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1 dic 2020
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Silvia Venturini Fendi: “Moda etica e visione di sistema imprescindibili. Altaroma 2021 sarà a febbraio”

Pubblicato il
1 dic 2020

Silvia Venturini Fendi, Presidente di Altaroma, è uno degli esperti, imprenditori e operatori dell’universo fashion che si sono confrontati sul tema della sostenibilità nel corso della terza e ultima tappa, tenutasi in forma virtuale a Roma, di “The age of new visions”, uno dei forum di confronto organizzati da UniCredit in collaborazione con Pitti Immagine, Camera Nazionale della Moda Italiana, Altaroma e Nomisma dedicati alle strategie di rilancio del comparto moda Made in Italy. Al centro del primo focus, che si è svolto a Firenze lo scorso 10 novembre, ci furono i nuovi modelli di comunicazione, mentre l’e-commerce e la digitalizzazione sono stati i temi cardine dell’evento del 24 novembre a Milano.

Silvia Venturini Fendi durante il suo intervento


Secondo Silvia Venturini Fendi, "la visione per il futuro, anche per uscire da una crisi indubbiamente senza precedenti, passa necessariamente per una visione di sistema, che ritengo imprescindibile in questo momento". Ricordando come i tre poli della moda e alta moda italiana (Roma, Milano e Firenze) continuino a dialogare e integrare i rispettivi progetti, la dirigente ha rivelato che "proprio in quest'ottica, nell'ultimo CdA di Altaroma abbiamo deciso di avvicinare la prossima edizione della manifestazione alle date comunicate da Firenze e Milano, tenendo Altaroma dal 17 al 20 febbraio 2021, proprio a ridosso delle date fiorentine e milanesi. Una coesione che non può far altro che valorizzare il Made in Italy".

"Da Altaroma, che considero una 'pipeline', un vero e proprio incubatore di giovani talenti creativi della moda italiana, una sorta di ascensore professionale per il comparto", prosegue la Venturini Fendi, "sentiamo molto nostro il tema della sostenibilità, un percorso ormai obbligato per chi vuole crescere in questo settore, e soprattutto per quelle giovani impese che muovono i primi passi, imprescindibile per rispondere ad una domande dei consumatori. Lo abbiamo visto quest'anno all'interno del nostro progetto Showcase: circa il 60% dei brand erano interamente sostenibili. Il 70% dei partecipanti al progetto sono aziende nate da meno di 4 anni, per lo più aziende individuali o piccole imprese artigiane, soprattutto provenienti dal centro-sud Italia, prive di distribuzione strutturata e che non hanno mai partecipato a fiere né dispongono dei mezzi necessari per pubblicizzarsi".

"Noi le sosteniamo in un circuito virtuoso che dalle scuole di moda le accompagna fin verso sbocchi di business o concorsi", continua. "Dodici di questi designer parteciperanno alla prossima Maker Fair di Roma nella sezione dedicata a sostenibilità ed economia circolare. In più va ricordato che tutti e tre i primi vincitori del premio "Best Emerging Designer" ai Green Carpet Fashion Awards (Tiziano Guardini, Gilberto Calzolari, Flavia La Rocca) sono passati per Altaroma. E che oltre 60 marchi che hanno debuttato ad Altaroma sono stati protagonisti negli ultimi anni delle Fashion Week di Milano".
 
“Forse quando Altaroma fa qualcosa di rilevante è poco notiziabile, perché non ospitiamo brand famosi e quindi non otteniamo i titoloni dei giornali”, ironizza un po’ la presidentessa di Altaroma, “ma quando riscontriamo che l’80% dei designer che partecipano alle nostre manifestazioni ci riferisce di aver registrato un incremento di visibilità o di aver stabilito nuovi contatti con buyer internazionali siamo soddisfatti".


"Le due ultime Fashion Week di Altaroma hanno ospitato un ciclo di incontri sui temi di sostenibilità ed economia circolare", ha poi ricordato la Venturini Fendi, "e dalla prossima edizione del concorso "Who's On Next" contempleremo una sezione interamente dedicata alla moda sostenibile”.

“Ma voglio ricordare”, ha tenuto poi a sottolineare la Fendi, “che già dal 2008 Altaroma ha iniziato a parlare di queste tematiche grazie ad un incontro con Simone Cipriani, Responsabile della Ethical Fashion Initiative delle Nazioni Unite, che venne a parlarci di moda etica usando slogan e concetti molto disruptive per l'epoca - e per un Paese come l'Italia -, tipo 'Work and not Charity' o 'Hate for Trade'".

"Con lui abbiamo collaborato al progetto "Africa Inspires" dove ci si occupava di moda sostenibile", racconta la presidente, "intendendola anche in rapporto alla qualità di vita delle persone e ad opportunità di crescita in Paesi in via di sviluppo. Abbiamo sviluppato dibattiti o fatto incontrare aziende con piccoli produttori dell'Africa subsahariana, anche per favorire la crescita di microimprese e lavoro femminile, cercando di definire i contenuti di un protocollo di certificazione di eticità e conseguente monitoraggio dei prodotti. Quindi è ormai da oltre un decennio che ci adoperiamo affinché una moda etica sia possibile, prendendoci il lusso di andare un po' oltre e di essere non solo scout di idee e nuovi talenti, ma anche di driver valoriali per lo sviluppo della moda”.

​Dopo la piccola rivoluzione determinata da questa pandemia, Silvia Venturini Fendi ritiene che moda e qualità dei consumi “stiano cambiando e cambieranno ancora in modo rapido: consumeremo meno, ma meglio. Inoltre”, conclude, “penso che dovremmo ancor più concentrarci sulla moda etica, sul come creare valore investendo anche sul capitale sociale. Un concetto ancora più importante se si considera come il Fatto in Italia sia costituito da un substrato di imprese artigiane che hanno bisogno del nostro supporto”.
 
“Abbiamo sognato tanto assieme a Silvia”, ricorda con il suo consueto e passionale entusiasmo Simone Cipriani. “Con la Ethical Fashion Initiative che dirigo, lavoriamo sulla base dell’agenda 2030 e dei Sustainable Development Goals e operiamo utilizzando la catena del valore della moda come veicolo di sviluppo per rigenerare il capitale sociale e ambientale delle società in cui siamo attivi, caratterizzate da conflitti o estrema povertà (Africa, Afghanistan, ecc.). Lavoriamo”, prosegue, “per il lavoro più equo possibile e per decarbonizzare la catena di approvvigionamento della moda. Abbiamo la fortuna di lavorare in posti dove si producono le materie prime e quindi ci siamo immessi nella loro produzione usando criteri di coltivazioni organici o tecniche manuali; oppure, se si devono usare macchinari, utilizzando energie pulite, cecando di dare un forte contributo a quella neutralità climatica che è il tema principale degli accordi sul clima di Parigi”.

Simone Cipriani durante il suo intervento


“Con il lavoro che facciamo alle Nazioni Unite, ci siamo ritrovati nel cuore della sostenibilità”, racconta ancora Cipriani, “ed è per questo che abbiamo voluto creare la “UN Alliance for Sustainable Fashion”, unione di tutte le agenzie delle Nazioni Unite che hanno a vedere con la creazione di start up attive nella sostenibilità. Un campo di lavoro complesso e vastissimo, che può sembrare confuso. Siamo però stati in grado di identificare degli strumenti fattivi, che abbiamo voluto mettere insieme in un software che consente a noi o alle aziende della supply chain di mappare tutti i processi della catena di fornitura, identificando i gap in cui intervenire”.
 
“Ricordo che con Silvia Venturini Fendi”, chiosa Cipriani, “e con Carmina Campus, il marchio di moda totalmente etica di sua sorella Ilaria, ci dedicavamo alla circolarità non solo riciclando tanti materiali, ma anche costruendo prodotti già pensati per essere disassemblati e riusati per altre cose. Insieme a loro sognavamo un mondo migliore. Ecco questo è il vero cardine della sostenibilità: avere speranza in un mondo migliore”.

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