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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
24 mag 2021
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Sfilate virtuali: come la pandemia ha rivoluzionato il linguaggio dei marchi

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
24 mag 2021

Con la pandemia e le restrizioni sanitarie, che hanno sospeso tutti gli eventi fisici per un anno, le griffe del lusso hanno dovuto ripensare completamente il modo di comunicare e presentare le loro collezioni. Cavalcando l'accelerazione del digitale, esse hanno adottato il format del film, a seconda dei casi con maggiore o minore successo. Ecco un’analisi del fenomeno compiuta insieme alla società di produzione audiovisiva Division, specializzata in video musicali e campagne pubblicitarie, che ha diretto in particolare i film di Saint Laurent, Lanvin, Balmain, Isabel Marant, Etudes e Y/Project.

Il primo show dell'impossibile concepito dalla maison - Saint Laurent


“In meno di un anno i brand sono passati dalla cultura della fotografia a quella del cinema, spinti a produrre contenuti per il Web, che è diventata la nuova vetrina del lusso e della moda. Ciò che ha cambiato tutto è il digitale, il vero motore di questa rivoluzione. Il problema è che fino ad allora le case di produzione e le firme di moda non si relazionavano minimamente fra loro”, sintetizza Arno Moria, co-fondatore di Division con Jules De Chateleux.
 
Di fronte all'urgenza contingente che li costringeva a fare film per partecipare alle Fashion Week virtuali, i brand si sono rivolti dapprima a fotografi o agenzie fotografiche, con cui avevano l’abitudine di lavorare. Alcuni si sono rivolti a produttori di eventi che in precedenza avevano organizzato le loro sfilate (molti dei quali sono passati alla realizzazione di video), o ad altre figure professionali. Pochi hanno scelto di affidarsi a veri registi.

Lo ha fatto per esempio Saint Laurent, una delle primissime maison a sfoderare un videofilm, presentando la sua collezione uomo per l'estate 2021 il 9 settembre 2020 (dunque fuori dalla settimana della moda) attraverso un piccolo film mozzafiato di Nathalie Canguilhem. La regista ha catapultato dei modelli a volteggiare sopra i tetti di Parigi, per creare un percorso mozzafiato e spettacolare. Si è trattato anche di uno dei primi film realizzati da Division, in questo nuovo contesto di presentazioni virtuali delle collezioni.
 
“Si è immediatamente posta la domanda su come realizzare un film di sfilata interessante, sapendo che non c'è il pubblico. Negli show, c'è una tale emozione, una tale intensità, che non può essere tradotta solo con la registrazione della performance dal vivo. È come filmare un concerto senza spettatori, non ha senso. Per non parlare del fatto che filmare una sfilata di lunga durata può in poco tempo rivelarsi indigesto per il grande pubblico. Bisognava dare l’impressione del live usando la fiction, o la semi-fiction, per creare una tensione. Inventare una formula ibrida tra una narrazione e un dispositivo da défilé”, racconta il produttore. Un format innovativo, ribattezzato “défilmé” (traducibile in italiano con il termine “sfilmata”) da Isabel Marant.
 
“Con Anthony Vaccarello (il direttore artistico di Saint Laurent), abbiamo deciso di fare ciò che non avremmo mai potuto fare in condizioni di sfilata normali. Portare le modelle-acrobate veramente sui tetti di Parigi”, continua. “È stato il film che ha lanciato le passerelle digitali. Dietro c'è un vero know-how produttivo, che fa venire voglia allo spettatore di andare fino in fondo, e soprattutto c’è un regista”, sottolinea Gwendoline Victoria, ex direttrice dell'immagine di Kenzo, assunta lo scorso settembre da Division per dirigere il nuovo dipartimento ‘Fashion Films and Content’ (“Film e contenuti di moda”).

Per l'Inverno 2021/22, la griffe Balmain si è concessa un giro del mondo in aereo - Balmain


“Per la maggior parte dei marchi che si sono rivolti a noi, è stato il loro primo film di questo genere e c'era il desiderio di creare una vera direzione artistica che li distinguesse attraverso il film”, continua. In tre videofilm, Saint Laurent ha trovato il tono giusto da adottare. Dopo la Ville Lumière, l’etichetta francese ha portato il suo pubblico in contrade sempre più lontane e spettacolari, come la collezione donna per l'Estate 2021, filmata nel deserto marocchino, o l'ultima collezione per l'Autunno-Inverno 2021/22, filmata in Islanda con sullo sfondo (e senza effetti speciali), paesaggi danteschi mozzafiato. Questo approccio ha portato alla griffe transalpina prima 3,7 milioni di visualizzazioni su YouTube dei suoi vari video, poi 5, poi 10 milioni.
 
Grazie alla tecnologia, il marchio del gruppo Kering ha saputo proporre ogni volta la sfilata dell'impossibile, lasciando lavorare insieme le magie della moda e del digitale. “È pura espressione, il potere evocativo di un marchio”, osserva Arno Moria. “Volevano organizzare una sfilata straordinaria, che nella realtà non sarebbe mai potuta svolgersi. Così si sono concessi tutti gli effetti speciali possibili per stupire il pubblico. Ma creare un desiderio richiede standard elevati e coerenza nella qualità. In Islanda abbiamo dovuto schierare una grande capacità e potenza produttiva, oltre a una logistica di tipo paramilitare!”.
 
“Anche in questo caso, hanno giocato su un modo di presentare immagini di collezione mai viste prima. Bisogna avere il coraggio di farlo, perché è un qualcosa di davvero audace. Le riprese in Islanda nel bel mezzo del nulla significano diversi giorni di girato con team di altissimo livello. Non tutti possono permetterselo”, afferma il produttore.
 
Sulla scia di Saint Laurent, altre case di moda si sono lasciate tentare, sviluppando ciascuna la propria scrittura tra stili e forme di ogni genere (documentario, serie, clip, performance, ecc.). “C'è un po 'di tutto, è molto ibrido. Ciò offre infinite possibilità di raccontare la collezione, con i movimenti della telecamera, i primi piani che permettono di mettere in risalto il prodotto, o anche il rallentatore”, indica Gwendoline Victoria.
 
“Prima c'era solo la fotografia con i grandi nomi del settore. Poi è arrivata la crisi con Instagram, che richiedeva un’attività d’aggiornamento costante. Con il video e il digitale c'è stata una svolta. Per me questa è la grande novità nel settore della moda. Il film ha portato un rinnovamento nel linguaggio dei brand, nella loro comunicazione, nella presentazione delle collezioni e dei prodotti”, osserva.

Anche con un budget contenuto, alcuni marchi hanno brillato per originalità, come la label - Etudes


Molti marchi stanno testando 0 cercando le migliori formule, come Chanel, che si affida alla propria azienda di produzione e ha optato per soluzioni diverse durante tutto l'anno. Come dimostrano i suoi ultimi due eventi: una semplice videoripresa per la sfilata della Cruise 2022, che si è tenuta nelle grotte delle Carrières de Lumières a Baux-de-Provence, mentre la precedente collezione per l'Autunno-Inverno 2021/22 è stata mostrata più con una narrazione filmata, ricreando l'atmosfera delle mitiche serate da Castel.
 
Secondo i dirigenti di Division, realizzare un film non è più costoso che organizzare una sfilata di moda. Il prezzo medio di uno show per i piccoli marchi è di circa 50.000 euro e per quelli più grandi può variare da 800.000 a 3 milioni di euro. Il prezzo di un cortometraggio di moda varia da 60.000 euro a 500.000, 600.000 e oltre. “Si può essere creativi indipendentemente dal budget”, commenta Gwendoline Victoria, osservando che alla fine "fare un film costa meno e raggiunge un pubblico molto più ampio”.
 
“È molto positivo per le case. Apre molteplici opportunità e possibilità per l'industria del lusso. A parte le passerelle, c'è tutto il resto. Il lancio delle collezioni, il messaggio del marchio, videofilm specifici come quelli per Natale. Si può fare tutto: mostrare bene il prodotto, raccontare una storia, ecc. Sarà difficile tornare al mondo di prima, accontentarsi di poco. Senza contare che le riprese consentono anche di produrre ogni tipo di contenuto per i social network”, continua.
 
Spetta alle case, quindi, trovare la propria voce e utilizzare al meglio questo linguaggio cinematografico, infinitamente più ricco e meno rigido della scrittura pubblicitaria. “Il contenuto medio e noioso su Internet è fortemente limitante, quasi paralizzante. D'altra parte, investire in qualità, pertinenza, creatività e originalità e poter lavorare sulla scrittura nei contenuti e nella forma, ha un potenziale enorme. Un buon contenuto può aiutare i brand a diventare dei media, senza dover pagare l'acquisto di spazi per comunicare o far parlare di loro”, conclude Arno Moria.

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