"Arena - sottolinea il general manager - è un'azienda molto interessante per il mondo dei fondi. Dimostrazione è che dal 2001, in 14 anni, abbiamo avuto quattro diversi fondi che si sono succeduti. Questo mediamente accade per due motivazioni: o perché l'azienda va male e ogni fondo tende a liberarsi dell'investimento, o perché va particolarmente bene e dunque c'è un realizzo in tempi molto rapidi di quello che è l'investimento iniziale". "Questo - chiosa - è il nostro caso. Riverside è uscita con due anni e mezzo di anticipo rispetto alla sua pianificazione, perché il risultato che aveva raggiunto era già in linea con le aspettative e questo è il motivo per cui c'è stato questo avvicendamento".
"Non non siamo - precisa - un'azienda vicina alla logica della public company, ma più legata a questo tipo di struttura. Quello che un giorno potrebbe succedere è che dopo tanti fondi di natura finanziaria potremmo magari arrivare a essere acquisiti da un fondo di natura più industriale, magari da una grande multinazionale dello sport e a quel punto la storia di successioni potrebbe interrompersi".
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