Pandora vuole andare oltre i "charms"
Nel 2017 Pandora ha realizzato il 57% dei suoi 22,8 miliardi di corone di fatturato (3 miliardi di euro) grazie ai suoi “charms”, i pendenti, prodotto di punta del brand di bijoux danese, che permettono di personalizzare i bracciali. E se questi piccoli gioielli continuano ad aver successo in Asia Pacifico e nell’area EMEA, i mercati più maturi di Pandora, Stati Uniti e Regno Unito in testa, sono in cerca di novità.
“Entro il 2020 vorremmo che i nostri anelli, orecchini, collane e pendenti arrivino a rappresentare il 50% delle vendite”, ha spiegato Anders Colding Friis, Presidente e CEO di Pandora. Un’offerta che nel 2017 ha pesato per il 26% sulle vendite del gruppo, contro il 23% dell’anno precedente, ancora molto indietro rispetto ai charms e ai braccialetti che rappresentano il 74% del giro d’affari.
Per andare oltre i charms, nel 2017 Pandora ha ampliato le sue collezioni con 160 nuovi modelli di anelli o collane. Lo scorso ottobre il gruppo danese ha lanciato anche una collezione in collaborazione con The Walt Disney Company nell’area EMEA. Per proseguire in questa direzione, il gruppo ha aperto a Bangkok un nuovo centro di innovazione dedicato allo sviluppo di nuove tecnologie e nuovi design, con l’obiettivo di aumentare la frequenza di uscita di nuovi prodotti ma anche di mixare i materiali per proporre pezzi più accessibili e aumentare così la frequenza di acquisto.
Nel 2017 l'EBITDA di Pandora si è attestato a 8,5 miliardi di corone, in crescita del 7%, mentre il risultato netto è sceso del 4% a 5,7 miliardi di corone. Il gruppo ha effettuato 308 aperture e conta oggi 2.446 negozi in 100 Paesi.
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