Onitsuka Tiger si emancipa da Asics e spinge sullo stile
Lo scorso giugno, in occasione dell’ultimo Pitti Uomo di Firenze, il nuovo uomo Givenchy calzava all’ingresso in passerella delle Onitsuka Tiger. Scarpe in pelle bianca e nera, discrete e precise. Un bel colpo per l'etichetta giapponese, che appartiene al gruppo Asics. Questo approccio di alta gamma suggella le nuove ambizioni del marchio, che quest’anno compie 70 primavere e perciò si regala delle collaborazioni con vari stilisti.

Perché Onitsuka Tiger, non molto conosciuto in Europa, è un’etichetta storica dell’universo dello sport e rappresenta le radici del gruppo Asics, tanto che si tratta del primo nome del marchio nipponico, proveniente dal soprannome del suo creatore. Nel 1949, Kihachiro Onitsuka, un giovane calzolaio che viveva a Kobe e soprannominato "la tigre", lanciò la sua attività di scarpe per le pratiche sportive analizzando i movimenti dei giocatori di pallacanestro. La sua azienda s’impose rapidamente come esperta nella costruzione di calzature. Inoltre, Phil Knight ha iniziato come importatore dei suoi prodotti negli Stati Uniti, prima di fondare la Nike.
Il marchio si è evoluto e poi ha cambiato nome nel 1978 per adottare quello di Asics (l’acronimo della frase latina anima sana in corpore sano). L’etichetta Onitsuka è stata rilanciata a metà degli anni ’90 come marchio a parte, sfruttando soprattutto gli archivi della società. Il primo negozio in Europa è stato aperto a Parigi nel 2003, ma il brand ha conosciuto un reale sviluppo della distribuzione solo nel 2011 adottando un nuovo concept di negozio che ha debuttato a Tokyo.
Mentre in Europa e negli Stati Uniti il gruppo spinge soprattutto su Asics per la parte performance e Asics Tiger per il versante lifestyle, Onitsuka Tiger cresce in Asia. “Abbiamo sviluppato il nostro modello per la vendita diretta, con negozi nostri e una presenza nei grandi magazzini”, spiega Ryoji Shoda, che dirige il marchio da sei anni, dopo esperienze in Europa e in America. “Oggi possediamo 250 fra monomarca e corner, principalmente in Asia (Giappone, Cina, Corea del Sud e Thailandia)”. È su questi mercati che il marchio realizza la maggior parte dei suoi circa 400 milioni di euro di fatturato.

Ma per entrare in una nuova dimensione, Onitsuka Tiger vuole svilupparsi su scala globale. A tale scopo, il brand ha adottato una nuova organizzazione. “In precedenza eravamo integrati ad Asics”, spiega la direttrice della comunicazione di Onitsuka Tiger. “Informazioni e decisioni passavano attraverso l'organizzazione del gruppo. Il nostro nuovo approccio è più flessibile”. Oggi Onitsuka Tiger è un’entità a sé stante del gruppo Asics, dotata di un proprio organigramma. Sono stati assunti dei responsabili regionali e di vari mercati (l’Europa ad esempio è stata affidata a Jason Vereker), per applicare il modello rivolto alla vendita diretta.
“Attualmente, le tendenze, il mercato.… tutto sta andando molto veloce. Dobbiamo essere reattivi” (soprattutto per i mercati europeo e americano), analizza Ryoji Shoda. “Abbiamo bisogno di un'organizzazione flessibile e connessa per capire il mercato”. La struttura dispone di risorse proprie per la comunicazione, il reclutamento e il back office. La sua attività è scissa in 5 zone geografiche: il Giappone (che rappresenta circa un quarto delle sue vendite), le Americhe, la Cina e suoi satelliti, il Sud-Est Asiatico e l’Europa-Medio Oriente-Africa.
Onitsuka Tiger ha poi rivisto l’offerta. Le calzature immaginate insieme a Givenchy non rappresentano un one shot. Il marchio sta attuando una crescita di gamma. Per il suo 70° compleanno, presenta una serie di sette collaborazioni che verranno svelate progressivamente entro la fine dell'anno. La prima è stata ideata con Cinoh, del designer Takayuki Chino, la seconda scatterà a fine luglio con KKtP. In agosto toccherà a Christian Dada, habitué delle passerelle parigine, esprimere la sua visione di Onitsuka Tiger. Seguiranno Staffonly, Kye e Sulvam. L’ultima, prevista per metà dicembre, resta una sorpresa.

La linea OT mantiene il proprio posizionamento, con prodotti rivisitati provenienti dagli arichivi del marchio. E punta su un pubblico più ampio grazie a varie collaborazioni, come la linea lanciata di recente per il videogioco “Street Fighter”. In parallelo, l’etichetta sta spingendo sulla sua linea Nippon Made, che mette in primo piano il know-how giapponese. Infine, ha fatto partire The Onitsuka, una proposta d’alta gamma.
“Non ci vediamo in competizione diretta con i marchi lifestyle”, precisa il patron del marchio. “Non ci stiamo dirigendo troppo verso le tendenze, come al momento con le dad shoes. Il nostro approccio è lo sviluppo di prodotti di moda in cui siano presenti tecnicità e comfort”, specifica il dirigente.
The Onitsuka gioca sull’utilizzo di materie prime nobili, come la pelle di Kobe, su scarpe e accessori, e su un’estetica che tende al formale. Campi d’espressione inediti per il brand. Un’offerta che sarà proposta fra i 250 e i 400 euro. Il suo sviluppo sarà supportato a livello globale da un primo negozio dedicato a New York, che dovrebbe aprire nel quartiere di SoHo in autunno.

Nel contempo, il marchio svilupperà il suo concept con inaugurazioni nelle grandi città d’Europa e America. In questo modo il marchio intende incrementare la propria importanza e puntare a una crescita annuale a due cifre. La sua attuale forza lavoro di 150 dipendenti dovrebbe crescere rapidamente. Anche Andrea Pompilio, il capo del design dell'etichetta nipponica, vedrà ampliato il suo team, per consentirgli di concretizzare uno stile che mescoli elementi scaturiti dalla ricchezza degli archivi e cultura dei millennials. Perché Onitsuka Tiger vuole ritagliarsi un posto fra la propria storia e il nuovo segmento creativo che si è scelto.
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