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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
31 mar 2023
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Reportage nella manifattura del mitico Borsalino

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
31 mar 2023

“Quando Borsalino fondò la sua fabbrica, nel 1888 ad Alessandria, fu il primo a portare l'industrializzazione in questa regione rurale. Simboleggiava l'avanguardia. Oggi siamo gli ultimi artigiani del cappello”, riassume sorridendo Alessandro Mortarino, che si occupa dell'acquisto delle materie prime per la manifattura, dove il mitico cappello di feltro, nato nel 1857 su iniziativa di Giuseppe Borsalino, è ancora realizzato con procedimenti di lavorazione che hanno più di un secolo.

Nella manifattura dell'azienda di cappelli si producono feltri e copricapo come una volta - Borsalino


Un anno prima della cessione del marchio da parte della famiglia fondatrice, lo stabilimento viene trasferito nel 1986 a una decina di chilometri a sud di Alessandria, nella zona industriale di Spinetta Marengo, località situata nella pianura padana piemontese. È in questo anonimo palazzo giallo che prende vita il Fedora, modello emblematico di Borsalino, ma anche tutti i suoi cappelli in feltro e paglia, come il Panama. “Siamo gli ultimi ad aver mantenuto l'intera filiera produttiva, dalla lavorazione del feltro alla realizzazione del prodotto finito”, continua Alessandro Mortarino, indicando le vecchie macchine in legno del 1888 ancora in funzione, che Giuseppe Borsalino è andato a prendere in Inghilterra più di 160 anni fa.

Un odore di peluria permea la grande stanza semibuia, dove il tempo sembra essersi fermato. Il feltro viene fatto lì. Il pelo di lepre selvatica, rinomato per le sue proprietà idrorepellenti, viene mescolato a quello di coniglio e nutria in una prima soffiatrice in legno, dove vengono asportate le impurità, poi in una seconda, dove un sistema di aspirazione permette di pettinare i peli, schiarirli e filtrarli per trasformarli nella materia prima, una specie di soffice e leggera nuvola grigia. In una settimana vengono prodotti 200 chili, che verranno trasformati in feltro, mentre le macchine ancestrali vengono subito spente per qualche giorno per essere pulite e regolate. Cinque persone si dedicano alla loro manutenzione.

In un'altra stanza i peli vengono versati, 100 grammi per volta, in una sorta di cappa, dove vengono aspirati e fissati su un cono metallico forato, che viene subito spruzzato con acqua. Ne esce un cono di feltro, che un operaio raccoglie e piega. Ci vorranno non meno di 50-55 altre fasi e gesti, che richiederanno altre sei settimane di lavoro perché il modello finito veda la luce nelle mani esperte dei 60 artigiani della fabbrica, mentre la realizzazione di un cappello di paglia richiede non meno di sei mesi.

La fabbrica dell'azienda alessandrina si è trasferita nel 1986 nella periferia industriale, a Spinetta Marengo - ph Dominique Muret


Protetto da una tela umida, il cono di feltro viene arrotolato e compattato tra rulli rivestiti da spesse corde. Successivamente viene sottoposto a vari passaggi in acqua bollente per “rimpicciolirsi” fino ad ottenere la pezzatura desiderata. Una volta terminati l'infeltrimento e la follatura, si dovrà dare forma a questa campana per trasformarla in un cappello. In pantaloni neri e magliette con il discreto logo Borsalino, muniti di guanti di gomma colorata, gli artigiani lavorano al suono dello sferragliare delle macchine che sputano vapore. Si tratta di allargare la corona e allungare i bordi a mano con gesti precisi.

Questi stessi gesti vengono eseguiti, identici, da 166 anni, come quelli di Daniele Fascia, che lavora da 15 anni alla manifattura. L’artigiano fa roteare tra le mani la campana di feltro e modella la calotta con pochi gesti flessuosi. Quindi, allunga i bordi con una rapida serie di piccoli ed energici movimenti a scatti, girando più volte intorno al cappello. “La macchina fa molto poco. Facciamo quasi tutto noi a mano. Tutte le manipolazioni sono difficili e abbastanza fisiche. Soprattutto, è qualcosa di monotono”, dice.

Dopo la tintura arrivano le rifiniture, dalla carteggiatura con carta vetrata al passaggio sul fuoco per togliere gli ultimi residui di pelo. È una “Borsalina”, come venivano chiamate un tempo le operaie del produttore italiano di cappelli, che se ne prende cura, facendo girare velocemente il cappello sulla fiamma. “Qui non ci sono laser, schermi o robot. Solo vapore, meccanica e la manualità del saper fare tradizionale”, commenta Alessandro Mortarino.

Il passaggio alla fiamma per rimuovere i residui di peli - Borsalino


“La maggior parte dei produttori è passata a macchine moderne, ma ci siamo resi conto che la tecnologia poteva compromettere la qualità. Lavorare il pelo nel legno, ad esempio, dà una qualità diversa. Abbiamo testato nuovi macchinari, ma senza ottenere gli stessi risultati”, continua, mostrando due cappelli. Uno, più lucido ed elastico, è stato oliato da una delle macchine per ingrassare acquistate dalla famiglia fondatrice negli anni '40 negli Stati Uniti. L'altro, che non ha subito questo trattamento, è meno morbido e di colore più tenue. “Tra dieci, venti, trent'anni si trasformerà in carbone. Questo è ciò che differenzia il vero Borsalino”, indica il responsabile degli acquisti.

Poco più avanti, Giovanni Zamirri, 34 anni di anzianità in azienda, si dedica a dare al Fedora la sua forma molto particolare, il cui bordo scende un po' sul davanti e si raddrizza leggermente sul retro. Bagna il cappello per favorirne la piega e, mentre lo fa scivolare sotto un ferro rovente, con precisa maestria ne modella la tesa. “Richiede tanto abilità manuali quanto mentali, perché devo conoscere la misura e la forma del cerchio per dargli la giusta curva. Esattamente la stessa per tutti i cappelli, identica al Borsalino originale”, sottolinea. “È artigianato al 100%, che è la nostra forza e la nostra qualità”, aggiunge. In tutti questi anni la maggior parte dei cappelli di feltro sono passati tra le sue mani.

Compresi i copricapi in feltro nero per gli ebrei ortodossi, che sono tra i migliori clienti dell’azienda di cappelli, e beneficiano di una linea di produzione dedicata. Questi cappelli più robusti e pesanti, la cui forma è un po' più grande e alta del classico Fedora, rappresentano “una parte significativa della produzione”. Sono dotati di un cordino sottile, che permette di attaccarli alla giacca o al cappotto, in modo che non cadano a terra.

La fabbrica Borsalino produce 80.000 cappelli di feltro all'anno - ph Dominique Muret


Non resta che riempire a mano il cappello con la sua fodera e gli accessori (nastro, ecc.) per poi disporlo con cura per la stiratura finale. In un laboratorio adiacente vengono anche realizzati i famosi cappelli Panama, modellati con la pregiata paglia toquilla della provincia di Manabí in Ecuador, vicino alla città di Montecristi, dove viene tessuta da artigiani locali. Più fine è la tessitura, che non lascia passare la luce, più è preziosa. Così il modello extrapiatto “Montecristi” può arrivare a costare fino a 1.500 euro. Le campane di paglia tessute in Ecuador arrivano poi a Spinetta Marengo, dove gli artigiani danno loro forma con la stessa passione che mettono nei feltri.

All'ingresso della fabbrica, dove troneggia la locandina del film Borsalino di Jacques Deray con Alain Delon - accanto a ritratti in bianco e nero, vecchi mobili in legno e medaglie vinte dal marchio alle varie esposizioni universali - si trovano lo showroom e gli uffici, dove il designer Jacopo Politi viene ogni giorno a ricaricarsi.

“Qui respiro la storia, il feltro, l'atmosfera d'altri tempi del luogo, più stimolante che creare in un ufficio anonimo”, confida il capo dello stile, arrivato in azienda nell'aprile 2022 per rinfrescare l'offerta di Borsalino. A Spinetta Marengo lavora fianco a fianco con la direttrice dello sviluppo prodotto. “Lei traduce le mie idee in un prodotto. Facciamo i test in fabbrica per trovare il miglior colore e la qualità del feltro, poi consegniamo i prototipi ai nostri 23 agenti prima di lanciare la produzione. L'idea è di trasportare la tradizione e il know-how di Borsalino nel futuro”, spiega.

Nella manifattura prende forma anche il famoso Panama - Borsalino


Acquisito nel 2018 da Haeres Equita, fondo di investimento guidato da Philippe Camperio, che lo gestiva dalla fine del 2015, il marchio italiano di cappelli ha registrato nel 2022 un fatturato di 20,5 milioni di euro, in crescita del 25% rispetto al 2021. Oggi produce 180.000 cappelli all'anno, di cui 80.000 modelli in feltro nello stabilimento di Spinetta Marengo, distribuiti in tutto il mondo oltre che nei 10 negozi di proprietà.

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