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4 giu 2020
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Per McKinsey, Pitti Immagine e CNMI si entra nell’epoca del “Silent Luxury”

Pubblicato il
4 giu 2020

Il webinar “A perspective for the luxury-goods industry during and after coronavirus”, organizzato da McKinsey, Camera della Moda e Pitti Immagine, ha rappresentato l’occasione per rendersi conto di come cambierà il comparto del lusso dopo l’emergenza sanitaria legata alla pandemia del virus Covid-19. Un incontro in cui Antonio Achlle, senior partner di McKinsey & Company, Raffaello Napoleone, CEO di Pitti Immagine, e Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, hanno condiviso un rapporto (chiamato “Emerging with strength in luxury’s “new normal”) contenente un sondaggio cui hanno risposto oltre 1.000 buyer del lusso di Stati Uniti ed area EMEA, oltre a 80 CEO di prestigiose aziende come Kering, Missoni, Reda, Valentino, Brioni, Rinascente, Isetan, Marcolin, Harmont & Blaine o Tod’s.

Lo scenario ottimistico e quello pessimistico del crollo delle vendite di beni di lusso nel 2020 - McKinsey-Pitti-CNMI


Il primo aspetto messo in evidenza dall’indagine è che se il virus venisse tenuto sotto controllo e non ve ne fosse una recrudescenza in autunno, le vendite globali del lusso a causa dell’emergenza sanitaria scenderebbero dai 100 ai 110 miliardi di euro nel 2020. Solamente a fine 2021 si tornerebbe ai valori del 2019, grazie ad una Cina dalle performance migliori di Europa e USA. Ma questo è lo scenario più ottimistico. Quello pessimistico prefigura una forchetta di 130-140 miliardi di euro in meno, anche in questo caso con un crollo meno marcato della Cina.
 
In entrambi i casi si tratterebbe di colpi durissimi per un settore che vale 390 miliardi di euro. Contrazioni severe, che interesseranno in misura minore i prodotti dei segmenti accessori e cosmetici (grazie alla maggiore facilità con cui vengono comprati in Rete), con diminuzioni delle vendite previste tra il 10 e il 35%, e in modo maggiore abbigliamento, arredamenti e orologi e gioielli, con cali compresi tra il 20% e il 45%.

È molto significativo il fatto che quasi nessun Amministratore Delegato si aspetti un ritorno alla normalità: ben il 43% di loro si attende che entreremo in una nuova era del lusso in cui le nuove regole del gioco dovranno essere ridefinite, mentre solo il 3% pensa che dopo qualche mese di declino il settore tornerà alla normalità. In mezzo, un 54% si attende un ritorno alla normalità, ma con alcuni degli elementi fondamentali del comparto che dovranno essere - o saranno già - profondamente cambiati.
 
Sempre secondo l’indagine congiunta McKinsey-CNMI-Pitti, l’80% dei consumatori tornerà nei negozi, ma lo farà con estrema cautela. I più vogliosi di tornare a fare shopping sono i francesi, mentre gli italiani, più degli altri, pretendono che i negozi di lusso abbiano implementato le procedure di sicurezza speciali previste dalle autorità sanitarie per limitare il contagio. Ben il 37% degli statunitensi afferma che entrare in un negozio di lusso non è più una loro priorità e non lo sarà per tanto tempo.
 
Il lockdown ha anche portato ad una nuova concezione della parola “Lusso”, che per la metà dei rispondenti non sarà più il mero comprare prodotti di superiore qualità e design, ma il poter trascorrere più tempo con i propri cari (26%), o il sentirsi al sicuro (24%). Non solo: McKinsey riferisce di un ritorno al “Silent Luxury”, un lusso ovattato, non ostentato, con i clienti che andranno a prediligere qualità e valori di un brand, piuttosto che l’effetto “bling bling”.

Quasi nessun AD si aspetta un ritorno alla normalità per il settore nel post Covid - McKinsey-Pitti-CNMI


Ne emerge che lo scenario della prossima “nuova normalità” vedrà le persone spendere meglio e con più coscienza, in un settore della moda caratterizzato da un e-commerce più innovativo e conveniente e più in generale dalla combinazione di maggiore sostenibilità, inclusività e sicurezza e dalla riscoperta di piccoli negozi e botteghe locali di vicinato.
 
In Europa e USA saranno in particolare Millennials e Generazione Z a guidare la ripresa degli acquisti nei negozi. Anche in Cina, saranno i consumatori più giovani a guidare la ripresa dei consumi per il lusso, ma McKinsey stima che ci vorranno parecchi mesi prima che il turismo cinese torni ai livelli storici. Più del 40% dei cinesi non pianifica nemmeno di tornare a viaggiare prima dell’autunno 2020. I viaggi per lo shopping sono in fondo alla classifica dei desideri dei consumatori odierni, che vede in cima spostamenti ispirati da storia, cultura, esperienze avventurose outdoor e dal raggiungere la propria famiglia.
 
Nei prossimi mesi, i wholesaler italiani (che secondo Raffaello Napoleone di Pitti Immagine da circa due settimane sono ripartiti “con risultati largamente al di sotto delle aspettative”) si troveranno a fronteggiare crescenti diminuzioni di liquidità disponibile, con un picco del 77% di loro dopo 6 mesi dall’inizio del lockdown (4 mesi da oggi), mentre il 26% ha registrato tali problematiche sin dal primo mese.
 
Molti di essi, per sopravvivere, si troveranno costretti a prendere provvedimenti radicali, alcuni dei quali potranno avere un impatto negativo sui brand, come realizzare vendite flash online, impegnarsi in commerci paralleli o adottare un’aggressiva politica di sconti. La strategia degli sconti anticipati si rivela in molti casi l’unica possibile per resistere alla crisi per molti venditori all’ingrosso; infatti, è proprio quanto stanno facendo negli Stati Uniti i grandi department store (come Saks Fifth Avenue, Bergdorf Goodman, Nordstrom, Neiman Marcus) i quali stanno praticando sconti fino al 40% sulle collezioni moda nei loro saldi anticipati sul Web.
 
Un canale online che sta diventando sempre più centrale nell’esperienza d’acquisto: il 24% dei consumatori ha infatti dichiarato di aver sperimentato per la prima volta lo shopping sul Web durante il contenimento.

Gli 8 potenziali cambiamenti nei comportamenti dei consumatori nella prossima fase di "nuova normalità", secondo l'indagine - McKinsey-Pitti-CNMI


Il report si è infine soffermato sui tantissimi annullamenti di Fashion Week, sfilate e fiere innescati dal Covid-19. Milano, Londra, Parigi, Tokyo, Shanghai, Mosca, Seoul sono tra le Settimane della Moda positicipate o cancellate. Hermès, Gucci, Prada, Versace, Chanel, Dior, Burberry, Max Mara o Ralph Lauren sono tra i marchi più famosi ad aver annullato show. Innumerevoli anche le fiere spostatesi più avanti nell’anno o direttamente al 2021, come MIDO, Milano Unica, Pitti Uomo, OroArezzo o Cosmoprof.
 
E allora McKinsey, Pitti e CNMI si sono chiesti quale potrebbe essere la reazione a breve e medio termine a tutto questo da parte dell'industria del lusso. Tre gli scenari ipotizzati. Il meno disruptive: si torna ai normali show classici dopo il "letargo" del lusso. “Alla fine, vedremo un ritorno alle abituali sfilate fisiche, in quanto sono ancora un punto di comunicazione fondamentale con buyer e clienti”, indica uno dei rispondenti.
 
Lo scenario intermedio: il digitale diventa la piattaforma privilegiata per coinvolgere i consumatori e mantenere i rapporti con acquirenti e partner commerciali, con un calendario delle collezioni invariato. “Dobbiamo essere sicuri che gli elementi più transazionali delle Settimane della Moda, come gli acquisti all'ingrosso, possano essere facilmente realizzati tramite le piattaforme digitali”, ha detto uno degli intervistati per l’indagine.
 
Terzo scenario, il più disruptive: l'intero calendario delle collezioni viene semplificato e i lanci di nuovi prodotti nei negozi si avvicinano alle loro “stagioni naturali”, con Fashion Shows che presenteranno oltre 150 brand.

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