Shein: un formidabile meccanismo economico che potrebbe cedere sotto il peso di critiche e inchieste
Un po’ in tutto il mondo, il poster di Shein che sponsorizza le promozioni per il Black Friday è comparso su metropolitane, cartelloni pubblicitari e pensiline degli autobus. Il brand cinese, figura di spicco dell'ultra fast fashion, moltiplicherà i prezzi scontati: un vestito a 10,99 euro, un maglione a 11,49 euro, un giubbotto in similpelle a 36,49 euro, ecc. Il tutto potenziato da offerte aggiuntive o vendite lampo con prodotti a partire da 19 centesimi di euro. Una vasta offerta di moda, con più di 50.000 referenze di prodotto annunciate, e un prezzo aggressivo, che è l'expertise del marchio... e suscita critiche.

Diverse voci hanno denunciato la mancanza di rispetto che il management di Shein avrebbe per i diritti umani o il fatto che l'azienda utilizzi nelle sue produzioni cotone proveniente dallo Xinjiang.
Proprio questa settimana, la filiale tedesca di Greenpeace ha rivelato un'analisi della composizione dei prodotti Shein. Secondo l'ONG, su 47 prodotti testati, il 15% contiene sostanze chimiche pericolose che superano i limiti normativi dell'Unione Europea.
Più precisamente, 5 di questi prodotti hanno superato i limiti di concentrazione chimica di oltre il 100%, mentre 15 contenevano sostanze a livelli preoccupanti, ovvero superiori al livello di certificazione Oeko Tex del 32%, secondo la ONG.
Gli articoli - abbigliamento e calzature per uomo, donna, bambino e neonato - sono stati acquistati dai siti web di Shein in Spagna, Germania, Austria, Italia e Svizzera, oltre che da un negozio a Monaco di Baviera. L'analisi ha rilevato in particolare che gli ftalati sono presenti a livelli molto elevati nelle scarpe, così come la formaldeide nell'abbigliamento per bambini.
Greenpeace accusa dunque il colosso dell’abbigliamento di Nanchino di mettere in pericolo non solo la salute dei consumatori, ma anche quella delle lavoratrici e dei fornitori nelle sue fabbriche.

Ma queste critiche possono davvero far tremare il gigante che Shein è diventato? Da Shein, la guerra sui prezzi è pienamente accettata e data per scontata.
Il suo successo, il brand lo ha costruito soprattutto tramite i social e in particolare TikTok, conquistando una clientela di adolescenti e pre-adolescenti attratti da video coinvolgenti, messi nel mirino grazie a diversi algoritmi, e ai prezzi bassi. Una strategia che si unisce al continuo inserimenti di nuovi prodotti, che inizialmente aveva anche permesso al brand di passare sotto gli scanner dei maggiori player del settore.
In poche stagioni, il marchio Shein, fondato dieci anni fa da Chris Xu, è diventato un colosso globale della moda presente in più di 100 Paesi e che vanta milioni di clienti. La società non comunica le sue cifre, ma dalla raccolta fondi che ha effettuato a metà del 2022 sarebbe valutata 100 miliardi di euro. Per riuscire nella scommessa di sottrarre quote di mercato ai colossi del fast fashion, il fondatore di Shein ha implementato tattiche cinesi a livello globale.
“Il nostro fondatore, il signor Chris Xu, è entrato nell'e-commerce perché percepiva il panorama del commercio elettronico in Cina come molto più maturo che in altre regioni. Ha esaminato come adattare questi modelli BtoC su altri mercati”, spiega Leonard Lin, direttore della comunicazione del gruppo, basato a Singapore, “e in realtà non ha cominciato con la moda, ma con la vendita di occhiali. Alla fine, ci siamo spostati nel fashion perché abbiamo analizzato che la moda è un settore in cui è possibile massimizzare il valore di un modello di e-commerce”.

Attualmente Shein sta applicando le sue "ricette" alla moda donna, uomo e bambino, per prodotti che vengono venduti in tutto il mondo, estendendo la propria offerta a capi sportivi o di posizionamento leggermente più alto con la linea MOTF. Inoltre da qualche tempo firma delle capsule, come quella in vendita ora con i Rolling Stones.
Orientato al digitale, il brand sa come creare eventi, come ha fatto con la sfilata di giovani designer sulla Senna a margine dell'ultima Paris Fashion Week, o aprendo negozi temporanei, come fa più volte all'anno in Francia o come ha fatto a Milano lo scorso giugno o come nel caso di quello che ha attualmente attivo a Barcellona. E presto avvierà anche un pop-up bus a Londra.
Appuntamenti fisici che rafforzano la strategia del brand... il quale non ha nessuna intenzione di aprire store permanenti. “Siamo orgogliosi di come abbiamo costruito il nostro successo, dovuto a tre motivi principali”, precisa Leonard Lin. “Il primo è la nostra capacità di fornire una ricca varietà di prodotti per una base di consumatori sempre più ampia. La seconda ragione è che offriamo una gran varietà di taglie, stili e morfologie. Infine, l'altro elemento importante del nostro successo è che siamo in grado di fornire articoli dallo stile forte e convenienti in tutto il mondo”.
Ovviamente Shein non è l'unico marchio a farlo. Inditex o H&M avevano posto i primi paletti nella produzione di abbigliamento a prezzi molto convenienti cui era aggiunta una componente moda. Ma il management di Shein rivendica una formula che gli consente di andare ancora più oltre ed essere molto, molto aggressivo con i prezzi.
“Innanzitutto perché abbiamo un modello prettamente digitale rispetto ai player tradizionali del retail. Questo ci permette di risparmiare tanto sui costi, sia sugli affitti dei negozi, che sulle scorte o sui servizi condivisi”, dice il manager. “Il secondo risparmio riguarda il modello di lavoro coi nostri fornitori. Ci consideriamo un modello di produzione on-demand (su richiesta, ndr.) in tempo reale. Ciò significa che per ogni modello su cui lavoriamo produciamo solo un massimo di 200 pezzi per tutto il mondo. Questo ci differenzia dai rivenditori tradizionali, che analizzano tendenze e stili e prevedono la domanda. Con il nostro approccio di sistema su richiesta, riduciamo i costi perché produciamo di meno. In media, il livello di stock è nell'ordine del 30% presso un dettagliante. L'abbiamo ridotto a una sola cifra percentuale. In terzo luogo, ci affidiamo all'innovazione e alla tecnologia per migliorare l'efficienza e la produttività. Abbiamo il nostro sistema di gestione della catena di approvvigionamento. Abbiamo collocato i nostri fornitori su questo medesimo sistema, che ci permette di risparmiare denaro. Un altro aspetto importante della tecnologia è che aiutiamo i nostri fornitori a digitalizzare e automatizzare le loro fabbriche. Concediamo loro prestiti a basso interesse in modo che possano acquistare macchinari più nuovi”.

Questa supervisione tecnologica permette così a Shein di ottimizzare i tempi produttivi assegnando i lotti di produzione ai laboratori più disponibili fra la sua miriade di piccoli partner. Incoraggiarli ad attrezzarsi permette al brand di aumentare la loro reattività.
Nonostante ciò, Shein, in quanto attore che produce più di 9 prodotti su 10 in Asia, ha dovuto affrontare problemi nelle consegne, a causa dei lockdown in alcune regioni e alla chiusura dei porti. Sebbene affermi di essere riuscito a superare questo periodo meglio di altri, il marchio dalla crescita vistosamente inarrestabile ora vede qualche nuvola che inizia ad addensarsi all’orizzonte.
Le questioni dei ritardi nelle consegne e dei resi dei prodotti sono un punto di tensione economica, ma il marchio, con il suo successo sfacciato, si è attirato una massa di critiche in molti Paesi occidentali, dove il modello low cost che mette in pratica sembra inadeguato rispetto all'urgenza globale di difesa del ambiente. Da qui nascono campagne come quella di questa settimana condotta da Greenpeace.
“Siamo un'azienda giovane e riconosciamo che c'è ancora molta strada da fare”, ammette il direttore della comunicazione. “La sostenibilità è un lungo viaggio e non è qualcosa che può essere fatto dall'oggi al domani. Abbiamo iniziato a utilizzare materie prime più responsabili, stiamo iniziando a rifornirci di cotone da fornitori identificati per le loro pratiche più attente all’ambiente. Quest'anno, ad aprile, abbiamo lanciato la nostra prima collezione in poliestere riciclato. Stiamo accelerando gli sforzi riguardanti la selezione dei materiali”.
“Per quanto riguarda la produzione, abbiamo un modello on-demand in tempo reale. Produciamo meno rifiuti di altri e ne siamo orgogliosi. E per il fine vita del prodotto, adottiamo misure per trattare il problema con potenziali partner sul riciclaggio. Abbiamo anche avviato discussioni con dei partner tecnologici per vedere come possiamo intraprendere la ricerca e lo sviluppo di materiali di prossima generazione, nonché lavorare su cicli aperti di riciclaggio dei tessuti”.
Shein è al centro delle critiche anche per i metodi di produzione. Molti dubbi vengono espressi sul rispetto dei diritti umani da parte dell'azienda cinese. La sua rete di migliaia di laboratori non permette, secondo molti critici, di avere un reale monitoraggio sul rispetto delle norme sociali... lasciando un alone di sospetto sull'uso di sistemi produttivi che non rispettano i diritti umani.

“Abbiamo un codice di condotta molto rigido che include politiche di salute e sicurezza”, risponde il direttore della comunicazione. “Niente lavoro forzato, niente lavoro minorile. E ci assicuriamo di essere conformi alle leggi locali nei Paesi in cui operiamo. Noi facciamo questi controlli, ma svolgiamo anche audit indipendenti a sorpresa nelle fabbriche dei nostri fornitori. Se viene identificata una non conformità, vengono prese misure immediate per correggere il problema e interrompiamo le partnership con quei fornitori che non si conformano al nostro codice di condotta”.
Difficile sapere quali misure siano state prese dal gruppo in questa direzione. D'altronde, nonostante oggi i suoi fornitori si trovino quasi tutti in Asia, la situazione potrebbe presto cambiare per il gruppo. Come molti altri player globali, il management del marchio si è reso conto delle barriere create dalla crisi del Covid, e così ha iniziato una sperimentazione per lo sviluppo di reti di produzione regionali.
Il che consentirà di consegnare ancora più velocemente ai clienti di tutto il mondo. A condizione che possa ancora commercializzare i suoi prodotti... Shein al momento può vendere in Italia e in Europa nel quadro di una concorrenza libera ed esente da distorsioni. In compenso, il brand deve garantire che i suoi prodotti non presentino alcun pericolo per i consumatori. E, come è successo per lo studio di Greenpeace in Germania, secondo le nostre informazioni sono in corso analisi sui prodotti del marchio anche in Francia. Dopo quanto accaduto a Wish, piattaforma commerciale cinese che era stata trovata colpevole del mancato controllo dei suoi prodotti, e conseguentemente tolta dai listini del Vecchio Continente, le autorità francesi ed europee potrebbero, in caso di rischio per i consumatori, adottare lo stesso tipo di decisione draconiana per Shein...
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