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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
27 apr 2022
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Per aprire negozi, i marchi del lusso hanno quasi evitato l'Europa e privilegiato la Cina

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
27 apr 2022

La pandemia globale, che ha gravemente ridotto gli spostamenti internazionali, ha portato i consumatori cinesi del lusso a fare acquisti nel proprio Paese, piuttosto che in vacanza all'estero. L'anno scorso le griffe di lusso hanno alimentato questa domanda: il 55% delle aperture di negozi in questo settore nel 2021 è stato effettuato nel mercato cinese, riporta uno studio condotto da Savills, società britannica di consulenza immobiliare. Ricordiamo che il 21% della spesa per beni di lusso è stato realizzato in Cina nel 2021, secondo Bain & Company.

Flagship Swarovski a Shanghai - Savills


Sempre nel 2021, nella sola Shanghai sono stati lanciati 16 importanti progetti retail di lusso. Tuttavia, la ripresa dell'epidemia di inizio anno potrebbe rallentare questo slancio: “Le aperture nella prima metà del 2022 saranno senza dubbio molto inferiori, a causa di una recrudescenza dell'epidemia e del ritorno dei confinamenti locali e dei divieti di viaggiare all'interno del Paese”, ha commentato Nick Bradstreet, direttore retail di Savills Asia.
 
Anche in Medio Oriente si assiste a un rimbalzo delle aperture, anche se questa regione rappresenta solamente il 3% di tutti i progetti su scala globale. “A Dubai, molti marchi di lusso sono rappresentati da boutique monomarca che sono di proprietà di affiliati in franchising e partner locali. Con i recenti cambiamenti nella politica del governo, i marchi internazionali stanno ora insediandovisi direttamente e cercano di riprendere il pieno controllo dei loro negozi”, ha affermato Kenny Lam, consulente retail presso Savills Middle East.

L'anno scorso, le inaugurazioni di boutique si sono concentrate nelle località con popolazioni numerose e relativamente agiate. “Il Cairo, l'Arabia Saudita e il Bahrain rappresentano attualmente opportunità di questo tipo per i marchi deli lusso”, continua.

Questi sfondamenti in Cina e in Medio Oriente vanno a scapito del mercato europeo. Il Vecchio Continente ha mostrato solo il 14% delle aperture di negozi di lusso nel 2021, mentre nel 2019 rappresentava il 35% dei progetti globali. I motivi sono legati al calo della spesa turistica dovuto al Covid-19, ma anche al livello di maggiore maturità del mercato europeo sul fronte del lusso.

Le aperture effettuate nel 2021 (vs 2019), classificate per settore del lusso - Savills


“Il numero di viaggiatori internazionali non dovrebbe tornare ai livelli pre-Covid prima del 2025. Tuttavia, ci aspettiamo una ripresa molto più rapida in Europa e Nord America, che stimolerà la domanda dei marchi di lusso”, prevede Marie Hickey, direttrice della divisione ricerca di Savill.
 
Il continente nordamericano ha sperimentato un aumento delle aperture a fine 2021, lasciando presagire un aumento dei progetti per il 2022, anche se la percentuale di inaugurazioni operate nell'area è scesa dal 25% del 2019 al 14% del 2021. Nella regione, nonostante l'attività ancora importante a New York e Los Angeles, sono le città secondarie con una popolazione benestante, come Dallas e Houston, che stanno andando meglio.
 
Infine, sta avvenendo una concentrazione anche tra i player del lusso, che stanno estendendo le loro reti. Lo scorso anno, il 41% delle inaugurazioni è stato effettuato dai tre pesi massimi del settore, LVMH, Kering e Richemont (rispetto al 33% del 2019). “Poiché questi gruppi hanno accelerato le loro attività di fusioni e acquisizioni negli ultimi 12-18 mesi, è probabile che il loro dominio aumenterà ulteriormente”, avverte lo studio.
 
Per le prospettive riferite al 2022, Savills si mostra prudente, indicando che le decisioni di aprire dei negozi saranno probabilmente meno numerose rispetto al primo semestre, a causa degli effetti dei nuovi lockdown in Cina e del ritorno dell'inflazione. “Combinato all'incertezza geopolitica causata dai terribili eventi in Ucraina, ciò potrebbe frenare gli investitori nelle loro acquisizioni di nuovi negozi, anche se riteniamo che questo sarà un problema a breve termine e che le prospettive a medio termine rimangano positive”. conclude Marie Hickey.

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