«Comprendere meglio da dove provengono le risorse naturali e i servizi da cui Puma dipende; il fatto poi che non siano inesauribili aiuterà Puma a forgiare un modello economico più solido e sostenibile che, in ultima analisi, gli permetterà di gestire in modo migliore il suo impatto sull'ambiente», ha spiegato Jochen Zeitz, PDG di Puma e direttore dello sviluppo sostenibile di PPR, gruppo proprietario del brand tedesco, lunedì 16 maggio, a seguito della pubblicazione dei primi dati del Conto Economico dei risultati ecologico-ambientali.
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Puma ha infatti deciso da tempo di innovare in materia di sviluppo sostenibile e di giocare la carta della trasparenza. Così, il marchio valuta l’impatto ambientale diretto della sua attività a 7,2 milioni di euro e a 87,2 milioni quello dei suoi fornitori. Vale a dire un impatto sull'ambiente (fra quello delle emissioni di gas a effetto-serra e quello dell'utilizzo d'acqua sull'insieme della catena del valore di Puma) valutato a 94,4 milioni di euro. E se Puma ha scelto di misurare le conseguenze dei gas-serra e del consumo d'acqua in questa prima tappa del suo Conto Economico Ambientale, è perché queste ultime hanno l'impatto maggiore e più importante sull'ambiente.
Delle misurazioni – rispettivamente effettuate dalle aziende PwC e Trucost – che hanno pesato sulla totalità della catena del valore di Puma (dalla produzione delle materie prime alle attività operative di Puma), mettendo in luce che sono i fornitori detti di «4a fila» (cioè i produttori di materie prime provenienti da risorse naturali) che sono responsabili del 36% del totale delle emissioni di gas-serra (19,7 milioni di euro) e del 52% dell'utilizzo totale di acqua (24,7 milioni di euro): «Fatto che mostra che l'attività che causa il maggior consumo di acqua nella produzione di una t-shirt si svolge nella prima tappa della sua fabbricazione: la coltivazione del cotone», spiegano dall'interno del gruppo.
Puma, che ha in previsione di ridurre del 25% le sue emissioni di carbonio e il suo consumo di energia e d'acqua da qui al 2015, mostra così che la maggior parte del lavoro per ridurre il suo imprinting sull'ambiente dovrà essere effettuato tra i suoi fornitori e subappaltatori.
Un'analisi che costituisce la prima parte della fase 1 (i cui risultati saranno resi noti nell'autunno 2012) di un processo in tre tempi che andrà a sfociare nell'elaborazione di un «Conto Economico Ambientale, Sociale e Finanziario globale».
La fase 2 affronterà i fattori sociali, come le retribuzioni eque o le condizioni di lavoro, per permettere l'elaborazione del «Conto Economico Ambientale e Sociale» e la fase 3 i benefici sociali ed economici legati all'attività di Puma.
Sarah Ahssen (Versione italiana di Gianluca Bolelli)
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