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Ansa
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25 lug 2010
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Si, l'abito fa il monaco, anche negli affari

Di
Ansa
Pubblicato il
25 lug 2010

Milano, 24 lug 2010 - Quanto conta l'abbigliamento in un incontro d'affari? O meglio, un modo opposto di vestire può tenere distanti persone che devono trovare un accordo? E viceversa, quanto pesa ritrovarsi nello stesso stile ai lati opposti del tavolo di discussione? Molto, dicono gli esperti.

Il drammatico dubbio del 'cosa mi metto' non riguarda dunque solo i primi appuntamenti sentimentali. E neppure soltanto i colloqui di lavoro o gli esami, quando il 'candidato' deve presentarsi al meglio. Riguardano ormai, e in modo più complicato, il delicato ambito delle riunioni d'affari. Ad esempio, se il boss della società con cui volete fare una joint-venture è un fanatico del maglione, chissà che non abbia un pregiudizio, magari inconscio, verso il vostro troppo formale abito scuro.


Una sfilata Dolce & Gabbana del 2010 - Foto: Pixel Formula
E se l'importante potenziale-cliente è un patito dell'eleganza, saprà passare sopra alla vostra insuperabile incapacità di scegliere la cravatta giusta? Secondo il The Economist Times, per esempio, quando il signor Mittal, miliardario del Punjab, ha incontrato lo sceicco Al Kharafi era molto teso, ma l'altro, vedendo che anche lui indossava calzature Moreschi fatte a mano (a Vigevano), lo ha abbracciato e ha detto "affare fatto!".

Peccato che alla riunione successiva - ha scritto ancora l'Economist Times - l'indiano non abbia avuto la furba accortezza di calzare le stesse scarpe, e l'accordo è andato a monte. Accessori scaramantici a parte, c'é chi narra di complicità immediate tra dirigenti donne di stile 'armaniano'. E chi riferisce di diffidenze profonde sul lavoro tra la 'capa' fan di Prada e l'assistente un po' tanto Dolce&Gabbana. Ma c'é di peggio. Un eccesso di attenzione per la moda può infastidire un superiore.

In una importante agenzia di pubbliche relazioni, pare che una pierre junior sia stata costretta ad andarsene perché la senior non sopportava avesse sempre l'ultimo grido in fatto di abiti firmati. Un uomo d'affari che odia le scarpe a punta non riuscirà a staccare lo sguardo dalle calzature appuntite del suo interlocutore, a scapito della concentrazione su ciò che l'altro sta dicendo (sembra che succedesse con Cesare Romiti, famoso per questa idiosincrasia).

Un elegantone come Giancarlo Giammetti, sodale di Valentino Garavani, può indossare le calze bianche sotto un vestito di lino crema e circolare sicuro di sé per Parigi. Ma provate a fare lo stesso, magari mettervele chiare, ma sbagliando accostamento con abito e scarpe, e andare a un incontro importante, con una persona di saldi ma banali principi di eleganza maschile. Beppe Modenese, storico pierre delle moda e gentiluomo sopraffino, con le scarpe color cuoio porta sempre le calze rosse (non bordeaux, proprio rosse, e gliele consigliò il pittore Balthus).

Ecco proprio Valentino dopo un défilé romano a luglio 2007 - Foto: Filippo Monteforte/AFP

Non imitatelo se non siete altrettanto raffinati in tutto, perché rischiate di farvi guardare storto. Viceversa, si narra di incontri finiti benissimo tra persone che se ne fregano di come sono vestite: riconoscere lo stesso menefreghismo (o snobismo?) nell'altro pare aiuti a intendersi. Viceversa, un signore classico-sartoriale considera troppo effimero l'interlocutore che mostri un eccesso di design nell'abbigliamento.

Gli architetti e i professionisti creativi, invece, si intendono tra loro presentandosi in casual-design, ma l'avvocato con pantaloni alla turca non convincerà il giudice in nessuna aula di tribunale italiano. La fan delle ballerine poi troverà volgare collaborare con colei che non scende mai dalle platform e farà di tutto per dirle - con cattiveria tagliente - che sono ormai out.

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