Reach4textile: il tessile europeo vuole un migliore controllo chimico delle importazioni
La confederazione europea del tessile e dell'abbigliamento, Euratex, dà il via al progetto Reach4textiles. Per correttezza ed equità con gli attori europei che rispettano gli standard del regolamento REACH adottato dall’UE in termini di ricorso a sostanze chimiche, l'industria vuole un migliore monitoraggio in materia di tessuti importati.

“I fatti suggeriscono che il quadro normativo avanzato (appunto il REACH, ndr.) non sia integrato da un sistema di controllo, a livello UE, altrettanto avanzato o efficace in grado di garantire la conformità, in particolare nel caso dei prodotti importati”, indica Euratex. “Il progetto Reach4textiles mira ad esplorare possibili soluzioni per un monitoraggio equo ed efficace del mercato dei prodotti tessili”.
Per questo progetto, che durerà almeno due anni, sono indicati tre obiettivi. A cominciare da quello di bloccare alle porte dell'UE i prodotti che non soddisfano i requisiti dell'Unione. Anche il lavoro di sensibilizzazione e formazione presso gli attori del sourcing è all'ordine del giorno. Così come il supporto fornito a una futura rete di professionisti dedicata all'applicazione delle normative chimiche 2019/1020 dell'Unione.
“Le sfide da superare possono essere la mancanza di risorse, le difficoltà nell'individuare prodotti ad alto rischio, il costo e la gestione dei test chimici, la mancanza di metodi di test e la conoscenza delle migliori pratiche”, sottolinea Euratex, che vede questo problema accentuarsi con le vendite online. “Di conseguenza, i prodotti che non sono conformi alle normative REACH oggi incontrano pochi o nessun ostacolo per entrare nel mercato. Ciò non solo crea un rischio per la salute degli europei, ma danneggia anche la competitività di quelle aziende responsabili che adottano tutte le misure necessarie per rispettare tali regolamentazioni”.
Ogni anno, nell'Unione Europea circolano quasi 28 miliardi di capi di abbigliamento. Nell'80% dei casi, questi prodotti provengono da nazioni extra UE. Una massa di grandi dimensioni, ma che resta comunque un'industria importatrice tra tante altre, generando difficoltà in termini di controlli doganali a frontiere, porti e terminal aeroportuali del Vecchio Continente. Nell'esercizio 2020, l'UE ha importato 77,4 miliardi di euro di abbigliamento. Di cui 59,2 miliardi provenienti dai Paesi asiatici.
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