AFP
Gianluca Bolelli
16 set 2023
Nonostante le difficoltà, l’industria della moda russa sogna il “Made in Russia”
AFP
Gianluca Bolelli
16 set 2023
Carenza di attrezzature, di dirigenti e di tessuti... Nonostante le profonde carenze, in Russia l'industria della moda sta cercando di ricostruirsi, per colmare il vuoto lasciato dal ritiro dei principali marchi occidentali dopo l'assalto russo all'Ucraina.

Nono maggiore cliente di abbigliamento europeo prima del 2022, la Russia ha visto le sue importazioni annuali dall’Europa diminuire del 37,2% lo scorso anno, secondo il sito web rivolto ai professionisti della moda Fashion Network. Nello stesso periodo, secondo la società specializzata Antro, la quota di mercato delle marche occidentali in Russia è diminuita del 46%.
Le autorità russe insistono ripetutamente sul fatto che le sanzioni rappresentano un’opportunità per costruire delle industrie leggere, cosa che la Russia non ha mai realmente avuto, essendosi sempre concentrata sulle materie prime e sull’industria pesante.
I primi sforzi sono stati compiuti dopo le sanzioni adottate in seguito all’annessione della Crimea nel 2014, ma è dall’offensiva in Ucraina e dalla rottura con l’Occidente che il Cremlino ne ha fatto un leitmotiv.
Nel mondo dell’abbigliamento sono stati istituiti sussidi statali con l’obiettivo di sviluppare il “Made in Russia”.
Rivoluzione industriale
“L'industria leggera si sta riprendendo dopo trent'anni di stagnazione post-sovietica di fronte alle nuove sfide provenienti dall'esterno”, ha affermato Nadezhda Samoilenko, vicepresidente dell'unione degli imprenditori dell'industria leggera della Russia, intervistata dall'agenzia AFP.
Ma questa piccola rivoluzione industriale è solo nella sua prima fase, in quanto nel Paese mancano dirigenti, operai specializzati, tessuti, ecc.
Samoïlenko, attiva nel settore dal 1978, ricorda che con la caduta dell'URSS è crollata anche l'industria leggera: il Paese ha fermato la produzione di tessuti e ha perso il suo sistema di formazione manageriale.
Di conseguenza, alle fabbriche manca “tra il 25% e il 50% degli specialisti” di cui hanno bisogno. Per il momento il “Made in Russia” resta quindi una nicchia.
Marchi come Lime o Ladies And Gentlemen, che stanno rimpiazzando H&M e Uniqlo, “producono in Asia, esattamente nelle stesse fabbriche dei marchi occidentali che hanno lasciato la Russia”, spiega all'AFP Tatiana Belkevich, presidente dell'associazione russa della moda.
Con sede a San Pietroburgo, l'azienda You si propone come alternativa alla marca spagnola Massimo Dutti del gruppo Inditex (Zara, Bershka, ecc.), che ha chiuso più di 500 negozi in seguito all'offensiva in Ucraina.
L'azienda produce in Russia, ma i volumi rimangono bassi. You segnala di aver raddoppiato la produzione lo scorso anno, arrivando a 4.000 articoli. L’azienda punta a raddoppiarli nuovamente entro il 2024, “anche se sono raddoppiati anche i tempi di consegna delle materie prime e delle forniture provenienti dall’Asia”, afferma la CEO Evgenia Mosseichuk.
Il marchio ha triplicato la propria forza lavoro in diciotto mesi e ha aperto sei negozi, ma resta lontano dalla produzione di massa. E gli manca un quarto delle sarte di cui avrebbe bisogno.
Consumatore patriottico?
Resta il fatto che il numero delle aziende di abbigliamento sta esplodendo. Solo a Mosca il sindaco Sergei Sobyanin si vanta di registrare un incremento di 6,6 volte della produzione di abbigliamento.
Secondo l’agenzia ufficiale Rossaccreditatsia, il numero delle imprese del settore è aumentato del 20% tra il 2021 e il 2022.
Tuttavia, quando si tratta di marketing, il russo non è una buona lingua: la stragrande maggioranza dei marchi sceglie nomi inglesi.
“In cuor suo, il consumatore russo rimane ancora sotto l'influenza del soft power dell'Occidente”, spiega la Belkevich, e i marchi “locali” vogliono (prima o poi) avere accesso ai (mercati) esteri.
Stanislava Najmitdinova, consulente per lo sviluppo dell'abbigliamento, osserva che il fattore costi pesa sulla crescita del Made in Russia. Per chi compra, “consumare a buon mercato” ha la meglio sul “consumare locale”.
Secondo Fashion Consulting Group, i prezzi dell'abbigliamento in Russia sono aumentati del 30%, a causa delle catene logistiche più complesse dovute alle sanzioni e del rublo ai minimi storici rispetto al dollaro.
In conclusione, “i russi oggi dicono di essere più aperti ai marchi locali, ma in realtà hanno davvero scelta?”, chiede l'esperto.
Inoltre, quasi la metà dei russi (45%) continua ad acquistare marchi occidentali ordinati tramite canali di importazione paralleli, secondo la società di revisione e consulenza B1, l'ex filiale russa del colosso EY.
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