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Pubblicato il
22 mag 2019
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Per Fulgar e Tiziano Guardini scegliere materiali eco-sostenibili all’avanguardia è un must

Pubblicato il
22 mag 2019

L’avvento della fast fashion e i conseguenti problemi legati alla sovrapproduzione e allo smaltimento degli indumenti reclamano una rivoluzione sostenibile nella moda. Una tendenza già molto diffusa nel nord Europa e in espansione in tutto il mondo occidentale. È in questo contesto che lo stilista Tiziano Guardini, vincitore del ‘Green Carpet Fashion Award 2017’ come miglior stilista emergente, e promotore di una visione futura dove moda e natura rappresentino un binomio imprescindibile, ha stretto una collaborazione virtuosa con Fulgar.

Il quartier generale di Fulgar


L’azienda tessile di Castel Goffredo (MN) è da anni impegnata per la sostenibilità con un programma corporate green e un intero portfolio di prodotti ecologici, tra i quali spiccano Evo, il filato bio-based ricavato dall’olio di ricino; Q-Nova, la fibra eco-friendly ottenuta esclusivamente da materie prime rigenerate; e Amni Soul Eco, il filato che viene eliminato dal pianeta in 5 anni circa, mentre le altre fibre man-made impiegano decenni per decomporsi. 

“Fulgar s’impegna da tempo verso le tematiche ambientali avvalendosi di processi produttivi sostenibili. Un programma green ampio e strutturato che prevede la redazione di un bilancio di sostenibilità già a partire dal 2008”, ha raccontato a FashionNetwork.com durante un incontro nella sede dell’azienda, che si trova nel distretto mantovano della calzetteria, Alan Garosi, Marketing Manager di Fulgar. “Sostenibilità nel senso dell’ottimizzazione dei processi, della modernizzazione della tecnologia, della riduzione dei materiali utilizzati e della diminuzione dei consumi energetici”.

Fulgar è leader internazionale nel mercato delle fibre man-made con la produzione e la distribuzione di poliammide 6.6 e di elastomeri ricoperti nei settori tessile e tecnico. Negli ultimi tre anni l’investimento in ricerca e sviluppo dell’azienda è cresciuto costantemente. “Siamo partiti riciclando il nylon 6.6 con una filiera italiana tutta tracciata, ma a breve avremo un sistema di tracciamento completo della materia prima acquistata dai nostri clienti”, prosegue Garosi. “Poi siamo passati a prodotti di origine vegetale o rinnovabile (bio-based). Abbiamo scelto il ricino per una questione di sostenibilità della stessa pianta rispetto alle altre colture e alla catena alimentare umana ed animale, alla quale non togliamo risorse perché non è commestibile. Quindi abbiamo collaborato con la multinazionale belga Solvay allo sviluppo di filati di nylon 6.6 di origine petrolifera, ma che hanno la possibilità di degradarsi velocemente in certe condizioni, come i sacchetti dei supermercati che non biodegradano in mare, ma in discariche controllate. Ciò accade anche per i filati. Il target finale è il cradle-to-cradle, in modo che in futuro anche il capo finito diventi riciclabile, fatto oggi ancora non possibile. Secondo me, occorre essere trasparenti nella comunicazione per dare indicazioni precise agli utenti sulle differenze tra queste alternative e il loro livello di eco-responsabilità. Se ci sono dei limiti alla sostenibilità vanno fatti presente con onestà”.

Alan Garosi e Tiziano Guardini - G.B. - FashionNetwork.com


“In 5 anni abbiamo visto aumentare il livello di riciclabilità dei tessuti del 100% ogni anno”, ha precisato ancora il Marketing Manager durante l’incontro. “Se la previsione è corretta, quest’anno raggiungeremo quasi il massimo livello di riciclabilità che possiamo offrire al mercato, pari a mezzo milione di chilogrammi di prodotto. Comparandolo a quello di un riciclato classico, il prezzo di un capo aumenta del 20-25%. Il nostro obiettivo per il prossimo futuro è anche quello di creare una filiera della sostenibilità in cui i designer possano entrare in contatto coi nostri clienti”.
 
Nel caso dei polimeri bio-based non si parla più di prodotti di derivazione petrolifera, ma di piante che crescono e vengono raccolte 3 volte l’anno. Il ricino è utilizzato dai settori dell’automotive (perché ha peso specifico molto leggero che fa risparmiare peso), della bellezza e del medicale, per la sua inerzia ai batteri. “Oggi il filato Evo rappresenta una produzione di circa 100.000 chili per noi, e il prodotto è valorizzato 3 volte il suo prezzo. Pensavamo attirasse solo una fascia super-alta del mercato, invece si è rivelato piuttosto trasversale e i prodotti con Evo continuano a veder crescere la loro quota di mercato. Evo è stata anche una vetrina per entrare nel mondo della sostenibilità con un concetto alquanto rivoluzionario per i sintetici, perché il naturale diventa sintetico, il ricino diventa un nylon”, riassume Alan Garosi. “L’unica problematica con Evo è che entriamo in contatto con due industrie molto diverse: l’agricoltura e la chimica, che non sono abituate a dialogare. Perciò si trova una difficoltà nel ridurre i prezzi. Ricordiamo poi che si tratta pur sempre di una pianta. Un anno ci potrebbe essere una produzione elevatissima di ricino (In India c’è il 90% della produzione mondiale, seguono Cina e Brasile) e l’anno dopo no, dipende dalla natura. In quel caso l’unica soluzione sarebbe l’aumento dei prezzi rendendo più esclusivo il prodotto”. 
 
In questo senso è nata la partnership di Fulgar con Tiziano Guardini, conosciuto due anni fa ad un Pitti Uomo. “Dopo la vittoria del premio ho voluto contattare Tiziano Guardini, che si è mostrato subito interessatissimo”, racconta Garosi. “Forse perché gli mancava la parte man-made, ovvero era più focalizzato su un concetto di organicità, naturalità e tracciabilità della filiera. E penso che i materiali sintetici, per chi fa moda d’alta gamma, siano più complessi da introdurre nella produzione. Ma nel frattempo i tessuti tecnici hanno cominciato a spopolare, venendo sdoganati anche nell’alta moda grazie al successo dell’athleisure”.

L'impianto di ricopertura - Fulgar


Guardini, classe 1980, romano, dopo la laurea in economia si è diplomato Fashion Designer all’Accademia Koefia di Roma. Un mese dopo aver vinto il ‘Green Carpet Award’ ha ottenuto il ‘PETA Couture Award’ per il suo approccio sostenibile e cruelty free a lavorazioni, forme e contenuti. “Il mondo non ci appartiene, noi lo viviamo”, ha detto FashionNetwork.com, “perciò ritengo sia molto più bello vivere in armonia con esso. Tutti vogliamo sentirci belli indossando i nostri vestiti, ma se questo si può ottenere con capi che sono il più possibile ecologici e che durano nel tempo, riducendo gli sprechi, è ancor meglio. Perciò ho cominciato a fare ricerche su materiali sostenibili. Il mio primo desiderio era trovare un’alternativa alla seta, che viene ricavata bollendo il bozzolo con il baco all’interno per evitare che raggiunga l’ultimo stadio rompendo il filo. Molto crudele. Allora ho trovato una seta prodotta in India in maniera non violenta. Poi ho incontrato Fulgar entusiasmandomi per il loro lavoro fantastico. E nella sfilata della mia collezione Primavera-Estate 2019, che ha sfilato al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano a settembre scorso, con il Q-Nova di Fulgar ho creato le calzature e poi alcuni outfit. Tutti dobbiamo poterci vestire in maniera sostenibile”. Per quella linea lo stilista romano ha utilizzato anche tessuti sostenibili di altre aziende, ovvero l’Econyl di Aquafil, il Nilo di Filmar, l’Earth Fit di Isko, e il Recycled Nylon di Lampa. 
 
Tiziano Guardini ha aperto un pop-up store di recente, ma oggi i suoi prodotti fanno parte anche di un temporary store multibrand, costituito da vari designer che hanno a cuore il tema della sostenibilità, inaugurato al centro commerciale Fidenza Village il 15 maggio scorso e chiamato “The Creative Spot”. Le curatrici dello spazio sono Rossana Orlandi e Sara Sozzani Maino. Il brand ha 8 punti vendita top che lo distribuiscono, fra i quali Biffi a Milano, Harvey Nichols a New York o Skateboard a Beirut. “Il business plan per la prossima stagione punta a farli diventare 15”, aggiunge Guardini. “E ho nel mirino soprattutto gli Stati Uniti e l’Inghilterra”.
 
Per la partnership con Fulgar, lo stilista ha scelto di lavorare con i semi del ricino, pianta infestante non utilizzabile per l’alimentazione animale (a differenza di molti altri polimeri bio-based che utilizzano prodotti naturali destinati al settore agroalimentare, come barbabietola o mais) e gli scarti della lavorazione della poliammide 6.6, sulla base dei quali sono stati creati dei nuovi filati: il primo è un nylon assolutamente non convenzionale, in quanto ha nomenclatura 10.10 (che certifica l’origine vegetale del prodotto), il secondo è un nylon 6.6 (riciclato). Gli scarti di lavorazione sono selezionati in base alle opacità e ai vari fornitori di polimero selezionati dalla società, che successivamente vengono rifusi tramite un processo termico-meccanico; ciò significa che l’intera filiera è ad impatto zero a livello chimico.

La limited edition -G.B. - FashionNetwork.com


Durante l’incontro, nella sede di Fulgar erano esposti capi concept in limited edition nati dai bozzetti di Tiziano Guardini e realizzati con i filati green Fulgar e con WKSTM di Cifra, tecnologia brevettata e zero sprechi: grazie ad un esclusivo intreccio, permette di realizzare capi senza cuciture che, in caso di fori o strappi accidentali, non smagliano.
 
Il fatturato di Fulgar Italia è stato di 220 milioni di euro nel 2018, 6 milioni in più dell'anno prima, per il 60% ottenuto sui mercati esteri, che crescono bene (soprattutto il Far East), mentre l’Italia è rimasta stabile. Quest’anno la società ha esteso e aggiornato all’appendice 6 la propria certificazione Oeko-Tex std 100 Class, molto più restrittiva, conforme alla campagna Detox,su tutti gli articoli prodotti, prima azienda ad ottenerlo nel campo delle poliammidi e dei filati sintetici in generale. “Siamo in fase di studio di nuovi prodotti sintetici e di ricerca di materiali a base riciclata e vegetale, e alcuni li stiamo già testando”, rivela Alan Garosi. Fulgar produce 26 milioni di chilogrammi di filo in nylon 6.6 l’anno, mentre la produzione di filati ecologici è di 1,6 milioni di chilogrammi. “L’obiettivo è di arrivare a 2 milioni di chili di prodotti sostenibili sul totale della nostra produzione in 6-7 anni”, dice il dirigente.
 
E l’acqua? Per produrre una maglietta in nylon 6.6 classico internamente in Fulgar si usano 24,5 litri d’acqua. Con la fibra Q-Nova ne sono utilizzati solo 2,5. “Abbiamo cominciato a riciclare fili e bobine di scarto anche di nostri clienti”, rivela poi Garosi, “e delle altre aziende che fanno parte del nostro gruppo: quella di filati Continental, di cui abbiamo una quota, e che ha sede principalmente in Italia e Francia, e della Alsafil di Castiglione delle Stiviere, gruppo di fibre naturali, sintetiche, artificiali e filati in genere acquistato a fine 2017 (per 16,3 milioni di euro, ndr.) ed inglobato da Fulgar”, che ne ha mantenuto la parte commerciale, chiudendone l’attività produttiva.

Pallet 'Zero Wood' metallici insieme agli imballaggi tutti a rendere per il Q-Nova - G.B. - FashionNetwork.com


Fulgar è presente in tutti i settori tessili (dalla calzetteria alla maglieria circolare, dalla corsetteria al bagno e lo sport) e si avvale di 1.000 dipendenti, metà dei quali lavorano dall’Italia. Inoltre vanta due sedi produttive all’estero, in Sri Lanka (hub per il Sud-Est Asiatico) e Serbia (hub per Europa continentale e Medio Oriente), ed è distributore di Lycra company in esclusiva per l’Europa e la Turchia per i marchi Lycra Fibre, Lycra T400, Elaspan Fibre. L’azienda ha attivi in catalogo più di 15.000 tipi di filato abbinati con elastomeri o poliammidi particolari. Inoltre dal 2012 Fulgar ha stretto una partnership con il gruppo Rhodia-Solvay, divenendo distributore e produttore esclusivo della fibra Emana principalmente per Europa, Nord Africa e Medio Oriente.

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