Settimana della Moda di New York: la dolce nostalgia degli stilisti americani
Benvenuti nell’era della nostalgia. I ricordi hanno avvolto l’ultima Fashion Week newyorchese. Come se gli stilisti rimpiangessero i bei vecchi tempi ormai perduti, la cui memoria è tanto più dolce quanto più il presente è amaro.

Le sfilate dei primi tre giorni erano chiaramente volte verso un passato allora più ottimista, quando il Paese credeva in un futuro felice, e al suo ruolo di intrattenitore e faro di luce del mondo. Poco inclini ad aderire all’appello del Presidente Trump per “Make America Great Again” (“Rendere l’America ancora grande”), gli stilisti di New York sembrano coscienti, non senza soffrirne, che la reputazione degli Stati Uniti è stata compromessa a livello internazionale, o comunque è molto diminuita, soprattutto a causa del ritiro degli USA dall'Accordo di Parigi sul clima e della politica sull'immigrazione della nuova amministrazione repubblicana.
Prendiamo il caso di Adam Selman, che ha preso come riferimento principale una delle artiste femminili più famose d’America, Georgia O'Keeffe. Lo stilista ha scelto di fondare la sua collezione sulla famosa camicia a scacchi della pittrice modernista, iniettandovi passione ed energia. Invece di ripetere le camicie con il colletto abbottonato che Georgia O'Keeffe adorava, Adam Selman ha proposto dei completi corti o una spettacolare camicia-abito lunga fino alla caviglia, indossata aperta su un reggiseno rosso satinato, lasciando scoperta molta pelle. In più, i suoi jeans ricamati molto seventies ricordavano l'aspetto sicuro di sé di un'epoca spesso definita come “The Me Decade” (“Il decennio del me”).
“Ne ho abbastanza di sentir dire: ‘Abbasso l’America!’”, ha spiegato Adam Selman dietro le quinte.

Kate Spade New York ha proposto la presentazione più divertente della stagione, sotto i portici della Grand Central Station, all’interno di una vera istituzione newyorchese, l'Oyster Bar. Le giornaliste sorseggiavano cocktail Bellini e assaporavano freschissime ostriche con sale iodato, mentre la Preservation Hall Jazz Band (appena arrivata da New Orleans) sfilava tra la folla. La direttrice artistica di Kate Spade New York, Deborah Lloyd, si è riferita alla città della Louisiana per catturare un senso di spensieratezza che si è perso - abiti floreali tutti in trasparenze, abiti nerissimi o a quadretti bianchi, indossati con cappellini da baseball con slogan ricamati: “Work it” (“Al lavoro”). “Ho voluto ridare vita a un certo spirito dell'America", ha raccontato Deborah Lloyd. Coincidenza di calendario, la sfilata si è tenuta poco prima del passaggio dell'uragano Irma, che ha ricordato a tutto il Paese il doloroso momento dell’uragano Katrina, che aveva distrutto gran parte di New Orleans.
La palma di migliore sfilata di uno stilista giovane del weekend (“Creatures of the Wind”) ha fatto riferimento alle controculture degli anni ‘60, in un ‘epoca in cui la possibilità di un reale cambiamento rivoluzionario galvanizzava tutta una generazione. Da Christian Cowan, il nuovo talento che ha presentato la sua collezione a NoHo, nel famoso ristorante Indochine, abbiamo trovato piuttosto una voglia matta di glamour, un ritorno all'ottimismo un po’ inebriato degli anni '70, e una parte della sua collezione sembrava essere stata ispirata da Trash & Vaudeville, un leggendario negozio dell’usato dell'East Village che attirava le star del glam rock con il suo mix di stile vittoriano, articoli da cabaret e un’immagine da “Space Age”.
In sostanza, Christian Cowan ha presentato dei top con maniche in stile Tudor, dei trench in argento metallizzato e un tailleur-pantalone bianco e nero tagliato in un tessuto stampato con pattern di film horror. Si capisce che Christian Cowan conosce bene la storia della moda, e il passaggio più memorabile di questo défilé intelligente è stato un tailleur-pantalone in tweed rosa, composto di un pantalone con bretella fortemente sciancrato e di un reggiseno e un sombrero assortiti; uno stravagante ammiccamento a Coco Chanel, indossato da una modella che teneva un cane pechinese a un guinzaglio rosa.

Da Brandon Maxwell era protagonista la grande epoca d’oro della Hollywood anni ‘50. Il talento texano sembra rimpiangere questo periodo più dolce e gentile, che si colloca ad anni-luce dalle bassezze dell’attuale classe politica statunitense.
Un po' a parte, la sfilata più attesa della stagione, quella di Calvin Klein, che si è invece ispirato al lato oscuro del sogno americano, dal rodeo fino al concerto rock. Nonostante questo tema, Raf Simons, l'avanguardista belga, sembra decisamente rivolto verso il futuro e reinventa i codici della moda con coraggio.
La Fashion Week ha mostrato anche un’altra grande tradizione americana: una manifestazione. Sulla 5th Avenue, una delle vie più famose della metropoli del New Jersey, un gruppo della Lega per la Difesa degli Animali è riuscito a impedire la presentazione di Banana Republic. Per quale motivo? Niente di particolare nella collezione in sé, ma il fatto che la testimonial del brand sia Olivia Palermo, modella e blogger, nota per indossare regolarmente delle pellicce.
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