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Di
Reuters
Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
1 apr 2020
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Ripresa del manifatturiero in Cina, ma prospettive cupe

Di
Reuters
Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
1 apr 2020

L’attività del settore manifatturiero in Cina è risalita in maniera inattesa in marzo, dopo essersi contratta al suo minimo storico, ma si prevede che la rapida diffusione globale del coronavirus manterrà le imprese e l'economia sotto pressione, mentre la domanda straniera diminuisce.

Foto scattata il 14 febbraio 2020 - Reuters/China Daily


L’indice PMI manifatturiero ufficiale è salito a 52 a marzo, dopo essere sceso a 35,7 il mese precedente, secondo quanto riferito dal National Bureau of Statistics of China martedì, ritornando così al di sopra della soglia di 50, cifra che indica la separazione tra contrazione ed espansione dell'attività. Gli analisti intervistati da Reuters si aspettavano in media un indice di 45,0.
 
Agli occhi dell’ufficio nazionale cinese di statistica, il rimbalzo di questo indicatore mensile è dovuto alla sua estrema debolezza a febbraio, tanto che l’istituto ha affermato che i dati non indicano una stabilizzazione dell'attività economica.

In effetti, gli analisti ritengono che una ripresa completa e prolungata dell'attività manifatturiera sia ancora molto lontana, nonostante il rallentamento dei nuovi casi di contaminazione da coronavirus segnalati nella Cina continentale dal picco di febbraio.
 
Molti osservatori avvertono che gli industriali e l'attività economica nel suo complesso continueranno ad essere sotto forte pressione nei prossimi mesi, a causa della rapida diffusione del Covid-19 nel mondo e delle misure di contenimento senza precedenti adottate in diverse nazioni, che quasi certamente porteranno ad una recessione economica globale.
 
Le autorità di Pechino hanno imposto misure drastiche di contenimento e restrizioni nei viaggi, nel tentativo di contrastare la diffusione della pandemia che ha ucciso oltre 3.000 persone nella Cina continentale. Questi provvedimenti hanno avuto un impatto significativo sull'attività economica.

Foto scattata il 26 marzo 2020 - Reuters/China Daily


Con il rallentamento del numero di contagi locali del virus, la maggior parte delle aziende ha riaperto e diversi milioni di persone hanno iniziato a riprendere una vita normale. L'attività commerciale, tuttavia, è stata influenzata dagli sforzi della Cina per prevenire una nuova ondata di infezioni dall'estero.
 
Secondo i dati ufficiali, il sottoindice della produzione manifatturiera è rimbalzato a marzo a 54,1 dal 27,8 del mese precedente, mentre i nuovi ordini sono saliti a 52,0 dal 29,3 di febbraio.
 
I nuovi ordini di esportazione sono tornati a 46,4 dal 28,7 di febbraio, ma non hanno superato la soglia dei 50 che misura un'espansione dell'attività. Secondo i risultati di un sondaggio separato realizzato dal National Bureau of Statistics of China, l'attività del settore dei servizi è aumentata a febbraio, con un indice a 52,3 a marzo dal 29,6 del mese precedente.
 
Le fabbriche cinesi riaprono, ma non c'è più richiesta
 
Nella città orientale di Wenzhou, Shi Xiaomin, proprietario di una fabbrica che esportava migliaia di abiti e giacche in Corea del Sud, Paesi Bassi e Stati Uniti prima della crisi sanitaria, si è sentito sollevato quando la sua azienda ha riaperto il mese scorso, dopo una lunga chiusura legata all'epidemia partita a dicembre nella Cina centrale. Ma la sua gioia è stata di breve durata, quando la scorsa settimana sono arrivate in azienda frotte di richieste di annullamento degli ordini o di rinvio delle consegne da parte di clienti europei e americani, perché il diffondersi del virus Covid-19 ora sta facendo danni nel resto del mondo, colpendo le economie dei partner commerciali della Cina.
 
“La sospensione senza precedenti dell'attività economica in Europa, negli Stati Uniti e in un numero crescente di mercati emergenti provocherà sicuramente una forte contrazione delle esportazioni cinesi, probabilmente in un range compreso tra il 20% e il 45% in ritmo annuale nel secondo trimestre”, ha dichiarato Thomas Gatley, analista presso la società di ricerca Gavekal Dragonomics.
 
Shi Xiaomin ha raccontato che il suo fornitore di tessuti in Italia, colpito duramente dalla crisi, ha sospeso le operazioni due domeniche fa, privandolo di materie prime, mentre le sue scorte di magazzino potranno tenere solo fino alla fine di aprile. L'uomo d'affari sente di non avere altra scelta che di rallentare la produzione e pensa che potrebbe persino sospenderla, se la situazione non migliorasse. Ha già chiesto ai suoi cinquanta dipendenti ancora confinati nella provincia di Hubei, l’epicentro dell'epidemia, di trovarsi un altro lavoro. “Sappiamo che questo è un anno negativo e l'anno successivo sarà migliore, ma la domanda è: quante fabbriche possono sopravvivere fino al prossimo anno?”, si chiede. Un venditore in una fabbrica di specchi a Yiwu, provincia di Zhejiang, ha dichiarato che i suoi clienti statunitensi hanno annullato ordini per oltre 500.000 dollari solo sabato scorso. “Penso che la compagnia inizierà presto a licenziare”, ha aggiunto.
 
All'inizio della nuova epidemia di coronavirus, gli economisti si aspettavano una ripresa dell'economia cinese a "V" sulla falsariga di quanto osservato per la SARS nel 2003. Da allora hanno abbassato le loro previsioni a livelli inediti dalla fine della Rivoluzione Culturale nel 1976. “Gli ultimi ordini esteri che abbiamo ricevuto sono per aprile”, ha detto Zhu Hongping, presidente di Hangzhou Hongli Food, un fornitore di alimenti precotti, che esporta in ristoranti in Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. Normalmente, in questo periodo dell'anno, il portafoglio ordini si estende fino a giugno o luglio, ha osservato, aggiungendo che potrebbe dover sospendere la produzione fra tre mesi.

La crescita in Asia dovrebbe rallentare nettamente nel 2020. Foto scattata il 28 febbraio 2020 - Reuters/Aly Song


Infatti, a confermare il tutto arrivano le previsioni aggiornate della Banca Mondiale, secondo la quale la crescita economica nelle regioni dell'Asia orientale e dell'Asia-Pacifico, così come della Cina, dovrebbe rallentare significativamente quest'anno a causa della pandemia di coronavirus.
 
La Banca mondiale ora vede rallentare la crescita delle economie in via di sviluppo della regione al 2,1% nel 2020, con una contrazione dello 0,5% secondo lo scenario peggiore, a fronte di una crescita stimata al 5,8% nel 2019.

In Cina, dove il nuovo coronavirus è apparso lo scorso dicembre, lo studio della Banca mondiale ora mostra un rallentamento della crescita al 2,3%, con un possibile calo allo 0,1% per la stima più bassa, contro una crescita del 6,1% nel 2019.
 
Gli esportatori cinesi sono anche esposti alla costante evoluzione delle misure restrittive nei Paesi in cui la pandemia infuria. Yi-Cheng Sung, direttore di una fabbrica che produce pennelli e accessori per il trucco a Shenzhen, per esempio, teme di non poter esportare in caso di chiusura delle frontiere.
 
Il tasso di disoccupazione urbana della Cina ha toccato il 6,2% a febbraio, in aumento di un punto percentuale rispetto alla fine del 2019, il che costituisce un record da quando l'ufficio statistico ha iniziato nel 2018 a pubblicare dati sull'argomento.
 
Dan Wang, analista all’Economist Intelligence Unit (EIU), stima che il tasso di disoccupazione potrebbe ulteriormente aumentare di cinque punti percentuali quest'anno, portando quindi 22 milioni di disoccupati in più, mentre oltre cinque milioni di persone hanno già perso il lavoro tra gennaio e febbraio.
 
Secondo Dan Wang, circa 103 milioni di lavoratori cinesi potrebbero inoltre subire un calo dei salari dal 30% al 50%.

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