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AFP
Versione italiana di
Laura Galbiati
Pubblicato il
30 mar 2018
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Rinunciare alla pelliccia è più una questione di immagine?

Di
AFP
Versione italiana di
Laura Galbiati
Pubblicato il
30 mar 2018

Di fronte a un pubblico sempre più sensibile al benessere degli animali, i grandi nomi della moda, da Gucci a Versace, stanno sempre più abbandonando la pelliccia, con un danno ingente per la filiera, secondo la quale si tratterebbe più di “operazioni di marketing”.

Proposta in pelliccia ecologica firmata Givenchy - autunno/inverno 2018 - © PixelFormula


Ultime in ordine di tempo, le griffe americane Donna Karan e DKNY hanno annunciato il 22 marzo la loro intenzione di “liberarsi della pelliccia a partire dall’autunno 2019”, raggiungendo così una serie di marchi prestigiosi che recentemente si sono convertiti alla moda “fur free” (Gucci, Versace, Furla, Michael Kors, Armani, Hugo Boss...). Nel contempo, San Francisco è diventata la più grande città americana a proibire la vendita di pellicce.
 
Annunci questi accolti come delle vittorie dai sostenitori dei diritti degli animali, molto attivi con le loro campagne e i video shock diffusi sui social network. La ONG Humane Society International si è rallegrata “di vedere che dopo che Gucci ha dichiarato la pelliccia fuori moda, gli stilisti fanno a gara per (…) abbandonare questo materiale arcaico”, biasimando le griffe come “Fendi e Burberry che continuano a sostenere tali crudeltà”.

Parlando di Fendi, Karl Lagerfeld ha giustificato svariate volte l’utilizzo della pelliccia con il fatto che “le persone mangiano carne e indossano pelle”, insistendo anche sul peso di questo settore e i posti di lavoro che garantisce.
 
“I tempi cambiano”, commenta l'organizzazione PETA, che ha promesso su Instagram di “continuare la lotta fino a quando il numero di animali uccisi per la moda sarà pari a zero”, avvertendo: “Attenzione industria della pelle: voi sarete i prossimi”.
 
Se il veganismo proibisce l’utilizzo di prodotti di origine animale, tra i grandi brand Stella McCartney, vegetariana e militante della causa animale, rappresenta un’eccezione, avendo abbandonato in un colpo solo pelliccia, pelle e piume.
 
“È sconcertante vedere certi marchi annunciare che non utilizzeranno più la pelliccia e non esprimersi sulle pelli esotiche (coccodrillo, lucertola, struzzo…)”, fa notare Nathalie Ruelle, professoressa dell’Istituto francese della moda (IFM), specialista di tematiche di sviluppo sostenibile.
 
Il Presidente della Fédération française des métiers de la fourrure (Federazione francese dei mestieri della pelliccia), Philippe Beaulieu, sottolinea invece l’“ipocrisia” di questi recenti annunci, che ritiene “operazioni di marketing per cavalcare l’onda emotiva”, pensate per sedurre il pubblico dei millennials.
 
Beaulieu evidenzia la “durevolezza” e la “tracciabilità” delle pellicce animali, biasimando “i brand che oggi decidono di abbandonare la pellicce, ma promuovono quella sintetica, un prodotto che deriva dal petrolio e dalla plastica, quando tutti conosciamo gli effetti in termini di inquinamento che questo tipo di prodotti causano al pianeta”.
 
Un argomento contestato da Arnaud Brunois, fondatore del sito lafaussefourrure.com, che giudica “da un punto di vista ecologico più responsabile utilizzare un sottoprodotto del petrolio” piuttosto che “allevare ogni anno 150 milioni di animali (…) per ottenere delle pellicce che alla fine saranno comunque trattare con dei prodotti chimici”.
 
Ormai le imitazioni si confondono con le pellicce autentiche, come ha dimostrato la stilista britannica Clare Waight Keller da Givenchy con la sua ultima sfilata a inizio marzo, in cui ha presentato diversi cappotti in pelliccia sintetica.
 
“Per la maggior parte delle maison che annunciano l’abbandono della pelliccia si tratta di un business marginale per la loro attività”, sottolinea d’altra parte Serge Carreira, docente a Sciences Po, specialista di moda e lusso. Per Gucci (gruppo Kering) i prodotti in pelliccia rappresentavano 10 milioni di euro all’anno, secondo il CEO Marco Bizzarri, per un fatturato di 6 miliardi di euro nel 2017…vale a dire lo 0,16%.
 
Che impatto avranno questi annunci sul settore? Per Philippe Beaulieu, è troppo presto per prevederlo. Se le pellicce diventano sempre più rare nelle strade delle grandi città occidentali, i piumini e i parka con colli in pelliccia, vera o sintetica, si stanno invece diffondendo sempre di più.
 
Ma il principale consumatore è la Cina, per una filiera che pesa a livello mondiale più di 30 miliardi di dollari (24 miliardi di euro), secondo i numeri forniti nel 2017 dalla Federazione Internazionale della pelliccia (IFF).

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