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22 feb 2021
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Nun 1970: al debutto il marchio di womenswear etico confezionato in Italia

Pubblicato il
22 feb 2021

Nun 1970 è un'etichetta di abbigliamento femminile etica che realizza prodotti in cashmere mongolo ad alta sostenibilità, disegnati e confezionati in Italia, rispettivamente a Firenze e in uno stabilimento nel perugino, con showroom a Milano (si appoggia da Livia Gregoretti). Oggi, con la stagione Autunno-Inverno 2021/22, debutta con molte ambizioni di espansione globale.

NUN 1970, Autunno-Inverno 2021/22


Marchio di contemporary luxury, le cui creazioni sono disegnate da un team creativo proveniente da esperienze in case di moda italiane, Nun 1970 s’ispira alla tradizione artigianale del Bel Paese e ad uno stile ‘Antico Egitto modernizzato’, puntando sul cashmere dalla Mongolia 100% tracciabile, lavorato dall’azienda umbra Cariaggi.
 
Il suo creatore è Hany Beshr, imprenditore egiziano della moda di seconda generazione: il padre aveva fondato un’azienda tessile nel 1970 una volta tornato dalla Germania con due macchine per maglieria circolare. Un business ampliatosi negli anni '80 e '90 con una produzione di kidswear di fascia alta. “Sostanzialmente tutto è nato nel 2015, quando ho terminato il mio Master all’Università di Harvard”, racconta Beshr a FashionNetwork.com. “Mi offrii volontario in un programma di insegnamento lungo tutta l’Asia. Viaggiai in sei Paesi asiatici per formare studiosi e studenti universitari. Arrivato in Mongolia, sono rimasto affascinato dalla bellezza del paesaggio e mi sono sentito connesso alla semplicità della comunità degli allevatori locali di pecore e al loro stile di vita. Trovai ironico che il cashmere, uno dei tessuti più morbidi e pregiati del mondo, fosse prodotto da persone che operavano in condizioni di vita tra le più difficili che avessi mai visto”.

Il fondatore Hany Beshr - NUN 1970


Beshr pensò dunque di rilanciare una produzione di maglieria e abbigliamento donna, che faceva parte della sua tradizione di famiglia, supportando nel contempo le comunità dei mandriani locali di ovini, creando “un marchio di moda che avesse una missione di sostenibilità e beneficenza”, continua l’imprenditore. “Tutte le fasi della catena di approvvigionamento sono in Italia (ad eccezione del sourcing della fibra, che ovviamente proviene dalla Mongolia), operazione che riduce al minimo l'emissione di CO2 derivante dal trasporto di merci. Miriamo a raggiungere una politica di rifiuti zero in cui tutti i fili pre-consumer saranno riciclati”.

Nun 1970 sostiene inoltre la Agape Organization in Mongolia, che aiuta famiglie e comunità locali a migliorare le loro condizioni di povertà. Al momento, Agape sostiene 100 bambini svantaggiati attraverso l'educazione, l'abbigliamento, la nutrizione e il coaching. Invece, i mandriani mongoli sono supportati dal progetto “The Nature Conservancy”, che intende garantire un approvvigionamento di materia prima etico e sostenibile proteggendo l’ambiente locale. “Utilizziamo un sistema di blockchain, il modo più trasparente per garantire ai clienti l’esatta provenienza del prodotto e per assicurare loro che stiamo seguendo le best practices di fornitura senza mettere in pratica un green di facciata, come spesso avviene in questo mondo”.

“La donna Nun 1970 è sofisticata, contemporanea e attenta all’ecologia, con un'elevata preferenza per l'eleganza e il lusso senza rinunciare al comfort del cashmere, viaggia molto e cerca qualcosa di originale, non conservatore”, spiega Beshr. “È una donna tra i 30 e i 55 anni che ama capi versatili, da indossare in più occasioni durante il giorno. Ma anche una 25enne che intende distinguersi con un look più personale”.

NUN 1970, Autunno-Inverno 2021/22


La collezione di debutto del brand è composta da 18 articoli, che esibiscono motivi stilistici ispirati al serpente, al fiore di papiro e allo scarabeo, simboli di magnificenza ed importanza nell’Egitto più antico, ma Hany Beshr promette che già la linea successiva sarà molto più ricca di capi e maggiormente varia nello stile. Il nome del marchio deriva dal simbolo che significa ‘oceano’ nei geroglifici dei faraoni, ma vuol dire anche ‘ora’ in lingua tedesca, ad omaggiare l’inizio dell’attività della famiglia del fondatore in Germania.

Segno dell’epoca pandemica, Beshr non è mai stato in Italia, né ha mai potuto incontrare i suoi team produttivi e di design. “Il mio marchio è una creazione avvenuta al 100% da remoto, in tutti i passaggi, dai primi schizzi alla produzione finale. Prima o poi dovrai andare di persona in Italia, mi dicevano, ma alla fine non è successo. Eravamo già pronti con la Primavera-Estate 2021, ma siamo stati costretti a spostare il debutto con la Fall-Winter. Questo è stato l’unico problema tecnico sostanziale del debuttare in piena pandemia di Covid-19. Abbiamo fatto un piccolo miracolo”.
 
A livello distributivo, Nun 1970 non fa mistero di puntare ad una diffusione globale, in migliaia di potenziali clienti worldwide. “Ma ciò che c’interessa maggiormente non è una penetrazione in una nazione o regione particolare, bensì che i distributori si mettano in sintonia con noi e credano nei nostri valori e nella nostra mission”, spiega Hany Beshr. “Il giusto equilibrio tra legittimo guadagno finanziario e trovare i giusti partner che supportino gli ideali del brand. Naturalmente ci focalizzeremo sull’Italia per la sua importanza turistica mondiale, anche aprendovi dei pop-up store, per esempio, ma questa sarà la fase 2, prima penseremo a wholesale, retail e naturalmente e-commerce B2C. Con Livia Gregoretti testeremo la risposta del mercato alla nostra prima stagione e decideremo di conseguenza. La strategia è assolutamente globale, rivolta a buyer di tutto il mondo, con in primis Europa e Asia in generale, USA, Russia e Medio Oriente, anche se il principale focus di questa collezione di lancio sarà l’Italia”, afferma Beshr, che intende far partecipare Nun 1970 in ogni stagione delle prossime fiere organizzate da Pitti Immagine.

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