Raf Simons: “Ancora oggi, gli stilisti devono creare desiderio"
Giovedì sera è stato il punto culminante dei Fashion Talks 2019, la cui quarta edizione si è svolta nel recinto della storica Borsa di Anversa: Raf Simons ha parlato per la prima volta dopo la sua partenza da Calvin Klein, avvenuta a fine 2018. L'argomento spinoso, tuttavia, non è stato affrontato da Alexander Fury, il giornalista che ha moderato l'intervista.
Comunque, i circa 800 ospiti dell'evento hanno potuto assistere a una chiacchierata che ha spaziato su tanti argomenti di generi diversi e che ha permesso a Raf Simons di esprimere ancora una volta le proprie critiche, talvolta aspre e al vetriolo, al settore della moda.
Naturalmente, Raf Simons per prima cosa ha ricordato i suoi inizi ad Anversa negli anni '90. All’epoca, ha raccontato, fu soprattutto Walter Van Beirendonck, anch’egli presente in mezzo al pubblico, che l’aiutò a lanciarsi. A quel tempo, l'ecosistema della moda di Anversa era solidale e unito, i designer si sostenevano a vicenda.
Quando Alexander Fury gli fa una domanda sul ruolo odierno dello stilista, Raf Simons mette in primo piano il processo creativo. “Ancora oggi un designer deve creare desiderio”, afferma la star della moda belga. Una visione relegata in secondo piano durante l'evento, rimasta celata dietro a tutte le domande sullo sviluppo sostenibile e sulle tecnologie indossabili sentite ad Anversa.
Raf Simons ha inoltre ribadito le sue difficoltà con i ritmi ormai prevalenti nel settore della moda, caratterizzata da un rinnovamento sempre più rapido delle collezioni, tra pre-collezioni, collaborazioni e cruise collection.
“Quando lavoravo da Dior, la pressione era veramente forte”, confida il designer. Secondo lui, la curiosità della stampa alimentava questa tensione permanente, perché richiedeva informazioni sulle collezioni settimane prima della sfilata, ed esigeva di vedere il designer al lavoro durante il processo creativo.
In altre parole, la sua visione del futuro degli stilisti di moda non è particolarmente ottimista. Per lui, le questioni del marketing e l’imperativo assoluto di crescere sempre e comunque hanno avuto la precedenza sulla sartorialità e sulla lavorazione artigianale, condannando i marchi ad una continua rincorsa commerciale.
L'intervento dello stilista e la sua breve ma illuminante conversazione con Alexander Fury hanno suscitato un fragoroso applauso.
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