Raffaello Napoleone sul ritorno di Pitti a gennaio e l’esperienza fiorentina di Dolce & Gabbana
Poche persone hanno un ruolo tanto fondamentale nella moda italiana quanto quello ricoperto da Raffaello Napoleone, il CEO di Pitti Immagine, il cui salone di moda maschile, organizzato due volte l'anno a Firenze, secondo molti osservatori è la fiera di moda più quotata al mondo.
Quest'anno, Pitti ha dovuto reagire prontamente all'assalto della pandemia, lanciando un progetto web ad ampio raggio (Pitti Connect) a misura di buyer, anche se l'organizzazione è stata costretta a cancellare l’edizione di giugno del salone Pitti Uomo (nonché quelle di Pitti Bimbo e Filati, ndr.). È difficile sottovalutare l'importanza del Pitti per Firenze, poiché il salone attira sempre decine di migliaia di eleganti e benestanti retailer, il top dei più grandi compratori del pianeta, due volte ogni anno dal suo debutto nel 1972.
In loro assenza, e con la capitale del Rinascimento non vivace come al solito, bensì silenziosa come il sagrato di una chiesa, Pitti ha collaborato con Dolce & Gabbana la scorsa settimana per mettere in connessione il duo di designer basati a Milano con oltre 30 artigiani locali. Il progetto scaturito ha anche sviluppato notevoli opportunità promozionali per queste attività artigianali di famiglia, che hanno potuto mostrare le loro grandi idee durante la tre giorni di eventi nel capoluogo toscano. Da un'esposizione di gioielli di Caterina de’ Medici all'interno della più antica farmacia del mondo, l’Officina Profumo-Farmceutica di Santa Maria Novella, e una sfilata Alta Sartoria di menswear premium all'interno del municipio, fino ad una dorata serata di gala pr la sfilata dell'Alta Moda del brand nello splendido giardino di Villa Bardini, con vista sul fiume Arno.
Gli artigiani fiorentini raramente hanno avuto ambienti più salubri per le loro idee. Come hanno dimostrato i meravigliosi centrotavola in vetro inciso di Locchi, o i fantastici vasi d'argento di Brandimarte e Argentiere Pagliai trionfanti sulle tavole da pranzo, oppure l’emblematica maglieria in stile rinascimentale di Aprosio & Co. Tutto ciò ha preceduto il brillante finale con gli splendidi cappelli di paglia e corsetti di Grevi, marchio che risale al 1875, o gli sfolgoranti braccialetti dei Fratelli Piccini, il cui atelier si trova ancora su Ponte Vecchio.
Quindi, abbiamo incontrato Napoleone, CEO di Pitti, l'evento annuale più internazionale e affascinante della Toscana, davanti a un caffè da Procacci, incantevole caffetteria su Via Tornabuoni, la principale strada fiorentina dello shopping di lusso. Appollaiato sullo sgabello di un tavolino tra i negozi di Armani, Bulgari, Hogan e Max Mara, il dirigente si è intrattenuto con noi a lungo.
FashionNetwork.com: Come mai avete invitato Dolce & Gabbana a Firenze?
Raffaello Napoleone: Abbiamo iniziato a parlare due anni fa con loro per discutere di un progetto a Firenze. All’inizio, la loro idea era quella di allestire qui da noi solo una sfilata di moda sartoriale maschile. Però a causa della pandemia abbiamo dovuto cancellare il Pitti Uomo di quest'estate, e durante questo periodo abbiamo dato vita a Pitti Connect. Quindi l'idea è diventata di aspettare fino a settembre e presentare anche la donna e i gioielli. Fin dall'inizio l'obiettivo è stato quello di coinvolgere molti artigiani.
Firenze è dove è nata la moda italiana. Ma è anche una città con un forte artigianato. Così hanno detto: lasciamo che il nostro marchio aiuti a promuovere gli artigiani locali in questo momento difficile! Domenico è venuto a Firenze ben otto volte. Quindi se guardate il titolo dei due show che hanno realizzato qui – “Rinascimento” e “Rinascita” – potete capire bene quanto impegno ci abbiano messo per spiegare quanto questa città non sia solo moda, ma anche lifestyle, coi suoi ‘saper fare’ artigianali nei micro mosaici, nei tavoli, nell’argento o nel vetro…
FN: Cosa hanno portato i due designer alla città in questo momento?
RN: Ebbene, il secondo punto importante da sottolineare è che la città e il suo sindaco hanno compreso l’idea alla base del progetto e hanno garantito un enorme sostegno. Hanno dovuto chiudere Palazzo Vecchio, il nostro municipio, per una settimana! Abbiamo fatto altri show lì (Brooks Brothers, Giambattista Valli e Cavalli), ma non l’avevamo mai chiuso per una settimana. E poi hanno portato il loro tocco. Come mettere tende di velluto dietro la gigantesca statua del David di Michelangelo, per dare all'edificio un aspetto completamente nuovo. Era qualcosa che effettivamente facevano nel periodo dei Medici.
FN: Che impatto ha avuto Dolce & Gabbana sulla comunità artigiana locale?
RN: Un effetto enorme, dal momento che hanno dato a tutti fiducia nel futuro e nei prossimi anni, in un momento in cui molte persone si sentono piuttosto perse. Si guardi intorno, a Firenze non c'è ancora praticamente nessuno. Hanno anche generosamente donato alla città un grande vestito da donna visto a Palazzo Vecchio: l’outfit femminile in damasco rosso e ricami in vero oro apparso nella sfilata maschile.
FN: E perché tutto ciò è stato così importante per Firenze?
RN: Domenico e Stefano ci hanno ispirati a come pensare di fornire un impatto molto più forte con la nostra sezione artigiana di Pitti. Ora i nostri artigiani sanno che devono iniettare un po’ di pepe, qualcosa di inaspettato, alle loro realizzazioni.
Ciò che è notevole di Dolce & Gabbana è la forza delle loro idee italiane; il loro Made in Italy e il loro DNA italiano. Eppure sono liberi di creare e non lasciano che il DNA li limiti, anche se hanno quelle loro tipiche immagini iconiche ben chiare, dal pizzo nero ai fiori siciliani.
FN: Come sta andando Pitti Connect?
RN: Già nel 2019 abbiamo deciso di aprire a gennaio 2021 un nuovo servizio dotato di più contenuti, tra informazioni e interviste, storie dei buyer e tendenze. Aggiungendo così più sostanza al traffico.
FN: Quali sono gli obiettivi principali di Pitti Connect?
RN: Il concept iniziale era Fiera Digitale – un ePitti con una strategia più semplice. Sappiamo che è impossibile per un buyer visitare in tre giorni i 1.200 espositori presenti a Pitti Uomo – una vera offerta a tutto tondo – dai giovani designer alla sartoria, dallo street allo sportswear. Quindi abbiamo pensato, perché non usiamo la nuova tecnologia per offrire una possibilità di espressione più lunga alla nostra community, consentendo così ad espositori e buyer di restare in contatto per altre quattro o cinque settimane? Ne abbiamo aumentato la portata con 95.000 foto e 2.360 video e abbiamo ricevuto un’attenzione crescente.
FN: Quante aziende vi partecipano?
RN: Al 31 luglio avevamo 501 aziende che pubblicavano contenuti e partecipavano. Il costo per essere su Pitti Connect è di 2.500 euro a stagione. All'interno di Pitti, i brand pagano una base di 300 euro al metro quadro. Ma se vuoi che allestiamo il tuo stand con tutto il resto, allora sono 450 euro. Un’azienda importante, come Brunello Cucinelli, che si prende 300 metri quadri, paga dunque 90mila euro a fiera.
FN: Quanti buyer si sono registrati su Pitti Connect?
RN: Nelle ultime due settimane di luglio abbiamo registrato 75.000 buyer iscritti a Pitti Connect. Circa 130.000 visite; e 630.000 pagine visualizzate. Una media di cinque pagine a persona. All'inizio il tempo dedicato era 1,20 minuti per sezione, ora c’è più “fedeltà” e il dato è vicino ai due minuti. Soprattutto per le nostre grandi interviste, come quella con Hirofumi Korino di United Arrows, che è il singolo buyer più grande. La sua intervista ha avuto 6.000 pagine visualizzate; davanti a Cucinelli con 5.500. Abbiamo un elenco di VIP buyer che ora non possono viaggiare, ma che hanno molteplici relazioni con i marchi tramite Pitti Connect.
FN: Quando pensate sarà la prossima volta in cui riuscirete ad organizzare un Pitti?
RN: Nel gennaio 2021, ecco perché stiamo lavorando molto duramente. Saremo felici di raggiungere la metà dei nostri numeri normali. Avere 600 espositori sarebbe un’ottima cosa!
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