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APCOM
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20 mar 2014
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Operai cinesi morirono in incendio a Prato: cinque arresti

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APCOM
Pubblicato il
20 mar 2014

Cinque persone sono state arrestate a Prato, dalla Guardia di Finanza, nell'ambito delle indagini per l'incendio che nella zona del Macrolotto vide morire 7 operai cinesi lo scorso 1 dicembre, nella fabbrica Teresa Moda.

Le misure riguardano due cittadini italiani, proprietari del capannone bruciato, e tre cittadini cinesi. I tre devono rispondere delle accuse di omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro aggravata dal disastro; incendio colposo aggravato; omicidio colposo aggravato plurimo e favoreggiamento aggravato, a fini di profitto, della permanenza sul territorio dello Stato di clandestini.

Sono questi i delitti in relazione ai quali, all'esito della prima fase delle investigazioni condotte dalla Squadra Mobile della Questura, in collaborazione con il Nucleo di Polizia tributaria di Prato, e del Servizio Centrale Operativo, sono state emesse cinque ordinanze di custodia cautelare - tre in carcere, e due agli arresti domiciliari - dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Prato, dott.ssa Fantechi, che ha accolto la richiesta del pm Lorenzo Gestri della Procura della Repubblica di Prato.

I provvedimenti coercitivi carcerari hanno raggiunto tre imprenditori cinesi, mentre la misura cautelare degli arresti domiciliari è stata disposta nei confronti di due imprenditori italiani.

Nessuna richiesta coercitiva era invece stata richiesta nei confronti dell'ulteriore indagata, la titolare formale della ditta che, sulla base delle indagini sin qui svolte, è risultata essere un mero prestanome dei reali datori di lavoro, i tre connazionali cinesi arrestati.

Oltre all'esecuzione delle ordinanze cautelari, sono in corso, da parte degli uomini della Squadra Mobile della Questura, del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e del Comando Provinciale della G. di F., una serie di perquisizioni locali nei confronti di persone fisiche collegate agli indagati, nonché acquisizioni di atti e documenti presso le sedi legali di società, o enti, parimenti riconducibili agli indagati.

Le indagini hanno consentito di identificare almeno tre reali amministratori, gestori di fatto e datori di lavoro, della ditta "Teresa Moda", avente sede operativa presso il capannone di Via Toscana, ove il 1.12.2013 sono morti sette operai cinesi, quattro dei quali clandestini, che stabilmente dimoravano presso la sede operativa, alloggiando il locali dormitorio realizzati in violazione della normativa edilizia.

Gli elementi di prova acquisiti in questa prima fase delle investigazioni si basano su plurime e diversificate fonti di prova, fra cui sopralluoghi tecnici, sequestri, elaborati consulenziali tecnici, oltre ad un vasto compendio dichiarativo di persone informate sui fatti ed una variegata attività di polizia giudiziaria.

Le investigazioni hanno, da un lato, chiarito che le ditte formalmente succedutesi dal 2008, sino alla data dell`incendio, nella conduzione del capannone di via Toscana, al di là del dato puramente formale, fossero tutte gestite dai medesimi imprenditori e datori di lavoro di fatto e, dall`altro, che i proprietari dell`immobile abbiano avuto piena consapevolezza degli abusi edilizi realizzati all`interno dei locali dalla controparte conduttrice, nonché delle condizioni illecite di uso promiscuo, industriale ed abitativo, che di detti locali veniva fatto uso, nonchè della totale assenza delle benché minime condizioni di sicurezza richieste dalla normativa in materia di lavoro e di normativa antincendio.

Per i proprietari, proprio la circostanza di aver concesso l`immobile ai conduttori, gli imprenditori e datori di lavoro cinesi, ha costituito elemento di fatto sulla base del quale è stato ritenuto sussistere a loro carico dei proprietari una responsabilità, a titolo di concorso, nelle condotte di omicidio colposo aggravato e di incendio colposo, contestate in via diretta agli indagati cinesi.

L`attività investigativa della Squadra Mobile ha poi consentito di dimostrare che, all`interno del capannone di Via Toscana, per anni hanno lavorato e vissuto, mangiando e dormendo in locali dormitorio realizzati in violazione della normativa edilizia, un numero indeterminato di operai cinesi, anche clandestini; al riguardo, solo alla data del fatto, si è potuto verificare che all`interno del capannone risultavano impiegati, e dimoranti, almeno una decina di lavoratori, alcuni impiegati in nero, cinque addirittura in condizione di clandestinità, elemento quest`ultimo che ha determinato la contestazione del delitto favoreggiamento aggravato, a fini di profitto, della permanenza sul territorio dello Stato di clandestini.

Con riferimento alla proprietà dell`immobile, risultata di titolarità di una società immobiliare riconducibile agli indagati italiani, il GIP, facendo per la prima volta a Prato applicazione della disciplina della responsabilità amministrativa degli enti - denunciata dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza - con specifico riferimento al delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica sui luoghi di lavoro, ha accolto la richiesta avanzata dalla Procura di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, avente ad oggetto il profitto illecito conseguito dalla società immobiliare, consistito dai canoni locativi percepiti, nel tempo, per effetto della concessione in locazione agli imprenditori cinesi del capannone di via Toscana, con abusi edilizi, e privo delle misure di sicurezza e antincendio.

Le indagini proseguono per chiarire il ruolo di eventuali correi in merito ai fatti già emersi, nonché per fatti ad essi connessi, oltre che responsabilità di natura amministrativa e tributaria.

Fonte: APCOM