Ansa
6 mar 2015
PFW : il marocco parigino di Lanvin
Ansa
6 mar 2015
Un Marocco parigino sulla passerella di Lanvin, per Alber Elbaz è un ritorno alle sue origini ma con lo sguardo sedotto dalla storia della maison.
"Sveglia la bella addormentata" gli raccomandò la signora Wang, tycoon dell'editoria cinese e proprietaria della casa Lanvin, quando gliela affidò. Elbaz non se lo fece ripetere due volte e, da oltre tredici anni, non fa che risvegliare stagione dopo stagione la bellezza riposta nei cassetti e nei grandi cartoni conservati in un archivio segreto. Il direttore creativo di Lanvin racconta che quando deve preparare una collezione va a fare una visita al patrimonio della maison e "ogni volta - dice - vedo una storia diversa" che poi dimentica, ma gli resta dentro e lo spinge a creare.
La prima volta successe quel tragico 11 settembre 2001 e, mentre gli sembrava che l'intero mondo crollasse, quei vestiti - creati da Jeanne Lanvin in mezzo secolo, dalla prima boutique parigina aperta nel 1889 - gli apparvero come "la delicatezza e la poesia della semplicità", la forza della vita.
Alber è innamorato della maison e finalmente è riuscito a creare a Parigi due eventi che dialogano strettamente: la sfilata la sua nuova collezione autunno-inverno e, l'inaugurazione, il 6 marzo, della mostra al Palais Galliera (fino al 23 agosto) tutta dedicata a Jeanne Lanvin.
Per la collezione in passerella Alber Elbaz dice di non sopportare più il perfezionismo, la bellezza senza difetti: "voglio vedere pieghe e rughe. La tecnologia è entrata nella moda ma questa resta un fatto umano, realizzato non per le foto ma per stare bene addosso". Ecco allora l'idea di partire dal Marocco, dalla libertà del caftano, ma solo come pretesto per fare una collezione più larga e libera. Si parte con la linearità sottile dell'uniforme, anche se non militare, poi la collezione si allarga. Aveva in mente i vestiti delle giovanissime spose marocchine tramandati da generazioni, senza problemi di taglia, i braccialetti che si aggiungono al polso ad ogni evento della vita. Ma alla fine c'è un solo vero caftano in passerella. Ci sono pigiama di lamé oro e zafferano, broccati lavati, tanta passamaneria, galloni di seta, plastron di cristalli. Capi senza colli e senza bottoni, mantelli a taglio vivo, c'è qualcosa di berbero e qualcosa di urbano.
L'inizio è in bianco e nero, colori molto cittadini, poi arrivano il miele, l'acqua e la terra, le stampe d'archivio con l'oro, gli intarsi e le lavorazioni su cuoio e pelliccia. Volumi che diventano generosi, una grande gonna di lana con lavorazioni in velluto, vestiti che si sovrappongono. Un mix che è uno stile di vita, tacchi alti e solidi oppure stivali da cavaliere bassi e piatti senza un ordine preciso ma con una "semplicità complicata"
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