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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
21 dic 2020
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Swarovski: disputa tra gli eredi nel regno (in declino) dei cristalli

Di
AFP
Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
21 dic 2020

All'ombra delle Alpi austriache, la storica sede di Swarovski espone i cristalli che l'hanno resa famosa, dagli outfit di Marilyn Monroe e Beyoncé agli abiti della maison Dior.

AFP


Ma dietro lo sfarzo, una delle ultime imprese familiari di lusso si sta lacerando per la strategia da adottare per ridare lustro al suo impero tirolese, destabilizzato dal rullo compressore cinese e dalla pandemia di Covid-19.
 
Occorre abbandonare il mercato dei gioielli di massa per concentrarsi su prodotti di fascia alta con margini elevati, anche se ciò significa quotarsi in Borsa e aprire il capitale, si è chiesta la dirigenza austriaca? E la risposta del management di Swarovski è stata: sì. Ne è scaturito un piano strategico che prevede anche drastici tagli al personale.

Di fronte a questo piano di battaglia del CEO Robert Buchbauer, parte del clan si sta ribellando e tenta di “allontanare dal timone” un capitano accusato dal lontano cugino Paul Swarovski di “dirigere la barca verso gli scogli”.
 
Nel mondo ovattato della gioielleria, di solito i panni sporchi si lavano in famiglia. La storica società, ormai un’istituzione, fondata 125 anni fa a Wattens, non aveva mai manifestato pubblicamente un tale disaccordo.
 
Ma il panico sembra ormai dominare gli eredi di Daniel Swarovski, l’uomo che aveva sviluppato una macchina che trasforma il vetro in un collage di diamanti, per prodotti finali scintillanti, ma a buon mercato.
 
La pandemia di coronavirus, che ha causato la chiusura temporanea di un numero molto elevato di punti vendita dell’azienda nel mondo, ha pericolosamente accelerato un declino che si osserva già da diverso tempo.
 
I ricavi dovrebbero diminuire del 30% nel 2020, a 1,9 miliardi di euro, per Swarovski Crystal Business, core business del gruppo del cigno.
 
Oltre alla crisi sanitaria, Swarovski risente della concorrenza asiatica, che agli occhi del grande pubblico è in grado di fornire un prodotto simile al suo ad un prezzo che è l'1% di quello degli articoli dell’azienda tirolese.
 
E ricordare e richiamare il glorioso passato dell’azienda non è più sufficiente a convincere i clienti negli Stati Uniti e in Asia.
 
“Dobbiamo reinventarci e riorganizzare tutta la nostra attività”, dice all’agenzia AFP Robert Buchbauer, testa glabra e abito verde bottiglia presso la sede deserta dell'azienda, che di solito accoglie 650.000 turisti all'anno in un parco dedicato.
 
Secondo lui, bisogna smettere di produrre i set da manicure o le custodie per cellulari decorate di cristalli, che sicuramente hanno contribuito a rendere popolare il marchio, ma che ora non trovano più posto nella sua attuale gamma.
 
Il CEO invita invece a puntare su cristalli più colorati e sofisticati, che possono essere venduti a un prezzo più alto.
 
Buchbauer ha anche pianificato una severa cura dimagrante: l'azienda, presente in 170 nazioni e con 29.000 dipendenti sparsi tra Austria, India, Thailandia, Vietnam, Serbia e Stati Uniti, licenzierà 6.000 persone e chiuderà in modo definitivo 750 dei suoi 3.000 negozi.
 
Nella sola Wattens, circa 1.200 dipendenti sono già stati licenziati e altri 600 posti di lavoro sono a rischio nel 2021. Un fatto impensabile solo fino a pochi anni fa, in un paese abituato alla piena occupazione.
 
Robert Buchbauer ha un bel da insistere sul fatto che “non c'è altra soluzione per entrare in una nuova era”, resta comunque evidente che tutte queste partenze dal principale datore di lavoro della valle austriaca fanno rabbrividire.
 
La situazione “è tesa, l'atmosfera è brutta”, si lamenta la rappresentante sindacale Selina Staerz, sentita in mezzo tra due riunioni realizzate per dare indicazioni ad un personale disorientato.
 
Le foto su Internet delle vacanze al sole dei discendenti del fondatore o degli arrivi in ​​elicottero alle riunioni non fanno che aumentare la frustrazione e l'incredulità degli eserciti dei sacrificati.
 
Sì, perché poi l'80% degli azionisti della famiglia fondatrice e proprietaria, che vivono sparsi per il mondo, nell'assemblea generale di fine ottobre non si sono battuti contro il drastico rimedio imposto, ma lo hanno sostenuto.
 
Riunite attorno a Paul Swarovski, le voci dissenzienti hanno presentato un ricorso per contrastare questa strategia, sostenendo di avere diritto di veto.
 
In ogni caso, dice Selina Staerz, le persone hanno perso fiducia in un datore di lavoro che una volta veniva lodato per i benefit che concedeva, dall'alloggio all'asilo nido.
 
Molti di questi dipendenti che dietro le quinte hanno contribuito alla fortuna del brand non credono che Swarovski riuscirà nel suo intento di crescere di gamma. “I super ricchi non hanno bisogno dei cristalli Swarovski. Possono permettersi i diamanti”, afferma con amarezza la sindacalista.

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