Secondo GlobalData, la strategia di Gap si rivela “inadeguata in Europa”
Dopo che Gap ha previsto di cessare le attività di vendita diretta in Europa e nel Regno Unito, diversi analisti affermano che i problemi del marchio americano sono il risultato di scelte strategiche sbagliate.
Secondo GlobalData, l'azienda propone “linee di prodotto poco interessanti”, mentre la sua propensione ad abbattere i prezzi la rende “inadeguata nel mercato europeo”. Questa critica segue le notizie secondo le quali il rivenditore sta valutando la chiusura di tutti i propri negozi in Europa, e di una piattaforma logistica nel Regno Unito. Per Gemma Boothroyd, analista specializzata nel settore dell'abbigliamento presso GlobalData, ciò non è sorpendente, “data la sua offerta prodotti, che non le consente di differenziarsi, e la sua incapacità di capitalizzare la crescente domanda di abbigliamento casual”.
In effetti, le difficoltà di Gap sono apparse quando la sua offerta principale – proprio l’abbigliamento casual – è al centro di una tendenza sempre più dominante, soprattutto nel 2020. Gemma Boothroyd è chiara: “Anche se la richiesta di abbigliamento casual è stata molto elevata quest'anno, perché i consumatori europei hanno trascorso più tempo a casa, era già troppo tardi per Gap, che non è stato capace di sfruttare le proprie linee di prodotto: la sua reputazione era già troppo danneggiata da anni di gamme mediocri”.
Durante il lockdown, molti marchi europei e dettaglianti di e-commerce si sono rivolti al "casualwear", che ha permesso ad alcuni di mitigare la crisi vissuta in questi mesi dall'intero comparto moda. “Se, a livello globale, Gap è riuscito praticamente a raddoppiare il suo business nell’e-commerce (che ha rappresentato quasi il 50% delle sue vendite totali nel contesto della pandemia di Covid-19) questo successo non si è riflesso sull’Europa, dove le vendite totali del secondo trimestre, conclusosi ad agosto, sono diminuite del 47%”, ricorda Gemma Boothroyd.
L'analista rileva che i consumatori europei “non provano alcun senso di fedeltà patriottica al marchio” e che Gap ha perso la quota di mercato che una volta si era ritagliata in Europa. Con molti rivenditori di abiti formali o da sera che hanno sofferto di una bassa domanda per i loro prodotti, Gap avrebbe potuto avvantaggiarsi dei provvedimenti di lockdown e smart working per tutta la primavera e l'estate.
Ma secondo Gemma Boothroyd, i suoi rivali (come Uniqlo del gruppo Fast Retailing) hanno saputo sfruttare meglio questo particolare periodo, offrendo “capi facili e senza tempo, piuttosto che trend sul breve periodo”. “Uniqlo ha sperimentato una buona crescita, mantenendo un'offerta di prodotti chiara, semplice e attraente. Invece, Gap si è disperso in vari rivoli [stilistici] e, anche con promozioni ripetute e costanti sui suoi prodotti, non è riuscito a catturare l'interesse dei clienti europei”.
Del resto, la storia dell'industria della moda è piena di esempi di brand che non sono riusciti ad attraversare gli oceani. I marchi che hanno successo in un continente possono avere difficoltà in un altro: lo abbiamo visto in tempi relativamente recenti, quando il marchio britannico Topshop ha ridotto i suoi piani di espansione in Nord America, prima di abbandonare completamente le proprie ambizioni nella regione.
Il fallimento di Topshop potrebbe dunque ripetersi per Gap, ma in direzione contraria?
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