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Versione italiana di
Laura Galbiati
Pubblicato il
30 set 2019
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Parigi tra moda impegnata, genderless e voglia di evasione

Versione italiana di
Laura Galbiati
Pubblicato il
30 set 2019

Durante il fine settimana, gli stilisti hanno espresso le loro differenti personalità sulle passerelle parigine, mostrando una direzione impegnata, come Vivienne Westwood e Rahul Mishra, uno stile leggero e colorato, come Christian Wijnants, o ancora uno spirito più sobrio, declinato in un mood molto maschile, come Haider Ackermann.

Vivienne Westwood, primavera/estate 2020 - © PixelFormula


Vivienne Westwood in modalità denuncia
 
Come d’abitudine, la stilista britannica e il marito Andreas Kronthaler hanno approfittato della loro sfilata per accendere i riflettori sull’urgenza ecologica e le ingiustizie globali, in un mondo globalizzato e impazzito, con una collezione che oscillava tra nobili tenute vittoriane e look molto più umili, come delle tuniche realizzate con pezzi di stoffa e frange di stracci. Un modello indossava addirittura due abiti sospesi a delle grucce direttamente sulla sua testa, facendo riferimento ai migranti e alle persone che vivono per la strada.

La camicia della nonna in cotone si indossa con una semplice gonna rossa, t-shirt ampie si infilano su dei leggings o dei bermuda, una camicetta sembra ritagliata da un lenzuolo. Qua e là compare l’immagine stampata di una tigre di Sumatra, specie in via di estinzione, o un pesce gigante in tessuto portato in equilibrio sulla testa o un cappello a forma di nido di uccello, per ricordare l’impatto dell’inquinamento sulla natura.
 
I simboli del mare, per denunciare gli oceani trasformati in discarica, si ritrovano dappertutto, nei gioielli a conchiglia o nelle maglie a rete che ricordano le reti dei pescatori. Come dichiarato dalla maison, gli abiti sono realizzati con tessuti fatti a mano in Mali, o dismessi da produttori italiani.
 
Abiti in raso o taffetà drappeggiato, eleganti gonne a scacchi e parure di perle si susseguono in questa sfilata variegata, così come donne con grandi cappelli, vaporosi come nuvole, che a volte si trasformano in ombrelli. Una figura umana ritagliata nel latex nero o arancio si infila come un gilet, con la testa e le braccia che cadono a penzoloni lungo il corpo… simbolo della fine dell’umanità?

Rahul Mishra, primavera/estate 2020 - © PixelFormula


Rahul Mishra reinventa l’arte del ricamo
 
Nel medesimo spirito, Rahul Mishra ha rivelato una collezione superba dai tocchi couture, interamente realizzata da artigiani indiani. Fedele alla sua impronta etica e sociale, il designer continua a preservare e a mettere in evidenza il savoir faire locale, in particolare il ricamo indiano, che utilizza questa stagione per creare nuovi volumi, come applicazioni in 3D che sembrano un’estensione del tessuto.
 
Lo stilista combina due temi opposti, la crescita urbana delle megalopoli e quella della natura. Centinaia di grattacieli disegnati su piccoli frammenti di organza frusciano su candidi completi bianchi, o si gonfiano, volteggiando come piume, su maxi abiti nei toni del nero e del grigio. Altrove, tulle ricamato con minuscoli fiori di bouganville si sovrappone a una tunica o è utilizzato per confezionare un corpetto, mentre fiori in tessuto sono cuciti sugli abiti, sospesi dal loro gambo, come scaglie colorate e vive.
 
Con le sue collezioni Rahul Mishra ha consentito a 300 ricamatori delle bidonville di Mumbai di tornare a vivere nei loro villaggi con le loro famiglie. Un’ode alla “slow fashion”, come dichiara la griffe in un comunicato, che insiste più che mai sull’importanza “di aggiungere un valore durevole a degli abiti che raccontino una storia, costruendo un modello socialmente sostenibile che responsabilizzi l’importante comunità artigianale dell’India rurale”.

Haider Ackermann, primavera/estate 2020 - © PixelFormula


Haider Ackermann, maschile/femminile
 
Lo stilista di origine colombiana ha svelato sabato una collezione minimalista e androgina, quasi austera, dove donna e uomo si confondevano in una foschia lattiginosa. La sfilata è iniziata con una serie di look in giacca e pantaloni grigi, dove si distingueva a fatica l’unico modello da donna. Il seguito è sulla stessa scia, con tailleur pantaloni o short, dove la giacca da uomo si indossa quasi sempre a torso nudo, mentre i pantaloni con bande laterali dall’aria vagamente street sono abbinati a delle canotte.
 
Alcuni abiti neri a pois bianchi o rialzati nella parte alta da un gioco di bande elastiche colorate interrompono la logica no-gender. Per la sera, lui e lei si vestono con completi kimono in seta jacquard con fodera nera, reversibili, le cui giacche si accompagnano bene con uno short sportivo.

Christian Wijnants, primavera/estate 2020 - © PixelFormula


Christian Wijnants, esotismo sottile
 
È al ritmo di percussioni che hanno sfilato i modelli di Christian Wijnants, facendo sentire all’inizio lo spettatore un po’ spaesato. I completi pantalone dall’aria maschilie lasciano presto spazio ad abiti fluidi o drappeggiati, in colori estivi o stampe africane, che danno loro l’aria di tuniche rivisitate, mentre enormi borse verde menta fanno pensare alle vacanze.
 
Righe, puzzle geometrici, mosaici digitali stampati o realizzati in paillettes, mono blocchi di colore compongo un guardaroba dalla grande leggerezza, in cui la seta è protagonista, giocando sulle sovrapposizioni e i volumi con volant e drappeggi. Una collezione gioiosa, composta soprattutto da tuniche con maniche a sbuffo, gonne con spacco, tailleur stampati, maglie a righe e abiti con spalline.

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