Shein lancia una piattaforma di rivendita di prodotti usati
L'e-tailer cinese Shein, fondato nel 2008 da Chris Xu e specializzato in moda a bassissimo costo, ha annunciato lunedì 17 ottobre il lancio della sua piattaforma per lo scambio e la rivendita di prodotti d’occasione tra privati, Shein Exchange. La versione pilota, attualmente disponibile solo sul mercato statunitense, è accessibile dall'applicazione del brand.

Questa integrazione all’offerta del marchio consente agli utenti di acquistare nuovi prodotti e oggetti di seconda mano, senza passare per piattaforme di terze parti come la lituana Vinted. Grazie a ciò, Shein afferma di voler sensibilizzare i suoi giovani consumatori sullo spreco tessile, un atteggiamento considerato da alcuni controverso e ambiguo. Da Greenpeace a Public Eye, molte ONG hanno infatti denunciato le pratiche di questo colosso dell’ultra-fast fashion.
"In Shein, crediamo che sia nostra responsabilità costruire un futuro della moda equo per tutti, accelerando al contempo le soluzioni per ridurre gli sprechi tessili", ha dichiarato Adam Whinston, a capo della divisione CSR dell’azienda. "Sfruttando la portata e l'influenza della nostra comunità in crescita, riteniamo che la rivendita possano diventare la nuova normalità nel nostro settore".
Questo desiderio di entrare nel mercato dell'economia circolare è stato accolto con qualche perplessità da alcuni. Nel Regno Unito, un documentario trasmesso lo stesso giorno dell’annuncio da Channel 4 ha messo in luce i salari molto bassi dei suoi lavoratori e le pessime condizioni di lavoro nelle sue fabbriche. Gli operai non hanno uno stipendio fisso, alcuni di loro vengono pagati solo 0,27 yuan (4 centesimi di euro) a capo, e in caso di errori vengono applicate delle trattenute sullo stipendio.
L’inchiesta intitolata "Untold: Inside the Shein Machine" sottolinea inoltre che i dipendenti sono costretti a lavorare 18 ore al giorno (il che è in contraddizione con la legge cinese che fissa la soglia massima a 40 ore alla settimana) e hanno una sola giornata di riposo al mese.
Dopo la messa in onda del documentario, un portavoce (anonimo) della label ha dichiarato al giornale londinese City AM: "Siamo estremamente preoccupati per le accuse fatte da Channel 4, che violerebbero il codice di condotta accettato da ogni fornitore di Shein. Qualsiasi violazione di questo codice viene affrontata tempestivamente, interrompendo le partnership che non soddisfano i nostri standard".
Regolarmente segnalato per il mancato rispetto dei diritti umani dei suoi dipendenti nelle sue fabbriche in Cina, il marchio low cost - originariamente chiamato Sheinside e ribattezzato Shein nel 2015 - è tuttavia presente in 220 Paesi. Con i suoi prezzi molto interessanti e la sua presenza pubblicitaria mirata al digitale, la piattaforma è molto apprezzata dalla Generazione Z. L’inchiesta del canale britannico Channel 4, girata con una telecamera nascosta, denuncia il sovrasfruttamento dei suoi lavoratori e il greenwashing compiuto dal brand per darsi un'immagine migliore presso il suo giovane pubblico.
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