Parigi: una stagione di assemblaggi e autenticità
È stata una stagione di abbigliamento maschile eccezionalmente impegnata quella vista a Parigi, ricca di debutti multipli e, soprattutto, di influenze multiple, spesso all'interno della stessa collezione.
Case come Balmain e Sacai hanno entrambe impressionato, realizzando vestiti che sono riusciti ad assemblare una miriade di stili – spesso all’interno di un singolo capo. Altrove, la stagione ha rappresentato un ritorno all'autenticità, un desiderio di natura – visto nel momento Marcel Pagnol da Jacquemus, nello show influenzato dall’oceano di Jason Basmajian per Cerruti e nell’omaggio alla cultura peruviana di Kenzo.

Balmain
Nessuna casa di moda sa essere così tanto in risonanza con le ore notturne come Balmain. Sotto la guida creativa di Olivier Rousteing, la sua luce guida è il dark glamour: raramente come in questo suo ultimo show di moda maschile si è potuto assistere a un'esposizione sincera, divertente e fantastica di eleganza rock e dance.
C’è da dire che Rousteing si trova proprio nella casa di moda giusta, con un management che crede in lui e lo sostiene. Il giorno dello show, Balmain ha lanciato la sua app; questa settimana tornerà sulle passerelle della Haute Couture parigina dopo una decina di anni di assenza. L'app è progettata per consentire alla Balmain Army di accedere all'atelier di alta sartoria della casa di moda. Mercoledì, Olivier ospiterà lo show sartoriale all'interno del nuovissimo flagship del brand nell’arteria commerciale più hot di Parigi, rue St Honoré, proprio di fronte all'Hotel Costes, il migliore spazio fashion della città. Per un pubblico di meno di 150 persone. Sicuramente la app sarà molto pratica.
Ciò che rende Rousteing un grande designer (perché lui è questo) è la sua speciale abilità di sintetizzare gli stili, i riferimenti e le culture in una dichiarazione di moda potente e incisiva. Non sarà mai un designer tranquillo, e dovremmo essergli grati per questa caratteristica, soprattutto se lo porta a realizzare collezioni così efficaci come quella vista in questo suo ultimo show.
Presentata all'interno di uno spazio in cemento per il tennis indoor, rifatto coprendone l’intera superficie del pavimento in argento riflettente, la collezione è stata un omaggio a Michael Jackson e c’è stato infilato dentro ogni tipo di riferimento: militare, punk, rock dandy, dandy urbano e rapper; eppure è riuscita ad essere una collezione coerente. Inoltre, ha davvero raggiunto l'obiettivo di Rousteing, di realizzare una linea degna della “forza sicura di sé degli anticonformisti urbani di oggi”.

Sacai
“Volevo un melting pot di moda”, ha sorriso Chitose Abe nel backstage della sua ultima ‘collezione d’assemblaggio’ messa in scena con un elevato dispiegamento di misure di sicurezza dentro alla Galerie Courbe del Grand Palais.
Pochi designer hanno avuto tanta influenza sulla moda in questo decennio come Abe, il cui intreccio di tagli, materiali, epoche e concetti è filtrato in decine di altre collezioni.
In questa stagione, la designer ha mescolato e mixato con grande sicurezza. Nei suoi show, Abe dipana temi diversi, tra cui trasparenze, colori grigi, leggings ad alte prestazioni, giubbotti imbottiti, stampe animalier, pellicce finte e quadretti. E incisivi elementi in tulle, pizzo, pied-de-poule spigati e tweed da signora.
Una signora davvero indisciplinata, ribelle e dandy, in uno show co-ed aperto da Kaia Gerber.
Inoltre, Abe è anche riuscita a infilarvi quattro diverse collaborazioni: Sacai eyewear by Native Sons, gli auricolari wireless Beats X personalizzati con perline in rilievo; sneakers e outerwear Nike x Sacai e persino, cosa piuttosto insolita, t-shirt e felpe con cappuccio nate da una collaborazione con Bar Italia. Il leggendario caffè bohémien di Soho.
“Ero solita andarci quando ero una studentessa e il suo mix di volti e personaggi mi ha sempre fatto pensare alla libertà”, ha sorriso Abe, circondata da un'enorme gruppo di fan dopo uno show davvero eccellente.

Kenzo
Uno dei migliori show della stagione è stato quello di Kenzo, che ha omaggiato l’arte del Perù, e il popolo Tusán, la comunità di discendenti cinesi dalla quale proviene Humberto Leon, una delle due metà della coppia di stilisti di Kenzo insieme a Carol Lim.
Il risultato è stato un magnifico murale all'interno delle profondità del Carrousel du Louvre, una ricostruzione di un'opera dell'artista Pablo Amaringo. Un artista sconosciuto ai novellini eurocentrici, ma chiaramente un grande.
Questi riferimenti hanno portato ala realizzazione di una collezione impressionante da parte della coppia di designer, che ha incluso alcune tonalità selvagge di fucsia, rosa e indaco andini, insieme alle texture sfocate e crespe che si associano alle lane peruviane.
Abiti da città con un tocco da escursionista – compresi pezzi di rafia riciclata ed eccentrici pile polari, e una serie di fosche e nuvolose stampe della Terra.
Uno show anche in questo caso misto, con ragazzi in parka kaki senza maniche, giubbotti da città confezionati con intelligenza e trench imbottiti da alta quota realizzati nello stesso potpourri di colori del murale – limone acido, arancia rossa, blu inchiostro e ceruleo sbiadito.
Le ragazze indossavano invece enormi giacche a righe, soprabiti da dee del rock con pellicce finte brillantemente marmorizzate e grintose gonne di velluto, sempre riferite all'arte Amaringo. Tutte queste creazioni erano capaci di captare la molteplicità delle origini delle persone latinoamericane.
“In un momento in cui il movimento dei popoli e la diffusione del dialogo interculturale segna più che mai la nostra vita quotidiana, il nostro interesse nel raccontare storie personali da Kenzo non è mai stato più appropriato”, ha detto ammirevolmente la coppia di designer nel loro programma.

Jacquemus
Simon Porte Jacquemus ha chiamato la sua ultima collezione, e il lookbook in stile rivista che l’accompagnava, Le Meunier, in un evidente riferimento a Marcel Pagnol, il grande romanziere, drammaturgo e regista francese. Provenzale come Jacquemus, Pagnol ha persino realizzato un film chiamato La Belle Meunière, un’operetta che ha come protagonista il compositore Schubert che s’innamora di una bella ragazza vicino a un mulino a vento.
L'onestà e la purezza della vita in campagna è stato il tema di questo spettacolo, con una ventina di modelli riuniti intorno a un tavolo rustico, alle prese con enormi forme di formaggio e voluminose pagnotte, consumate dai modelli-contadini durante lo show.
I mugnai Jacquemus si avvicinavano al proprio tavolo di questa sfilata-colazione in giacche e pantaloni da operaio in tessuto denim, arrotolate e con cuciture da sella, bomber multi-bottone e casacche leggermente imbottite. Per gli appuntamenti con la bella Meunière indossavano abiti color arancia amara ed ecrù abbinati a giacche sovrapposte. La tavolozza era terrosa: arancio bruciato, terra sabbiosa, carne polverosa e cuoio grezzo. Soprattutto perché lo stilista ha inventato un'intera serie di bardature, screpolature e borse a tracolla in pelle grezza.
Non si potevano apprezzare bene i vestiti, poiché i modelli passavano attraverso un pubblico in piedi. Forse non il modo migliore per mostrare una collezione di abbigliamento maschile, eppure in qualche modo si poteva percepire che Pagnol, con i suoi temi della famiglia di una volta, della vita di paese, dei legami rurali e del ritorno alla vita di provincia, avrebbe sicuramente molto apprezzato questa linea di Jacquemus.

Cerruti
Un momento di esplorazione urbana per la maison Cerruti, dove il designer Jason Basmajian si è ispirato a una visita alla mostra Oceania alla London’s Royal Academy.
Il risultato è stato una delle sue collezioni migliori fino ad oggi, in cui è stato enfatizzato un sofisticato abbigliamento sportivo: audaci parka imbottiti con tasche applicate, un cappotto chesterfield a collo alto perfettamente tagliato abbinato a un gilet/top in cotone, maglioni Aran con motivi spezzati e trench di tela giganti e plastificati da supereroe. Inoltre impermeabili in stile mantelle da bobby inglese, ideali per qualsiasi Blade Runner del ventunesimo secolo.
Basmajian ha anche incluso nella sfilata una capsule collection femminile di abiti mascolini; uno o due improbabili e grossi trench; e delle redingote tagliate in modo impeccabile.
In poche parole, una collezione non molto rivoluzionaria, ma convincente, raffinata e spesso molto elegante. È bello vedere la casa fondata dal grande Nino Cerruti in mani sicure come quelle di Jason Basmajian.

Jil Sander
Ancora un altro debutto, anche se in ambito familiare, visto che il team di marito e moglie Lucie e Luke Meier ha realizzato la sua prima sfilata di moda maschile per Jil Sander a Parigi.
Il duo si è guadagnato una reputazione giustamente positiva a Milano per aver rilanciato Sander con un approccio che riesce a coniugare cerebralità e romanticismo. I due hanno tentato qualcosa di simile venerdì nello show allestito all’interno dell’Hotel Salomon de Rothschild, location che ospita molte sfilate in ogni stagione.
C'era molto da ammirare – dai voluminosi cappotti di lana asciutti agli accurati trench color lampone scuro. Tuttavia, troppo spesso i vestiti sembravano affettati, leziosi, financo pretenziosi: dagli abiti-pigiama di vernice clowneschi, fino agli stivaletti di gomma medievali piuttosto bizzarri.
I Meier non sono nemmeno stati aiutati da un malfunzionamento del guardaroba, quando una giacca è letteralmente caduta dalla spalla di un modello. Per fortuna il finale è stato affascinante, grazie a una serie di fluenti mantelle di seta. Tuttavia, come qualcuno abbastanza vecchio da ricordare la collezione di debutto nel menswear disegnata dalla fondatrice Frau Jil Sander ha fatto notare, questi vestiti non contenevano assolutamente il necessario DNA Sander.
Una collezione degna di lode, ma le lodi non hanno mai vinto una gara, o un qualche premio.
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