Gianluca Bolelli
17 giu 2016
Raf Simons chiude in bellezza il Pitti Uomo
Gianluca Bolelli
17 giu 2016
Circa 260 manichini erano collocati negli immensi hangar della Stazione Leopolda, confondendosi nell'oscurità con i visitatori. Seduti sul pavimento a gambe incrociate o a cavalcioni su varie impalcature, appollaiati su alcuni montacarichi e perfino sul tetto, indossavano tutti i vestiti disegnati da Raf Simons in 20 anni di carriera, e si confondevano in modo inquietante alle ombre del pubblico.
Questo è proprio l'effetto che voleva ottenere il designer belga, che il salone fiorentino Pitti Uomo ha voluto celebrare in questa stagione. Per il suo evento, collocato in chiusura della fiera giovedì sera, Raf Simons non voleva una retrospettiva congelata come in un museo, ma un vero spettacolo vivente. Dappertutto, si intersecavano fra loro gli outfit immaginati dallo stilista in vari lustri.
Un neon crepita, dei riflettori rossi e verdi illuminano a malapena l'ambiente post-industriale. Improvvisamente, si sente cantare, i proiettori s'illuminano e i primi modelli in carne e ossa escono, fendendo la folla.
Calzetti e ciabatte ai piedi, pantaloni neri, i modelli indossano ampie camicie bianche leggermente svasate, sulle quali sembrano appiccicate delle foto in bianco e nero.
Gli scatti sembrano disposti in modo arbitrario, sia a sinistra, nella parte inferiore della camicia, sia sulla schiena e anche sul petto, creando un'estetica molto grafica. Sono i ritratti stilizzati del fotografo statunitense Robert Mapplethorpe.
Vi si riconoscono alla rinfusa Bob Dylan, Jim Morrison, Patti Smith, Laurie Anderson. Raf Simons ha potuto attingere agli archivi del fotografo grazie a un accordo con la Fondazione Robert Mapplethorpe. Seguono poi le foto di fiori e i suoi famosi nudi maschili, senza dimenticare una serie di polaroid.
Intanto, sotto la direzione del DJ Michel Gaubert, il registro musicale cambia radicalmente, lasciando spazio a un ritmo elettronico, e così anche i look si trasformano, tra riferimenti erotici e citazioni cinematografiche, in risonanza con la natura cruda di certe immagini di Mapplethorpe.
Con lo sgardo coperto da un berretto di pelle, una cintura sottile annodata al collo come una cravatta, i modelli indossano dei gilet e dei gonnellini grembiuli di pelle, tipo quelli piombati da radiologia, tutti decorati con delle foto. Dei pullover oversize ampiamente sciancrati svelano sui loro petti ancora altre immagini.
Gilet senza maniche di maglia fatti a mano sono come ristretti o privati della loro parte inferiore. Delle grandi borse in juta servono da quadro a nuove immagini. Qua e là, alcuni tocchi di colore (giallo, rosso, verde, turchese) portano un elemento pittorico a questa collezione molto contemporanea.
Dominique Muret (Versione italiana di Gianluca Bolelli)
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