Quando i marchi di moda rivendicano lo spirito del maggio ‘68
Quando è sorta la questione della commemorazione degli eventi del maggio ‘68 da parte dello Stato francese, le griffe transalpine dell’universo moda non hanno esitato a buttarsi a capofitto in queste iniziative. Riprendendo i codici del linguaggio protestatario e del vento di libertà che sconvolsero la Francia 50 anni fa, Gucci, Etam, Sonia Rykiel e Camaïeu hanno creato un prodotto, una campagna o un evento dedicato a quel periodo.

Di forma rettangolare e realizzata in pelle di toro, “Le pavé parisien” di Sonia Rykiel è appena entrata nella linea di borse della casa francese. “Pensata per prendere d’assalto le strade di Parigi”, la borsa ravviva, secondo il marchio, “lo spirito ribelle che animava Sonia Rykiel nella prima fase della sua carriera”.
Il marchio con le radici a Saint-Germain-des-Prés, non lontano dalla Sorbona, che all’epoca contribuì alla liberazione del corpo della donna, utilizza abilmente con questo prodotto ammiccante “una certa forma d’ironia”, secondo Frédéric Godart, sociologo della moda ed insegnante all’INSEAD. “Non si tratta affatto d’ignoranza, perché la maison ha una sua opinione definita ed è nata quell’anno, ma è abbastanza divertente vedere come la pietra di un marciapiede, oggetto pesante e sinonimo di violenta ribellione, possa diventare un oggetto lussuoso e che non fa male!”.
Estetizzazione della politica
Pensata con uno spirito di imitazione e chiamata in modo deciso “Gucci dans les rues” (“Gucci per le strade”, ndr.), la campagna della collezione Pre-Fall 2018 della firma italiana si tuffa nel maggio del ’68 seguendo in stile reportage un gruppo di studenti in rivolta: assemblea generale permanente, striscioni di protesta, manifestazioni… C’è tutto il campionario delle pratiche del sessantottino tipo, salvo che i giovani manifestanti sono griffati Gucci dalla testa ai peidi. Contraddittorio? Il marchio del gruppo Kering è stato deriso sui social network da molti utenti di Internet che l’hanno accusato di appropriarsi per motivi meramente economici di una contestazione che fu il cuore dell’anticapitalismo, lui che fa parte di uno dei maggiori gruppi del lusso mondiali e che mostra risultati di vendita sempre eccellenti.

E invece questa pubblicità incarna, per Frédéric Godart, “l’espressione di una totale libertà creativa, che per un marchio significa l’occuparsi di qualsiasi argomento conservandone solo i codici che gli interessano, in questo caso soprattutto la dimensione visiva”. Gucci offre “una forma di simulacro, non nel senso negativo del termine: si tratta di una visione distaccata dalla politica, che ha conservato solo un'immagine estetica, forse idealizzata”. Un giudizio che però esalta solo lo studente un po' hippie e sognatore, mentre va ricordato che il movimento ha mobilitato anche operai, impiegati, intellettuali e contadini contro la politica statale.
Il prêt-à-porter, nato nel 1968?
Il marchio Kickers non è invece nato durante quei rivolgimenti, ma si può ancora fregiare di produrre un modello ispirato a quel periodo: il suo iconico stivaletto è stata personalizzato in questa stagione da una studentessa della Scuola di Arti Applicate Créapôle Paris. Il marchio si posiziona come heritage. “Figlio del maggio ‘68, la storia di Kickers comincia nel 1970 con la volontà folle di mettere le scarpe a questa giovane generazione determinata a vivere i suoi sogni”, indica l’etichetta del gruppo Royer.

L’avvento del prêt-à-porter in Francia è di fatto legato al cambiamento della società del Ventesimo Secolo, con il decennio dei Sixties che ha accelerato l’emergere degli stilisti di fronte ai grandi couturiers. “Il prêt-à-porter ha avuto le sue premesse nel 1945, ma s’impone veramente negli anni ‘60 davanti alla Haute Couture. Poi, alcuni anni più tardi, nel 1973, il prêt-à-porter viene riconosciuto istituzionalmente”, sottolinea il sociologo. È la nascita della Chambre Syndicale du Prêt-à-porter, des Couturiers et des Créateurs de Mode.
“Non c'è da meravigliarsi che le griffe vogliano celebrare questa epoca, perché il maggio del ‘68 ha contribuito a sconvolgere il mercato dell'abbigliamento”. Il jeans e la minigonna si sono generalizzati, così come i materiali sintetici, adattandosi al corpo.
Cercando di collegare questo anniversario con l’attualità, il marchio Etam propone invece alle proprie clienti di venire spontaneamente a scrivere delle frasi sulle vetrine dei suoi negozi trasformati in free walls, dal 17 al 20 maggio. Il maggio ‘68 è il “punto d’inizio di un movimento libertario e di una consapevolezza che hanno portato alla nascita del movimento femminista negli anni ‘70”, ricostruisce l’insegna di biancheria intima, il cui credo è Frenchliberté. “Tanto più che le lotte per cui le donne hanno combattuto in quell’epoca sono più che mai attuali”. Sebbene l’iniziativa possa far sorridere, è proprio creando una risonanza con le idee e le rivendicazioni sociali di oggi che il marchio francese cerca di connettersi con le aspirazioni delle sue clienti e quelle delle potenziali nuove reclute.

Tutte queste iniziative rappresentano infine l’occasione ideale per accaparrarsi un “vocabolario piuttosto forte”, come lo definisce Frédéric Godart: si va dal “Esprit frondeur” (“Spirito ribelle”) di Rykiel al mantra “Rêve général” (“Sogno generale”, ndr.) di Camaïeu. Il maggio del 1968 s’impone come un’inesauribile fonte di slogan e di battute per risvegliare una comunicazione talvolta (troppo) consensuale al settore della moda.
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