Samuele Sorato: “Apriamo il primo sportello in lingua cinese in Italia”

Di

Dominique Muret

Pubblicato il
23 nov 2012

La Banca Popolare di Vicenza apre il 7 dicembre a Prato, che accoglie la terza comunità cinese d’Europa, particolarmente attiva nel tessile e nella moda, la prima filiale in lingua cinese in Italia, in via Fabio Filzi 74. Il direttore generale spiega il progetto e dettaglia le iniziative avviate in questi anni dalla banca, 9° gruppo bancario italiano e leader nell’economia del Nord-Est, per aiutare le piccole aziende di moda a fronteggiare la crisi e a svilupparsi all’estero.

FashionMag: Inaugurate a dicembre uno sportello in lingua cinese a Prato. Come è nato il progetto?
Samuele Sorato: È un’iniziativa unica in Italia e per l’occasione sarà presente anche l’ambasciatore cinese. Abbiamo già una clientela cinese, ma non usa tutti i nostri servizi. L’idea era quindi di avvicinarci maggiormente a questa importante comunità che vive nel nostro Paese. Questo sportello, installato nel centro di Prato che potrà contare inizialmente su 3 o 4 impiegati di madrelingua cinese, ci sembrava il miglior modo per iniziare un percorso di collaborazione. Da un lato siamo interessati a conoscere meglio le loro aziende. Dall’altro l’obiettivo è di abbattere la loro diffidenza, cercando di cambiare alcune loro abitudini di transazioni. Lavorano molto con il cash per esempio. Vorremo portarli ad usare altri mezzi di pagamento.

FM: La vostra sede è situata nel cuore dei distretti del tessile e dell’abbigliamento del Nord-Est. Qual è la situazione oggi per le aziende del settore moda?
SS: I distretti del tessile, dell’oreficeria e della pelle hanno sofferto molto. Particolarmente le aziende che non avevano investito in ricerca o sul brand, oppure le aziende familiari terziste. Sono sparite o sono state ricomprate, perché grossi marchi che si appoggiavano su queste piccole aziende hanno spostato la produzione all’estero. Altri imprenditori hanno capito che non potevano fare tutto da soli e hanno investito nel management. Sono sopravvissute le aziende che hanno saputo valorizzare il proprio nome curando il prodotto o esportando all’estero.

FM: L’accesso al credito per le aziende della filiera tessile-moda-abbigliamento è diventato quasi impossibile…
SS: Quattro anni fa, quando è iniziata la crisi, il nostro consiglio di amministrazione ha deciso di sacrificare i risultati pur di aiutare le imprese. Rispetto alla media del sistema bancario italiano siamo cresciuti del triplo in termini d’impieghi. Questo ci ha penalizzato, perché siamo più esposti al rischio sui prestiti e le agenzie di rating ci hanno declassato. Ma continuiamo in questa direzione. Certo c’è il rischio di vedere le sofferenze aumentare. Oggi il deterioramento del credito è molto più veloce. Abbiamo quindi creato una task-force che interviene subito presso gli imprenditori in difficoltà per aiutarli a trovare una soluzione, diluendo magari i pagamenti. Prima questi problemi erano gestiti dall’ufficio legale ed emergevano tardi. In questi casi l’imprenditore spesso si vergogna e aspetta all’ultimo prima di parlarne con la banca. Ora siamo noi ad andare direttamente in azienda.

FM: Cosa fate per sostenere i marchi che vogliono svilupparsi nei mercati esteri?
SS: Abbiamo aperto degli uffici di rappresentanza a San Paolo in Brasile, a Hong Kong e Shanghai, a New Delhi, a New York ed è in fase di apertura quello di Mosca. Abbiamo stretto degli accordi commerciali con le banche principali di questi Paesi. In totale sono 51 banche estere, fra le quali State Bank of India e Bank of China. Per favorire le esportazioni dei nostri clienti imprenditori abbiamo impostato un sistema originale, che ci permette di anticipare alle banche locali dei fondi per finanziare sul posto gli importatori di prodotti italiani. Inoltre, offriamo dei servizi di consulenza per aiutare le aziende a conoscere meglio le regole locali, orientarle sulla logistica, aiutarle nell’acquisire la forza lavoro, e diamo anche un supporto legale per le certificazioni sul prodotto.