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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
31 mar 2022
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Philippe Model, con il lancio dell'abbigliamento, punta a crescere del 20% nel 2022

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
31 mar 2022

Il marchio Philippe Model, che ha appena fatto debuttare una collezione di abbigliamento, si sta progressivamente riprendendo dalla pandemia, tanto da puntare a una crescita di giro d’affari del 20% nel 2022.

Uno dei capi della nuova collezione d'abbigliamento del marchio - Foto: Philippe Model


Fondato nel 1981 dal famoso designer di cappelli Philippe Model, le cui creazioni sono apparse sulle passerelle di grandi della moda come Jean-Paul Gaultier, Claude Montana, Issey Miyake e Thierry Mugler, il marchio oggi è essenzialmente un'azienda di calzature.
 
Tuttavia, la sua collezione genderless dovrebbe cambiare tutto questo. Disegnata in Italia, ma prodotta in Portogallo e Romania, la linea, composta da vari look sportivi monocromatici, sembra dare un intelligente slancio in più alla classica gamma di prodotti del marchio.

Lanciata con una collezione See Now Buy Now, la linea di vestiti gioca con volumi e tessuti di alta qualità; ed è senza genere, perché ragazzi e ragazze condividono i medesimi materiali e le stesse cartelle colori.
 
I prezzi vanno da 80 euro a 120 euro per una T-shirt e da 170 euro a 220 euro per i maglioni, con pantaloni intorno a 240 euro e giacche fino a 350 euro. L’azienda vende la collezione nelle sue boutique, ovvero circa 40 doors, ma prevede di raddoppiarle fino ad arrivare a circa 100 indirizzi nell'estate del 2023.

La nuova calzatura "Lyon" del brand - Foto: Philippe Model


Oggi il brand ha sede a Milano ed è controllato da 21 Invest, fondo creato da Alessandro Benetton, insieme a due investitori di minoranza. Philippe Model non ha un ruolo attivo e non possiede azioni del marchio che ha fondato, ma “è un amico dell’azienda”, spiega il direttore globale delle vendite Robert Martin Kimberger.
 
L'anno scorso, Philippe Model ha registrato un fatturato annuo di circa 35 milioni di euro, una PMI felicemente redditizia.
 
“Ci piacerebbe una crescita a due cifre con il numero 2 davanti, è quello a cui puntiamo!”, sorride Kimberger davanti a un caffè nello showroom parigino di Philippe Model, in Rue Royale.
 
L'anno scorso, con una mossa coraggiosa, il brand ha aumentato i margini dei suoi rivenditori, proprio quando l’impatto del Covid portava molte persone a chiedere degli sconti.
 
“Eravamo determinati a mantenere un business a buon prezzo. Abbiamo capito che i nostri clienti avevano bisogno di un po' più di mark-up. Molte aziende del segmento del lusso hanno fatto il contrario. Ma la nostra strategia è stata ben percepita dai nostri clienti”, osserva Kimberger.
 
Nel mondo, l’azienda è distribuita in quasi 800 punti vendita, con Italia, Francia e Germania come suoi mercati più grandi, mentre negli ultimi due anni il marchio ha raddoppiato gli affari negli Stati Uniti. Philippe Model vanta anche due flagship, in rue Grenelle a Parigi e in Via Sant'Andrea a Milano, e negozi in franchising a Lione e Saint Tropez, con una nuova boutique che sta per aprire a Nizza, in tempo per l’estate.
 
“Il DNA di Philippe Model è essenza parigina con artigianalità italiana, offrendo un prodotto di design contemporaneo premium. Un look sofisticato per affrontare l'intera giornata, tra lavoro, sport, università e aperitivo”, ha spiegato Kimberger.

L'interno del negozio di Milano del brand - Foto: Philippe Model


È un prodotto urbano contemporaneo principalmente realizzato in Veneto. Le sneakers hanno prezzi variabili, per lo più da 250 euro a 350 euro, una fascia che non vogliono lasciare, anche se i rivali stanno aumentando i loro prezzi al pubblico, sebbene le calzature più fashion ed iconiche di Model possano superare i 400 euro.
 
Come designer, Model era noto per il suo senso dell'umorismo e per lo stile francese un po’ stagionato. Negli anni '80, il suo appartamento in rue Casanova a Parigi divenne un tempio del classicismo transalpino più insolito. Tutte le calzature esibiscono ancora il logo del brand: lo stemma di Parigi con un veliero sulle onde.
 
La casa mantiene quella tradizione realizzando trattamenti vintage su molte scarpe. Finiture volutamente sbiadite per fornire un aspetto invecchiato insieme al colore, ma con un tocco in più.
 
A livello internazionale il marchio ha aperto anche l’India, è tornato a distribuirsi in Medio Oriente e ha inaugurato un punto vendita nel grande magazzino Attica in Grecia.
 
“Con il Covid abbiamo fatto un passo indietro e ridotto alcuni clienti, cogliendo l'occasione per ottimizzare la nostra distribuzione”, osserva Kimberger, che da vero bavarese tifa per il Bayern Monaco.
 
Philippe Model ha anche assegnato la licenza per i bambini ad Andrea Montelpare, specialista delle scarpe junior di lusso, che già gestisce le licenze delle calzature per bambini dei marchi DSquared2, Moschino, MSGM ed Elie Saab.
 
In termini di sostenibilità, Philippe Model ha investito in suole più leggere ma resistenti e in materiali tecnici come il nylon resistente all'acqua. “Non ha senso fare una scarpa la cui suola si consuma in sei mesi e la butti via. Questo è l'opposto di sostenibile”, puntualizza Kimberger.

Foto: Philippe Model


Philippe Model ha anche collaborato con l’italiana ACBC (Anything Can Be Changed), azienda specialista in calzature certificata B-Corp, per sviluppare una scarpa chiamata “Lyon” che è interamente sostenibile, in quanto partendo da essa il brand comincia a utilizzare materiali estratti da mais, mele e bottiglie di plastica riciclate. La sua impronta di carbonio è inferiore a quella di molti concorrenti, visto che la maggior parte degli articoli del marchio viene prodotta in Veneto e in più si prevede di compensarla sostenendo la riforestazione.
 
Con sede nell'elegante Via Bigli a Milano, lo staff mondiale di Philippe Model conta circa 60 persone, pronte per la prossima espansione nel prêt-à-porter. Storicamente le sneakers rappresentavano il 98% del fatturato, anche con la recente aggiunta di espadrillas e stivali, sempre Made in Italy.
 
“Non abbiamo bisogno di fare tutto trafelati o di crescere rapidamente; ci concentriamo prima sul posizionamento. Ma se si considera che l'80% della nostra distribuzione è nei negozi di abbigliamento, significa che c'è una grande opportunità per far crescere il nostro business della moda”, afferma il dirigente.
 
Sì, ma di quanto, gli chiediamo?
 
“Secondo la mia esperienza, se vuoi che sia il 10% devi puntare al 50% e se vuoi il 20% devi spingere per il 100%. Quindi i nostri piani sono molto ambiziosi. Diciamo solo che sarei molto felice se la moda raggiungesse il 10% del nostro fatturato”, sorride.

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